Volontà - anno VI - n.5 - 31 marzo 1952
f'asca addosso ai braccianti e anche i brucciaoti lo sanno; come va allo– ra? Verso il riminese, in certe ca– scine nascoste ueUe stradette di cam. pagna, sveutola la bandiera dei par– tigi,111i della pace. Ecco il metodo: a chi chiede terra si fanno discorsi sull;i Corea, Ja guerra, 1a pace, la Uus.,ia, Dc Gasperi e \Vall Strcet, 1)('r alirnenlarc la<< coscienza di 1>ro– Jetari ,, e la truffa può continuare. E' l::i sloria di Montalbano, iu 111011- tugrrn; tr"nta persone che discutono scriameute della situazione, arriva il cupocellula, un giovane che ci cre– de é•videntemenle, serio, duro, e par– la df'lla manovra politica in grande stile che i braccianti, tramite il PC, formo <·oniro le cricche ca11italis1e, slrnppando loro il ~oslt'gno df'I pic– colo propriclario e del mezzadro, r i bruccianti intorno a tacere, cvi– dentcmcnk disorientati. J\ienlc da fare? Quando 1ti pone tpu•--ta domanda. la gente tace. Si:.1- mo troppi, la lerra non basla, le m:wchinc non !li possono 11or1are, togl ierf'bbero Javoro, il PC imbro– glia le rarlc, delle cooperative t~ dei collf'ltivi non gliene imporla nien– lP, gli Sf'rvono soltanlo per tenrrc in mano i braccianti e spiJJare quat– lrini. E quando ti slacchi dal PC, trovi la DC, il PRI, i soci.aldemo– cral iri, 11110 peggio dell'altro. St~condo C., ;. naturale che la co- 01)rra1iva si presenti come un dato– re cli l:woro; deve pur far fruttare i fondi ,·omoni, aumentare i capita– li, (•lw sono la ricchezza comune. Se si rlesM' Iuuo ai soci, che cosa ri– marrchbe? 'fon siamo - dice - una socif'IÌ1 pn azioni, che tlislri– huisce 1;"li u1ili; non abbiamo mica fallo 1a ,·ooperativa per quello. Nul- 248 Jo .Haldini diceva clic i fondi servo– no per allargare Ja cooperaliva e per farne delle altre. E poi, che u– tili vuoi distribuire, con dieci mi– lioni di profitti e cinquecento per– sono, e le macchine, il bestiame, i concimj, le spese, J'assistcnza e tul• to il resto? La cooperativa deve avviarsi vcr• so il tipo di co111unitì1 che c'è in Pa– lestina, ad esempio; 1a comunità, dove non c"è il salario, dove i soci lavorano tutti insieme, non c'è la storia del collettivo e della coope– rativa, &taccati. Però se comiucia~si– mo a distribuire gli utili sarebbe fi– nita. Gli utiJi <le,•ono servire a aiu– tare i bisognosi, passare (Jua]cosa ai vecchi e ai malati, ad .iiutarci con i co1npagui di aJ1rc coopcrnt.ive. Sono la massa di manovra del brncciante, che non è piì1 il salariato che di– pende dall.i buona volontà del pa– drone; se l'annata l• magra, c'è <la parte qualcosa da dnr ruori, se qual. cuno si ammala c'è il Condo apposta e così ,•ia. l\1a per fare <Jucslo è ne– cessario che ognuno prenda la sua parte di sacrificio, si slabiliscano dei palli precisi e pcrC'ÌÒ i• naturale che Ja cooperativa non può pagare più <li quanto paga il llrivuto e ncmme• no abolire per ora il salario. Quan– do 'le cose andranno meglio, man mano si farà anche (IUCSlo. F.' un discorso appas.r,ionato e si ,•ede che G. ci crede; i• vero che la distribuzione degli utili allontana anzichè avvicinare al tipo di comu– niti1 a cui pensa G. (e a cui penso anch'io), ma è pure vero che la stra– da attua]e, secondo me, ne allonta– na altrettanto. Anche G. ammette che i braccianti si disinteressano del– la vita della cooperai iva, si conside– rano sempre di pili dei salariati al
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