Volontà - anno IV - n.8 - 15 febbraio 1950

aj.!ilarsi a JH'elendcre un trattamen– to uugliore. C'è persino chi dice: il padrone ruba a me, io rubo a lui; ruba l'im– pifJgato e ruho anch'io. Però il pa• flronc ruba legalmente e in bella forma; l'impiegato, data la sua po– ~izio.nc e il suo celo, &pcsso non è sottoposto a controllo; a volte si sn– vc dcli' operaio per i suoi fortì. In generale rlcve (lirsi che l' operaio non può e non sa rubare: se l'ope– ra.io avf'ssr dalla società quello che la civillì1 meccanica (prop;resso tec– ni<'o) offre solo a,{.!;li uomini che di– !-pongono di mezzi, non si ahbasse– rf"bbf' <'crio a rac('oglicrc poche lire lii roba. ]n una azienda dove non (··è f'Onlrollo ognuno fa qm·llo eh<' jHlÒ: l'ope-raio per rendei e più a.cco– glirnte e più l'Onfortevolc la propria casa ap1,rofitta spesso di tutto qmm– to p;li capita sotto mano, scarti o an- 1·h..- rottami. senza chiederne il pn– mt•'l~o e con il rischio qu,dora sor– prc-.o. di venirP licenziato. Tuttavia un licc11ziameuto per questo motivo avviene di solito perchè qualcuno fa Ja spia, per astio o per ripicco o per umi offi:>sapatita: cosi è capitato in un opificio di Vaprio d'Adda dove . alcu11e rn_!?;azzeche avevano in an~ tipatia una compagna di lavoro, ac• cortesi d1e questa stava trafu~ando nna :>nttovestc. riferirono la cosa al– In m:tf'Stra. Questa fu costretta a dir– lo al capo reparto, e insieme mae– stra t: "apo reparto, pur 11011 volen– do faì·c- dd male a nessuno si sen~ tirono costretti a 1,rocedere pokhè b lorn azione era attentamente se- 1."(uita. h,fìne vi sono fatti di minor rilie– liPVO (•h~ mNlono in cattiva luce l'operaio e la sua moralità. In una piccola azienda è avvenuto che m1 operaio tagliasse le cinii;hic di tra• smii:;sione senza alcun motivo appa– rente. prr lo meno il motivo non lo :,,.i~eppe mni: naturalmeute fu li– ••f>nziato. J\'li è stato assicurato da muhi ,·hc talvolta ~li operai che la– vorano su uno stesso µ:ruppo cli maf'd1i11f" µrovocano volonLariamen- 1c uu ;4uasto e quindi l'arresto del J!ruppo. non avendo vop;lia. di Jnvo– rnrc. F:' vr.-o d1e il profitto del la– ,-oru va in mas~ima parte a bencfi– rio del padrone - e che non hanno 1orto (JllP!!;li 011erai che s1anchi di lm..-ùrarc, si chiedono: per chi pro– duciamo tutto ciù che esce dalla ft.1bbrica? Perù lrn notato che ci so– no alcuni, che pur ponendosi la stes• Ht domaud,t. <lisap1novano (fUesta hm~sa ~peci e di ostruzionismo, come disappronmo coloro rhe sciupano inutilmente del materiale che lavo– ralo polrebbe diventare uu prodotto ulilf'. E io souo r-on loro, cioè con quelli i ,,uali, coscienti che ur~e una tra– sfonnazio.ne radicale di questa socie– tà parleranno con sè 11Cllanuova che essi stessi si costruiranno una virtù: l'amore al lavoro; e due metodi pratici· In coecienza cli voler curare t• tenere in efficienza il macchinario f' la nt~c1•%ilà di fabbricare una so– la volta ciò cht! o,zp;i si fa due volte n fUWhe più. l)rl le op◄-raic si può a~p:_iuup;erc dw ,.,Jtre ai difrtti propri aµ:li uomi– ni 1-0110 molto vendicative fra di lo– ro ( come si è visto nell'esempio ri– portato sopra), mentre vcrsu il pn– dront" e ~li impiegati sono assai più r<-mi;.sin: il scmo di inferiorità è più ~rande in loro. si lasciano sot– tonwttr1<- ~ "fn1ttare con J)iÙ rasse- 465

RkJQdWJsaXNoZXIy