Volontà - anno VI - n.12 - 31 gennaio 1953
Volin) negli anni della rivoluzione prcbolsce,,ica - e risposle tentalive si venivano costruendo. Poi i bolsce– vichi hanno ris1>osto loro per tulli: cd il risultalo è <1uello che è. 6) Ltt domanda è semplicista, e 1cn1a ad una risposta semplicista. Ma è forse neccss:irio s1>iegare an– cora una volta il meccanismo so1ito delle rivoluzioni? Uomini deformati da secoli di scr"itl1 scuotono di dosso i loro gioghi, e iniziano )a costruzione di forme di convivenza libere. Ma appunto della liberlà profittano nuo– vi ]>adroni, avanzanti mimetizza– li da ideologie 'e da miti: e riescono a imporre suI popolo un nuovo gio– go. Fatale? Noi non crediamo alla ln1aliti1, nè siamo adoratori di ciò che è accaduto, come se l'accadi– mento fosse dimostrazione di verità. Perciò gli anarchici anche in Russia si son battuti perchè il popolo sal– vasse esso stesso la sua libertà, non già per aver dal popolo l'incarico di salvarla. Sono stati sconfitti insieme ... 1 1>opolo, ad opera dei bolscevichi, do1>0 le prime vittorie contro i più timidi controrivoluzionari. E che co-. sa se ne deve dedurre, se non la ne– cessiti, di continuare la lotta, cioè proprio ciò che Vo}in fa col suo libro? · 7) Vana ricerca di « istanze co– muni » ! Vi è in ogni società una sola ed unica e pervasiva « istanza comune»: la volontà di Hbertà. Ma essa si traduce in ciascun tempo luogo per ciascuna comunità rc::ile in « interessi particolaris\ici ». Ap– pena qualcuno -parla di un piano d'insieme, di direttive comuni, i so– liti discorsi degli aspiranti al .coman– do vengono varati, di gente che di– ce: lasciate a noi la cura di coordi- 654 nare la vostra azione con qucll::i al– trui, ubbiditeci. Allora la rivoluzio– ne finisce. Mentre invece, finchè l'i– niziativa locale rimane libera, essa rimane anche aperta ad ascoltare le voci dei bisogni altn1i: e difatti "l'a– narchia contadina di Ucraina o l'a– narchia militare di Cronstadt si bat– tevano non solo per sè. (Una parentesi a sè ,,uole l'accl'n– no al « Capo» Mackno, che dà a G.P. pretesto di vedere anche in Volin la considerazione di « masse popolari da esaltare finchè agiscono come piace a chi scrivé, e delle qua– li bisogna altrimenti diffidare». col corrispettivo di una supposta esal– tazione dei « capi animatori e gui– de di stile cesareo o zarathustrianol>. Pro1>rio non vediamo come una let– tura non sommaria di V. possa con– durre a tali concetti di lui. Di Mack– no - ca1>0 di coloro soltanto che volevano battersi con lui, non già di arruola.ti o simil.i, e quindi nè ce– sareo nè zarathuslriano - Volin ili– ce bene e male, come tutti coloro che lo hanno conosciuto. E va tenu– to presente che il suo campo d'a– zione non era la costruzione, ma la distruzione; era nell'anarchica U– craina la spada non l'aratro). Quanto poi alla critica finale di G. P. che mostra Volin ingenuamen– te volto ad esaltare i o: giustizieri im– p)acabj)i degli oppressori del popo– lo ». mentre « ciascuno decide per sè chi è giustiziere e chi oppressore e clti assassino». Ha l'aria di dire: ecco la libertà. E non è infatti quel– la la libertà? Crede davvero G. P. che vi sia piì1 verità nel giudizio di una Cor– te irresponsabile, che nel giudi2:io
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