Volontà - anno VII - n.6-7 - 15 settembre 1953
cJj ammonimeuto esemplare percùè, perfino tra i de]inquenti co-. muni, la fine deJ condannato a morte assume (le pagine esahnte di Jean Genet lo dimostra110) fa luce di una sorte eroica, delJa quale i condannati a peue mjnori sognano nelle loro celle cli rendersi degni; e 1.1011 serve neanche a chiudere un dibattito, a creare una certezza, perchè lascia dietro di sè, uelJe cosdeuze degli utcisori, l'implHca'bile assillo <lei dubbio. Questo spiega pcr1·hè, nella storia delle pene, la condanna a mor• te abbia sempre affannosamente cercato una giustificazione nella con– fcssio11e,o almeno in un simulacro di essa. La tortura è stata inven– tata per rendere tranquilli i sonnj dcg1i inquisitori. Per non lasciar sulla ,·os,·ienza del .giudice il peso di aver condannato a morte un in– nocente, si è trov~1to il modo di tormentare l'innocente fino r.. che, abbattuto dal dolore, si arrenda a riconoscersi colpevole. I melocli, <laqualunque parte ci si volga, si equivalgono: per dare all':1ssassinio . politico la parvenza di un atto cli giustizia, i] processo si trasforma in regìa teatrale cli spellacolose confessioni; oppure il ricatto delJa confessio11e si insinua come ultimo tormento fino nella cena della morie, per indurre il condannato, a rinnegar l'innocenza in cambio della vita. Ma anche questi espedienti non riso1vono il prob1ema. Che vuol dire colpevole? che vuol dire innocente? Sia innocente o colpevole il condannato, la condanna a morte non è mai, come i carnefici figuran cli credere, una espiazione, una purificazione, una chiusura di conti. li conio rimane aperto; 1a condanna a morte, quando non è una con– sapevole ipocrisia per elu<lere un problema sociale che è pii1 comodo non affrontare, somig1ia i11 tutto ;.d rito magico con cui i selval?gi si illudono di sopprimere iu effige, nella vittima designata, la pestilenza che fa strage nel1a tribi1. 1 011 dite che la condanna a morte pronunciata clal vostro lri'bu– nale è giusta perc11è il vostro condannato era col1>evole, mentre ]a condanna a morte pronunciata <lai 1ribunale dei vostri avveri-ari è ingiusta pcrchè il loro condannato era innocente. Queste distinzioni non c·i Jasciano tran,1uilli. La condanna a morte è sempre i.ngiusta; non colpisce cruell'uomo, colpisce l'uomo, Ja civiltà umana. Non ucci– dere è il primo gradino della civiltà; chi crede di ~>oler salire agli altri gradini salt.inclo il primo, si inganna: avd, l'illusione <l! essei· salito ma a un tratto, alla 1>rimascossa, preçipiterà cli nuovo nel fon- 110 ilella harbarie, 296
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