Volontà - anno VII - n.3 - 15 aprile 1953
anche di quel poco - conservator vittoriano - di calore umano che pre– sentavano. Minuziose le norme riguardanti le fabbriche: ma in base a qual genere di studi, di riferimenti, di intenzioni? Ci si basò sull'impostazione delle più moderne aree industriali esistenti, prendendo esempio da Chicago e da Manchester; si fissò la densità in SOpersone per acro industriale, ma si do– vette riconoscere che le esigenze delle fabbriche crescono continuamente e a esse ci si inchinò (occorreva trovare clienti...); a Letchworth gli edifici indu– striali furono su 3 piani, a Welwyn su 1 piano per accontentare le piccole e medie industrie che vi si alJogavano meglio; le costruzioni erano di tipo molto economico ... Una questione di concorrenza, di vendita del prodotto (che è, guarda caso, UDa città), niente di sociale dunque: a meno che non si consideri tale (e per certe mentalità lo è; anzi noi stessi vi auribuiamo importanza, ma di secondo piano rispetto a quello che strutturalmente si– gnifica oggi una fabbrica) la tendenza a isolarle, con alberi, dalle abitazioni i a provvederle di parcheggi, a cercar di evitare ai cittadini (che sono anche operai, d'accordo) la noia della loro vicinanza. E ce ne vennero, di fabbriche, dei tipi più diversi (ma non superiori ai 1.000-1.500 dipendenti, come è logico); ad averne spazio varrebbe la pena di esemplificare a quaH categorie appartenevano, tanto in Letchworth quan– to in Welwyn; e soprattutto di citare le ragioni che le spingevano a] trasfe– rimento nella città-giardino: ricordo la risposta della Lewis Falk Ltd. - ricami: « Ci siamo stabiliti a L. perchè il nostro precedente proprietario era un amico del lu sir E. Howard ». Ma in genere, per uscire dall'aneddoto, ripetono pari pari - e a Welwyn è lo stesso - i concclli espressi dalla pub– blicità delle due Compagnie: buone possibilità di affari, Londra a comoda distanza, migliori alloggi per i dipendenti, costi non elevati. Lo Oshorn pretende di vedere in questo affiusso di piccole industrie, molto spesso poco piì1 che artigianali, un fulgido esempio di <1ecentramento della città: « per– chè » continua « oggi il mercato è a carattere mondiale, non è più <1ncstione come un tempo di luoghi obbligati per l'industria; semmai una migliore produttività la si raggiunge, adesso, occupandosi Oi sistemare nel modo mi– gliore i propri dipendenti » ... questo, all'incirca, il suo ragionamento che non sembra contrasti con le pii1 moderne, e capitalistiche, versioni della so– ciologia industria]e. Del resto si tira nelle spalle - ed egualmente fa il Purdom - di fronte al problema della disoccu1>azione stagionale e del de– cadere, fino a chiudersi, di parecchie fabbriche venute alle citlà-giardino (una quindicina a Letchworth, per esempio): evidentemente non hanno mai pensato, nè seguendo gli schemi di Howard potevano pensarci, alla vera integrazione del lavoro agricolo con quello industriale, al.la funzione di ca– mera d.i compensazioni che l'una e l'altra attività dovrebbero reciproca– mente prestarsi nei momenti di crisi; il che aggiunge prove (lrovate alla identificazione delle garden-cities come di luoghi dove i] rapporto tra città e campagna non è affatto organico - o lo è in modo formale - ma com– merciale e di comodo. 123
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