Volontà - anno VI - n.4 - 29 febbraio 1952
no fatto perdere la sua preminenza politica ed economica. Questo ma– rasma è di natura morale. Le due grandi e nobili idee che sono nate <' si sono sviluppate dall'idea della libertà nel corso del XIX secolo, la idea di nazjone e quella di reden– zione sociale, arrivate alla loro rea– lizzazione, hanno degenerato nei loro contrari: hanno dato luogo alle pili atroci tirannie che la storia ab– bia mai conosciuto. l\fi pare che sia necessario evocare -qui il ricordo di due pensatori, l'in– fluenza dei quali, decisiva per ]e na- 7-ioni de) continente, raggiunse ap– pena 1a Grande Brettagna: Rous– seau, il profeta dell'idea egualitaria; Hegel, il profeta dello Stato nazio– nale. Un terzo, Marx, si riattacca ad entrambi. Ora, tra i profeti delle due religioni laiche moderne, per quanto diverse siano, esiste una con– cezione comune dei rapporti tra l"individuo e la comunità. Rousseau ed Hegcl, hanno trasportato questi rarlporti, dal piano utilitario e giu– ridico, al piano etico. Per tutti e due il problema politico del citta– di,10 è un problema etico: la li– berti} del cittadino non risiede ne1Ja sua volontà particolare, ma nel suo inserirsi od anche nel suo identifi– carsi della volontà individuale con la volontà generale, nello Stato. L'individuo rinuncia alla sua li– bertà individuale per raggiungere una nuova libertà morale nella per– feua adesione con l'universale, rap– presentato dal1a comunità. Di qui deriva la rinuncia totale de1l'indi– viduo, il suo abbandono fanatico alla « volontà generale )) di Rousseau o a ciò che Hegel chiama « l'univer- sale determinato )), cioè lo Stato. Il feticismo moderno è nato proprio da questa credenza che l'universale mo– rale, che il bene, può essere deter– minato, in altre parole, chiuso e fissato come realtà obiettive in una entità - lo Stato, ]a Classe, il Par• tito, la Chiesa, la Società -, ne è derivato c1ucsto spaventoso offusca– mento della coscienza morale, che l'ha condotto ad abili.care la sua stessa sovranità e ad assumere come obbligo l'ubbidienza t.otale. Da al– lora, nessuna istanza, nessun prin– cipio, nessuna norma sono ammessi al disopra dell'entità collettiva. L'errore fu di credere che 1a stessa coscienza morale potesse rinunciare alla sua propria sovranità, in favo– re di un'entità o di una autorità de– terminata. Le entità sociali, che la esperienza ci presenta nel corso del– la storia, possono domandarci un aiuto e un sacrificio, ma non deb– bono esaurire, nè irrigidire nè cri– stallizzare la nostra coscienza. Noi possiamo sacrificare loro anche la nostra esistenza fisica, ma non la nostra libertà morale. Ma ecco che si presenta di nuovo il problema dell'individuo e della cultura. Qui l'individuo s'innalza al di sopra della sua particolarità per farsi produttore di valori sociali, di valori universali; si manifesta come produttore di beni economici, come artista, come pensatore, come crea– tore di vita morale, e quei valori u– niversali che trascendono tutti i gruppi associati, non sono altro che i valori della ctÙtura. È necessario superare la concezio– ne meschina della cultura, quella che ne fa una somma di conoscenze e di talenti. La cultura è l'insieme 199
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