Volontà - anno V - n.12 - 30 settembre 1951

per Jei non ha significalo, non con– clude. Rifà le conversazioni ascoha– le, i gesti veduti. Poi buna gii1 la maschera e comincia una commedia nuova, di sua invenzione: inventa persino parole che vuole imporre a– gli altri come significanti. Spesso i capricci sono la pretesa di imporre agli altri la 1>ropria personalità, su– peramento di limiti come dominio sugli altri. E l'ostacolo ai capricci come Ja severa volontà della madre o dei « grandi >1, le creerit il senso di insufficienza e l'esperienza reli– giosa. Una bimba di tre anni, ad una improvvisa interruzione deUa cor– rente elettrica a causa del callivo tempo, dice: « Luce, vieni! » e poi– chè Ja luce torna, ha la convinzione cli essere stata lei a richiamarla con la forza magica della propria parola. Tanto pii1 che il caso vuole che l'c• sperienza si ripeta indentica per al– tre due volte. Così essa si sente una fata che può trasformare a suo pia– cimento la realtà con una parola . .Ma di fronte nlla mamma che non le apre la porta per lasciarla andare in istrada coi monelli, si sente picco– In e impotente. E sperimenta nllorn il modo di ingraziarsi quella poten– za superiore con mille moine, con Jagrimc e preghiere: creando quel ritualismo clrn è al fondo di ogni re– ligione come tecnica per fare pro– pria una immaginata potenza supe– riore (immaginala per una traspo– sizione e generalizzazione delJ'espe– rienza del relativo nell'assoluto). Queste esperienze che si ripetono 1111 pò tutti i giorni nel mondo dei bimbi, hanno il corrispondente nel comportamento delle società primi~ t ivc. La magia imitativa ancora esi– Sll'llte, ad esempio, in alcuni remoti villaggi della Hu3Sia è un tipico c– SCJl)pio da abbinare al valore dello scimmiotare dei bimbi: in quei vil– laggi, quando c'è siccità, tre 110µ1ini si arrampicano sugli alberi pila alti; e uno batte un martello su una cal~ daia per imitare il tuono, un altro fa sprizzare scintille da due tizzoni accesi per imitare il lampo, il terzo con un ramoscello attinge acqua in una brocca e Ja spruzza intorno. Co– si essi invocano la pioggia. E nello Zululand, <1uando il grano è riarso dalla siccità, le donne seppelliscono fino al collo i Joro b,nubini, e poi da lontano emettono grida e lamenti: volendo personificare il pianto del grano che chiede l'acqua al cielo. Questo ritualismo magico è ancora tentativo di intendere e di intendersi, pretesa di s1abilirc un linguaggio eo- 1u1.mecon la natura ,,ista ancorn co– me l'oggetto adempiente, che rispou. dcrlt senz'ahro ai voleri ciel soggeuo, sol che <Juesto Jo sappia e,·ocnre. Un senso pili profondamente religioso ha invece il rito dei Basogn clcll"A– f..rica centrale. I quali credono che lo spirito abitalore di un albero pos. sa adirarsi contro i boscaioli fino al punlo da causare la morte del capo Cnmiglia. E per ingraziarselo, prim.t di tagliare l'albero offrono allo spi– rito una gallina e al primo colpo d11- to all'albero ne succhiano con la boc– ca. un pò della linfa. Qui lo spirito è giì, il dio terribile, l'essere supe– riore che domina il soggetto, ed il rilo religioso è la scienza cli a,ssimi– Jarlo: sacrificando e donando ttual– cosa d! molto importante, 1alvoha in nichilistica sottomjssione, mtt sempre al fine di ottenere la solidariclà del.– dio - il do ut des, o il patio com– merciale di ogni religione - per cui <1uclla.,,o)ontì, superiore non sia piit 6(,1

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