Volontà - anno VI - n.4 - 29 febbraio 1952

rapporti d'alienazione e di subordinazione; per cui si nega come indivi– duo a profitto della sua professione, delJa sua << situazione )) 1 della sua fa– miglia, deJla sua casla, della sua nazione, della sua chiesa, del suo Dio, o semplicemente del suo danaro o del suo potere. lmpei,,nato nei suoi rap– porti verticali, con i quali si iden1ifica ad una finzione sociale (il suo rango, il suo grado, per esempio) egli 1rascura i rapporti orizzontali d'a{finiti, o di simpatia che polrebbe a\'ere con l:,ietro, Paolo, Giacomo, Maria o Margherita. Pii1 preri~amentc, i suoi rapporti con A:li individui ~i Cannh solo attraverso entità sociali fiui:.ie. Quando incontra uno « straniero )) non è Gio\'auni di Cronlc ad l-:lans, ma l'Italia di [ronle alla Germania. Rien– trando nella propria casa non è Gio\'anni davanti a Teresa, ma lo sposo, l'amante convenzionale davanti alla sua amante, o l'<<uomo>, davanti alla «donna». All'ufficio eg)j è l'arnministralore da\'ant.i al pubblico; è il su– periore o l'inferiore di fronte aJla datl.ilografa o al padrone. Se si parla di politica egli è il Partilo, l'Organizzazione, lo Stato, ,Javanli l'en1i1à a\'ver– saria o da\'anti 1a massa. Per Romeo non-individualista, Giu'lietta è semplicemente una Monlec• chi; per una Giulietta non-individualista, Romeo è un Capulc10. TI solo contatto pos-,ibifo è il disprezzo, il rifiuto di comprendere. Per un non-individualista, In gente non è « inleressante >,. Per l'indi– viduali.sta, sono le astrazioni .che non sono interessnnti. Con gli indi"idui, e sopratutto con coloro che sono capaci di individualismo come lui, l'uomo senza pregiudizi trova CaciJmente il cammino della simpatia operante, o al– uwno di quella « immaginazione simpatica» che ci pnmette di meuerci nei panni di un altro, anche quando c'è forse co11'1i1to, rivali1i1 o disac– cordo. Il disprezzo non esiste pili qualunque siano le differenze. E se il disprezzo non esiste più, finisce per noi d'essere indiffnen1e l'u– miliare, il disturbare~ lo stancare, il fare soffrirr. Induriti da una lolla leale o inteneriti dall'abbandono, ì'irnaginazione simpatica ci fa sentire <p1ello che ~ente l'altro, e partecipare alln sua vita. La solitudine è rotta, (fUClla soli1udine che invano cerchiamo di superare identificandoci ad un mediatore sociale, ad un padre spiriluale comune. ecc. 1\fa se siamo libe– rati dai do,,eri religio3i ver~o gli idoli astratti che ci imponevano la loro moralet noi siamo, al contrario, resi responi:abili dtl\'anli a noi slessi e mo– ralmente coscienti delle nostre azioni e dei nostri gesti nei riguardi del prossimo. C'è iu\'eCC chi 1 definisce l'iudi,idualisla come se non a,,esse coscienza, senza morale, senza rimorsi per il male che fa agli altri. Mi sembra in– vece che sia il non-individualista che, nella sua riverenza superstiziosa per le finzioni astratte, colpisce gli esseri reali con indifTnenza o disprezzo e resta insensibile alle loro djsgrazie, alla loro rivolta o alle loro degradazioni. Secondo me è individnalitita colui che pensa con Vigny: « amiamo quello che non vedremo mai due volte»; è individualista colui che con Voltaire risponde a Pascal: (< bisogna amare molto teneramente le crea- 1 Vedi noia pre<"cdcnte. 195

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