Volontà - anno VI - n.5 - 31 marzo 1952
bertà ,, di cui dicf', dovrebbe pure inchinarsi davanti a ((ciascuna per– sona capace di decidere secondo il proprio genio le sedi, il tempo ed i mezzi cd i modi della sua azione )}' anche se questa scelta, libertà per ('hi sceglie, viene a contradire, osta– colare o distruggere la libertà di C. Z. Ma molto probabilmente in que– sto caso C. Z. si rifiuterà d'inchinar– si alla <{ libertà ,, di questa persona giustificandosi col dire ch'essa non era libera di scegliere perchè ha scelto d'ostacolare la libertà di C. Z.; oppure affermerà che la « liber- 1à )1 di un individuo finisce dove CO· mincia (1uella di un altro, vale a di– re che non comincia mai o che nes– suno ha il diritto di violentare la libertà d'un altro. Ma che cos'è il diritto se non il riconoscimento di un'autorità ed un'invocazione ad es– sa, un appello alla mente e al volere di esseri umani in quanlo f'SSi han– no di più spirituale l' cioè esatta– mente come noi abbiamo definito l'autorità? La nostra definizione- infatti in– clude l'autorità della ragione, per– chè la ragione è un'autorità ogni– qualvolta si conquisLa il nostro con– senso. Questo consenso è Cede, cioè libero e non necessario, e non è es– so stesso di natura razionale perchè non c'è nessuna ragione primamcn– te o assolutamente valida nell'accet– tare in ogni caso l'autorità della ra– gione. L'articolo di C. Berneri nel– l'ultimo numero di << Volontà n è un monito a non aver troppa fede_ ne]. l'autorità della ragione. Eppure son molti g]i idolatri della ragione e gli iconoclasti della fede che non si so– no accorti che l'adesione all'autori– tà della ragione richiede un atto di lede iniziale e costantemente rinno- 262 valo. Se non fosse così, saremmo tulli ora, in bene o in male, degli esseri perfellamente o precipuamen– te razionali. Ci permetteremo tra poco alcune ,·onsidcrazioni sulla t< libertà 1>. Ma vogliamo 1nima mostrarf' che non abbiamo poi Catto tanta violen– za al linguaggio comune, fuorchè precisandolo, nel dare alla paro– la « autorità n quel senso che le abbiamo dato. Siamo certo più chia– ri di C. Z. che dell'autorità non sa dare che quello di negazione della libertà, confondendola col potere, quando noi si aveva avvertito con– tro questa confusione, riconoscendo f'he l'ostilità tradizionale anarchica contro ogni forma d'autorità cc è le– giuima perchè le forme d'autorità più ovvie che pesano sulla vita ita– liana sono quelle che sfruttano e perpetuano ogni genere d'ignoranza e di df'fìcienza spirituale, quelle che malsicure della loro essenza spiri– tuale si appoggiano senza scrupolo su mezzi di compulsione e repressio– ne materiale ogni volta che si sen– tono minacciate, quelle infine che subdolamente, sistematicamente ar– rogano a classi e ad istituzioni dei valori che sono per natura fluidi, li– beri, spontanei, universali >). Si può essere più chiari di così? C. Z. non Bggiunge nulla di nuo,,o a quanto da noi già detto e se c'è conlusio– ne è perehè C. Z. confonde potere ed autorità là dove noi avevamo già mostrato come si combinino e si di– stinguano. Che IJOterc ed autorità sono due concetti distinti lo dimostra il fatto chP sono due parole etimologica– mente diverse e si distinguono pure nel linguaggio comune. Così, per e• sempio, quando si dice che un pa-
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