Volontà - anno IV - n.8 - 15 febbraio 1950
Orwell non Iu mai onarchi,·o. cre– do. sopratutto perch~ Ei considf'ravu un II rrali~tn i, e pensava du" Iosse inutile parlare di ri\'olozione socia– lt> quanclo la sua realizzazione ap– pariva tanto remoto: bisogn11va af– froutarc i problemi reali. Di conse– guenza, 11,i trovava nella posizione cli do\'l'r continuamc-nlc scegliere fra 11J1 mal<· miuorc- e uno pc~i,:iorc. Gf'or~e 'W'omlt·ock definì l'nHeJ!:#!'Ìa– mt:nto di Orwcll <1opportu11i$ta ... in un senso nmpio». Ciò è vero se non "ii c~amina110 contemponmcamcnte i motivi di Orwcll. Parlando con lui. f>bbi sempre l'impressione che t•gli {O!,Secoslanlemente assillato dal bi– sogno di fare <JtrnlcQsn, di 1,orleci– pnre alla lolla quotidiana più che tli5CUfer iu nstrallo. Alrueno iu µar– te, credo che questo utte~giamento fosse don1to al disprezzo cli Orwell per i tipici intclleltuKli di sinistra. i filosofi do salono 3 ). L'ullimu vultu <'hf' In \'icli, con– dnunava aF-prnmentc quep;li inh·llc-1- hualj frant·csi che appop;,zinno la Huseia sosteni-ndo che i I sistema russo è pl'cferibile alla democrazia capila.listi<.'a. Orwt.•11 1 disse c-he ri– i-pclla,·a la posizione anarchica cli oppoaizione ad entrambi i F-Ì!'-temi pnd1P era una posizione <'ot•rcntc, mn trol"ava profondamente di~nrJ:.lo t·he 11urp;li intellcttuuli franc·f'si c·hc , ivt-vrmo una ,,ita hor14hcsc e· ~odt-– vano di unu liberi.i relativa che sa– pevano sarebbe Stata loro nf>p;ala in R11!l.,,ia. a1>po1,1:,:iasscro la Uu~:-ia. :\1a crf>do rhe Pattep;giam<·illo ,,o- ~) Che ::ilriini di quf'sti 11011 abbiano 1Hmen1ifato, o 11cnlorrn10, la ~c-0111111 par• te di 1'/w rn(ld rn Wig(lm Pier ti evidellte 1lslle memorie ~nitte dopo ]a sun morie, 470 lilico eh Lhwt>II fosse dovuto ttnChf" alle sue limitazioni. La sua parte rra (lurlln dell'«uomo rcm11liccll. mtt. romf' dice Woodcock, ul'uomo semplice /1<1., sempre delle limitnzio- 11i, e lt, più grave è quella di non. riuscire ,, />Clletrare sotto la superfi– cie degli evc>nti e rkonosrere le ve– ,.c conse dei mnli .~ociali. nei gravi ~quilibri esistenti ,re/1', strumua stessa della società. di cui j mali individuali mm so,io che i .~inlomill. E a~f!;iungc: l;Per e!fempio, non ho mai viMo o $<:11titu Orwell /t11·e 1m'a11nlisi pro– /011da delle all11ali tendenze poli– tiche in,:fosi, e mi pare che su argo– me11t1 impor·tmrd rome il denaro, lcr proprietà e lo Stato 110n nbbia id1•e moltn preci:H•. a pnrte i s()liti vaghi sfoga11 r/,e ispirmro dn molte generazioni il Partito Laburista». E semprr ,,cnliamo Orwell idl•uti– ficurbi con l(il lavorutore ,:enui11un c·he, a t=UO :l.\'VÌ~o. non arfrna mai i po!'ilufoti µiù profondi del SO(·i1l– lismo. ccSpesso. mi pare - M'TÌS&e in uT/,e RQ(1d lo Wi~am Pieni -– è un .1ncinlistn più autentico tlel uwr.Tista ortodo.1so. perrhè ricordn riò eh(• l'altro trvppo spcMo dimen– tica, che .<ocinli.~nwvuol clire gimti– zic, onestit e dignitfl» Que!IIO desiderio di faC'f>. qualun– que fo~1sno le litnitazioni nmbien– tuli. era unH virlll oltre che una de– hole7.la. Nonosta.ole tutto, sentivo dw pn·?-C'Utando;;i nel paPse una 8Ì– tuazionC" rivoluzionaria, Orwcll sa– n·hbe iòilHlO in pieno con ~li Hnar– (•hici pcrchè in F-iroile situazione lauto il suo utan·hismo «eticon eh~ il suo /(realismo» a\•rebbcro potuto c~primf>n,i. Orwt'll non temeva -la
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