Volontà - anno VII - n.4- 31 maggio 1953

curanti del fatto che per giungere a tale risultato si immolassero mi– lioni di uomini ed ai milioni di so– pravissuti si chiedesse il sacrificio della liberti, in cambio del benessere materiale? (S'intende così anche ciò che pare assurdo e pur è: che il risultato fi. nale è in Russia analogo a quello cui un processo infinitamente più molteplice e spontaneo ha .portato - con un prezzo infinitamente me– no duro, e con una efficienza infini– tamente superiore - neg]i Stati Uni– ti, e che al di sotto delle forme di– verse in cui il predominio dei pa– droni si è organizzato sui due po– poli, si rivela sempre lliì1 ('hiara la loro sostanziale affinità). 5 Ecco un'altra delle·iclee-cardine di Marx: « ... il mio punto di vista, per cui l'evoluzione delle forme e– corwrniche della società è conside– rato com.e un processo della storia naturale, può meno di ogni altro considerare l'individuo responsabile per i rapporti di cui egli rimane um, -creatura, per qmmto egli possa sog– gettivamente distaccarsene ». L'atteggiamento - che esclude di mettere in questione l' individuo Marx, i1 quale si sottintende a] di sopra del processo che analizza, per un qualche non dichiarato· clono di– vino - si ritrova in tutta l'opera non solo nelle idee, ma nell'azione di Marx. Gli altri sono « individui ». ·Solo lui stesso, c<l Engcls, e pochi più, sono « persone >), cioè piccoli cosmi in cui tutto è possibile il be– ne ed il male. Non v'è bisogno di inclagini per avvertire che senso de. 172 teriore questa definizione di « indi– viduo » implichi rispetto alla definì• zione di « persone ». t da essa che deriva il concetto di « massa », co– me in altre epoche il concelto di « plebe », od in altre ancora il r.on– cetto di « schiavi ». Un effetto di ta1e spersonalizza• zione dello studio dell'umano, tra– sportato nella genericità degli sche– mi tutti più o meno arbitrari, si ri– trova nella definizione del concetto di valore. Quante approssimazioni, tutte poco approssimate all'umano. Misura del valore è il lavoro, in so– stanza. Il lavoratore rimane quindi di fatto, in quanto persona co,i il suo mondo particolare, estraneo alla definizione di valore. C'entra solo come portatore di una <1uantità cli lavoro. E dove finisce la gioia del lavoro? Basta fermarsi un attimo a pen– sare gli altri come ciascuno di noi pensa se stesso. Diventa subito evi– dente che i1 lavoro è sempre crea– zione, che nel lavoro per il lavo– ro col Ja,,oro l'uomo s'è aggregato con l'utensile (<la cui la macchina) il quid sconosciuto agli animali con cni ha potuto superare i limiti del– la sua stessa natura fisiologica. Si sente così chiaro e forte che nel la– voro sta (ins~me all'amore) una delle sorgenti perenni di gioia - e quindi di felicitìt e quindi <li liber• tà - degli uomini vivi. Ma Marx non conosce la gioia del lavoro: me– glio, la conosce e la ammette sol– tanto per sè. Gli altri, ecco son tutti marionette. « Debbono » muoversi così e così, come pare a lui, preoc– cupato del loro bene. D. LEVI

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