Volontà - anno VI - n.5 - 31 marzo 1952

~abile cli chiunque mi legga, ~ essf' i;i pongono. La ruota cleJla storia può sì a,,ere degli slrani rilorni; e Ja guerra che ,·i minaccia ripropone con spielata a1>prezza il dilemma angoscioso che i;i pone,'a agli abitanli dcUc città as– sediate udi' anlichiti1 pili barbara: la morie, la schiaviti1 o Ja lolla ad ollranza. Ed è, preoccupato di ado– perare Jr parole esa11c. che io tli– rhiaro: piutlOSlo iJ rischio delJa mor– te che la certezza della scl1iaviti1. Dopo <1ueste mie dichiarazioni se e\· (·hi mi nccusa di pntLeggiarc con i banchieri, i generali, con Franco, il Pa1)a o il diavolo mi t' completa– mente indiffnente. Se :t questa gen– ie corwicne di opporsi allo stalini– i,,;moper dei fini che non sono i no– stri, lllf' ne importa molto poco. Co– sì, <.·omeianti ahri, so quello che val– gono le pseudo-democrazie: prima di conoscere i campi di concentra– mcnlo uazisli, avevo cono•wiuto quel– li deJla Frauda libera è repubbli– cana! E' vero purtroppo, rhe il mondo, così dello (< libero >1, è pro– foDclamente corrollo e racchiude in sè le peggiori possihilitit, ma lascia lullavia una ragione di vita: la Spe– ranza, ]a s1lcranza cli vitu·ere que– sto vecchio mondo e di t·ostruin• la libcrlà . .Mentre se lo staliniaino trion– fasse nel mondo bisognerebbe ab– bandonare ogni speranza. Ci tengo però a ricordare che in lullo quet-10 io non perdo di vista, un solo istante, gli interessi e J'av– venire clcll'ideule e del movimento libertario. Ripclo che, .adottando un nueggiamento tli attesa e peggio an– c·ora pralicando il sabotaggio della resistenza allo stalinismo, i liberla– ri comme11ono un enorme errore. Mentre, al contrario, se essi si met- 1cssero in prima fila nella resisten– za allo stalinismo, proclamando ben nito C"iò che vogliono e ciò che f'!:.si sono, rimarrebbero fedeli a loro 1,lessi e ci guadagnerebbero n('llo Sl<'c;sotemilo vasti e nuove possibi– liti1 di sviluppo. Infine, voglio clire che è con mol– la pena ehe, <•on la mia alluale po– sizione, io mi separo da coloro ,·on i quali io lui per tanti anni in com– pietti comunione di pensiero. Cer– <·hino costoro di capire <'lie se oggi mi trO\'0 a questo punto, non è per• t·hè io sia divcnlato meno liberla– rio, ma è pcrd1è, forse con il tem– J)O e l'esperienza, lo sono diventato lr0()J)0. G. EnNESTA'N N. cl. R. - G. E:. (' ,,aio que~la \Oha 11ii11ireci.;o: quindi è ancora 11ii1netto il nostro <lisaccor<lo già e,;pret,.,eOin V. n. 11, 1\. V. Non al►hi;imo 11ien1e tla n•llificare a f1u:mto allora <li"l'mmo, perriò rimaniamo ,.ullc oo~lre Jlo~i1.ioni <li rn,nh' al terribile dili.'1l11ll.l,chè h• µ;ucrra pone. \on i· ora il nwmcnlo tli in,if'tcn,i maggiormt"flle. Il 1em1,o dirà chi tra noi \edeva pìil c-hiaro. Le .,,te,,$e e~1,erienze degli errori 1,a~– @ati alle <1uali C. E. accenna, con j loro ri~oltati, potrebbero ))ermctterci di tirare delle condo5ioni an..!1c J)Cr l'avvenire. Ci .sentiamo, 1Jerò, iu tlovrrc di dire ('hf.11'11tt11ale 1>0si1.io11edi G. E. non turberà i raJJpor1i di reciproca stima d•e •·i sono lro tli noi, e non ,·i farà mai pensare che un \'erchio militanlc oome ]ui ))O~a parteggiare per un imJJeriaJi,.mo. 260

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