Volontà - anno VII - n.1-2 - 1 marzo 1953

gici che è necessario indicare se non si vuole rimanere sorpresi allorchè esco– no fuori -· d'un tratto per chi non ha occhio storico - i nuovi (rutti. Del resto anche l'ambiente che Howard frequentava, la letctical So• ciet:,·, un Club di discussioni come dicono gli inglesi, non era sordo a tutlo questo fenomeno: vi prendevano anzi sempre piì1 piede i dihauiti sui 1•ro– bleini concreti, pur tramite la impostazione religiosa che era tipica di <1uel circolo e che d'altronde costituisce l'atmosfera caratteristica del.la società in– glese. Soltanto che altri membri del Club, come Webb e Shaw, reagiranno ben diversamente dal Nostro al progredire - al farsi sempre pii1 angu– stioso - dei tempi. Si guardi Shaw, per citare una natura non strettamente sociologica, un estimatore di Howard aHa fin fine, e, soprallullo, un uomo che Iu grande– mm1te influenzato da quello stesso Hcnry George che è alla base dello sche– ma howardiano: emozionato da una conferenza tenuta dal Georgc il 2 set– tembre 1882 si buuò a leggere gli economisti classici e l'intero Capitalr di Marx, convertendosi senz'altro al socialismo e diventando - nel 1884 - una delJe colonne deJla Fabian Societ_v da pochi mesi coslituitasi: quella Associazione che avrebbe compiuto i.I passaggio dalle posizioni radical-li– berali tipo John Stuart Mill alJe posizioni. co1Je11h•is1iche da cui nascerà il lahorismo - e il fatto che dopo il 1940 siano proprio elementi laboris1i a portare avanti la legislazione urbanistica inglese, propone - al lume delle interpretazioni care agli urbanisti di quel paese e di riflesso a molti urba– nisl i nostrani - domande che cred.ianlo parecchio importanti: a) c'è vera– mente un'influenza delle idee di Howard w queUa legislazione? b) e se c'è, non sarà la prova del regredire del laborismo, sopraffatto daHa burocratiz– zazione delle Trade Union.s e dalla impossibilità di internazionalizzarsi, ver– so un capitalismo « manageriale »? e) oppure, non è che una questione di nomi, e in effetti nulla dell'idea centrale di Howard è passato nella pratica urbanistica inglese di oggi? - certo è che Howard prese 1utt'altro canuni– no: George lo spinse a interessarsi della nazionalizzazione del1a terra, ce– co tutto. Che era una questione assai dibattuta, allora, soprattutto da lihcrnli individualisti come Berberi Spencer (molto citato ed elogiato dal Nostro) e John Stuart Mili contrari, pur non essendo socialist.i, alla proprietà j)r'i– vata deUa terra. Solo che costoro parlavano in termini eco1.1omici, senza la spinta misti– ca, affascinante, del George: d'origine e di famiglia propria molto mode– ste ma intensamente religiose; di scarsa coltura, e dentro al1 1 animo un gran desiderio di trovare una spiegazione 61oso6ca della \'Ìta: sarà una« visione», nel 1869, a dargli la chiave del problema che piia lo angustiava, il problema della povertà. Che, dunque, deriva Jnlla proprietà privata della lerra. Rimuginò a lungo questa scoperta, questa vera e propria invenzione (adoperiamo code– sta parola per l'ovvio riferimento alla formazione mentale di Howard), poi incominciò a pubblicare qua e }à diversi scritterelli sull'argomento e nel 1879 46

RkJQdWJsaXNoZXIy