Volontà - anno V - n.12 - 30 settembre 1951

vi\'O cu11 l:1 \alura, pos~dC\'a in ge– ncralç un piccolo pezzo <li terra. La fabbrica ridusse l'artigiano in proletario. Il nuovo modo di lavo. rare fece il lavoro pii1 « produui,,o » e più « razionale », però la mano ed il cervello degli uomini degeneraro– no. In hrc,·c tempo diventò matu– ro per lu organizzazione di massa del marxi~mo. Oggi non ci sono qua– si più anarchici nel Giura. AnchC' l'anarchismo operaio che si è conserv11to fino ad ora ha sofferto con la forza I" influcnzn dcli" indu– strializzazion('. L'anan·o-sindacalis1no, :, meno che non voglia guardare in for<'ia la rcal– \à nel •:onsi,lcrarc la socializzazione di un pacs«• i11dus1rializz1110, non può 1>rcscindcr1• dalla ccntralizzuzionc i111111anC'1Hc allu societi1 indus1rializ. zulu. Ecco come si 1>onr il tlilcnuua: procluumrc !"autonomia cicli(' offici– ne e d.-i gruppi professionali o sup– f)Orre lu ccn1ralizzazione, tecnica cd 1unminislrath 1 a, indispensabile per 1111 funzionamento dell'economia, CO• mc liberamente consentila dai pro– duttori. Tulla\'ia rimane il fatto che un'officina industriale non possiede 1uatonomi11nutorale cd organica poi– chè non ra1,presenta che un dent(' di un immenso ingranaggio. Una ,·entralizziu:ione amministrativa e tee• nica, tal <prnle la prevede il socia– lismo, può esprimere per un certo tempo di entu11iasmo una volontà co– mune ed una libera adesione. Però questa liberti, non pone le basi di un'autonomia naturale che potrebbe garantirla. Alfmchè l'economia possa avanzare e il movimento delle ruo– te 1>ossaconservare il suo ritmo, le giurisdizioni piìi importanti debbo– no essere affidate a ftmzionari ccn- 65U trali. Son credo che i compagni spa– gnoli mi contradirrano se 1lico che la socializzazione dei paesi agricoli d'Aragone, da una parte, e la soci:1- liznzione dell'industria ca1ala11a, dall'altra, hanno dimostrato che la industrializzazione coslituisee un ve– ro ostacolo ad una socializznzio11(" veramente libertaria e federnlista. La volontà libt:rtaria <leve 1>erciò, secondo il mio parere, trovare una via d'uscita non soltan10 dal c·apila– lismo, non soltanto dnllo stutalismo, mtt nello stesso lcmpo dal nostro si– stema di industrial.izzazionc, il d1e siguifìca un nmbiamento radit·ale del nostro modo di vi,·ere. Si tratt.t di un ()rohleum essenzialmente mo– rule, che solo in un SC<'OllflO tempo. tli,,cnla scit•ntifico. In tali condizioni, affermare che il progresso dell"unurchismo ~i farebbe nei laboratori, mi pare assurdo. Bi– sogna dominare i labora1ori e non lasciarsi dominare cla essi. Bisogne. rcbbe essere capaci di <'hiuderc 1111 laboratorio se la ,•ita lo esige. « Ma, non è questo, un :11tc111a10 alla lihr.rtà? La scienza naturale non è la ricerca della \'Crità? Come può ,,orlare pregiudizio alla liberti, u– mana? :». Coloro che parlano cO.:-,Ì hanno io parte ragione. La scienza scopre un monlc di ,·e• rità. Penetra in tulli gli oggetti, iu tutte Je cose che compongono il no– stro mondo. Da tutte le parli sco– pre relazioni, causalilà senza fine. Giunge a stabilire determinièmi e leggi nell'immensa natura che <'icir– conda. C'è una sola cosa che non scoprirà mai: l'uomo e la liberlà mo– rale che risiede nella sua coscienia soggettin.

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