Volontà - anno VI - n.1 - 31 ottobre 1951

fì1·oltà a farvi un'es1>licita confessio– ne del vuoto, deJl'incoscicnza che ha J)rcsieduto alla sua educazione. Vi dirà che l'evasione dalle proprie re– sponsabilità è un reato imputabile ad una ristretta cerchia di intellet– tuali e che gli altri, il popoJo nella ima quasi totalitì,, e ancor pili i gio– ,•ani, tutti i giovani, non sono mai .!!lati persuasi del vangelo nazista, pcrchè il problema non si poneva in 11ucsti termini, non si trattava di vangelo e di persuasione, ma di una assenza profonda di consapevolezza, pii1 radicata e tenace di <1ualsiasi p1·rsuasione. Questa è dmu1ue la conclusione h'rribile cui arrivn, dopo mille esi– tazioni, un colloquio con i pili illu– minati di 11uesti giovani. Una gene– r11:;io11e inter" fornwllt ue/fo non-co• ~cie11za, primo scalino di un rifiuto profondo della condizione umana dm poteva bene coronarsi, come s11esso è avvenuto, nel suici<lio col– l1•ttivo. Si capisce bene, in questa Ju– c·c, <·ome le esperienze pili terribiJi, gia accidentali che interiori, non pO• t('ssero provocare un contraccol1>0 s,:nsibile in uomini privi ormai dei pili fondamentali strumenti di con– tallo con mondo. Si capisce solo da <1ucsto JHmto di vista come uomini che hanno intensamente vissuto e combauuto possano ancora sembrar– i·i bambini, come in gente di questa Fatta il passaggio da una fede ad una altra sia av,•enimento per nulla es– S<'nziale. :ton parei, strano, quindi, che tra i giovani tedeschi e gli altri ci sia un abisso netto e sensibilissimo. Ho partecipato recentemente per circa due Diesi, in Italia e in Germania, ad incontri gìo,•anili in cui i tede- schi erano largamente rappresenta– ti. Qualunque osservatore non pre– venuto avrebbe potuto constatare la realtà di. conclusioni come quelle suaccennate, che pur possono parere inte1lettualistiche. Raccolti tra di lo– ro all'estero, più svagati e dispersi in casa loro, i tedeschi davano o– vuw1ne la sensazione di qualcosa di imparagonabiJe e soprattutto si mo– strnvnno dominati da questo senti– mento costante. C'erano momenti in cui si poteva onestamente dubitare tli ogni possibilità di rapporto; e mai l'universalità della cultura mi è par– ~a i;oi;:ì pencolante come al contatto 1·011uomini in cui la nozione stessa di intellettuale si è fat1a, più di o– gni altra, labile e vaga. Non ncdo si possa far colpa a lo– ro, nè agli stranieri, di non cercare un incontro. Un incontro non form11- lt~,non istituzionale, ma diretto, 1wr– ~onale, è sempre eslrcmamcnte alca– Iorio e lo è tanto pili in una situazio– ue di crisi come quella che oggi vi– viamo. r 1edcschi desiderano viaggia– re fuori del loro paese e si lamenta– vano fino a ini delle difficoltà che nano loro !rnppos1e. L'accoglienza di una famiglia tedesca è sempre Ira le piì1 profondamente civili che sia dato rice,·ere. Ancl,e g:Ji slranieri, p:li americani. gli inglesi, perfino i Cran– ccsi, sopratutto se giovani, si acco– slano ai nemici di ieri con rispetto, "" spesso anzi la ribellione ironica contro i mili di casa propria costi 4 1 uisce nn punto di incontro. Nei te– deschi, tranne i casi partico1ari dei ,,rofughi e Jei nostalgici, non c'è nè rancore nè sentimento di rivincita verso una occupazione che è stata a momenti assai rigida, ma va di gior– no in giorno auenuando i suoi con– trolli "" rendendosi sempre pii, di-

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