Volontà - anno IV - n.2 - 15 agosto 1949
no propri dei éapiLalisli, della gen– te corrotta dalla ricchezza e non dei lavoratori, operai e contadini. ,Ma di quali lavoralori, di quali operai e di quali contadini si tratta? Della con- . tadina gaJiziana che, in Spagna, ,si compera due vestiti nella sua vita. che porta al roveseio ,durante la set– timana e che mette al diritto la do– menica? O della contadina delle ric– che regioni di Francia che si veste, ora, così, bene quanto la cittadina? E di quali operai? Del minatore ve– ramente proletario, o dei tanti lavo– ratori parigini, o di altre grandi cit– tà, ·che si vestono oggi meglio dei borghesi di ottant'anni fa? Gli Stati Uniti d'America ci offro– no l'occasione <li .analizzare meglio il problema. È un fatto noto che la maggior parte delle donne america· ne non aC<!omoda la sua biancheria, nè quella def marito: nè quella dei suoi figli, e la getta appena c'è qual– che buco; che la maggior parte delle donne salariate che ha uno standard di vita medio, ha dieci, venti, trenta vestiti, una di~ina di paia di scar– pe; che la maggior parte dei lavora– tori ha un'automobile e la cambia più spesso dei privilegiati d'Europa; che nella grande maggioranza delle case operaie ci sono comodità mo• derne che rimangono un sogno per la borghesia d'Europa;, che i contadini medi di regioni ricche hanno frigo– riferi, macchine elettriche per lava– re biancheria e piatti e che le loro donne non sanno più fare la mayon· naisc dal momento che ci sono mac– chine che la fanno per esse. Ebbene, le operaie, le contadine, le impiegate, le donne d'Europa non sono costituzionalmente diverse da quelle degli Stati Uniti. Date loro la possibilità di prendere la bianche– ria, le scarpe, le calze, i vestiti « nel mucchio>) e dopo nemmeno einque anni prenderanno l'abitudine di non raccomodare più, sopratutto quando non ci sia l'obbligo, come per la don– na americana di oggi di pagare i capi nuovi che sostituiscono via via a quelli che gettano. Inoltre, tìe è tanto facile proeu– rarsi un vestito di set.a naturale quan– to uno artificiale, è umàno che si preferisca il primo al secondo, che si preferisca un soprabito di pura la– na ad un altro di qualità inferiore. E gli esempi si potrebbero moltiplica· re all'infinito. Ciò costituerebbe una perdita enorme <l"i materie prime t; lavoro umano, e condurrebbe ben presto ad' una penuria di molti ge– neri! Non c'è abbastanza seta na– turale perchè possiaIQo fare a meno di quella artificiale, noo c'è abba– stanza lana di prima qualità, so· pratutto se le stesse condizioni di \IÌ– ta vogliamo generalizzare sulla Su· perficie del globo perchè si .rossa fare a meno del cotone, non s1 pro• duce abbastanza cJettricità perchè si possa fare a meno di carbone. _E questo è di quasi tulle le materie prime e dei prodotti dell'uomo. Forse si scopriranno nuove sorgen– ti di energia, di materie prime; si faranno nuovi progressi che permcl · tcranno di rackloppiare la produzio– ne agricola. Ma non possiamo fissa– re i principi e la pratica della so– cietà nuova sulle ipotesi del futuro. Il minimo buon senso ci obbliga a tener conto delle possibilità attuali, perchè intravvediamo la rivoluzione in un tempo il più vicino possibile. Bisognerebbe non conoscere la na- 115
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