Volontà - anno IV - n.2 - 15 agosto 1949

chiavi, crc:111<loprincipalmente la lo• ro propria rete e sorvegliando perchè non si corrompesse al contalto dei sistemi di sfrullamcnto e d'oppres– sione. È possibile, certamente, cita– re una- quantiti1 d'inizialive che van· no in questo sen~o, ma il drnmma comistc nella compartimentazione del le tendenze e delle correnti che impedì gli scambi di esperienze rea· li, proibì un metodo d'azione che abbrac("iassc fa realtà degli av\'eni– ,mcnti e non la loro espressione su– perfidale1 ccdcmocrntica n. Addizio– nare il numero di sedute, di riunio– ni, di <·omitati del movimento opc– rnio1 svoltesi uni('amente per regola– re quc,lioni di maggioranza o di de– legazioni. sarebbe fare il bilancio del tempo perduto. Addizionare insieme le azioni e le realizzazioni del movi– mento emancipatore per abbattere .il <·apitalismo e sostituir\'isi, <larebhc un lota1c molto più ridotto, insuffi– ciente per lasciare la sua impronta. A che 1rnnto siamo,, attualmente? Da una parte noi dobbiamo consta· tare che trasformazioni sociali pro– fonde si manifestano dapertutto (ri– ~vcglio <lei popoli t;Oloniali, ascesa della tecnocrazia, ,fine del (·apitali– smo classico) e d1e questi fenomeni sfoggono allo sforzo dei militanti e dei movimenti anarchici, henchè sia– no perfettamente analizzati da questi ultimi. D'altra parte, noi stiamo <_.onslatando che gli anarchici non u· sufruisc:0110 pienamente delJa confer– ma delle loro tesi c dottrine dai fat– ti. Cioè noi abbiamo ragio1~c ma gli ,n,,·cn imeni i si svolgono ~cnza che la nostra ragione si faccia sentire. La conclusione che s'impone è, dunque che mani:a id nostro mo,,i- mculo un organo, un sistema di tra– smissione, clw <larcbbe ai nostri sfor– zi una certa presa sugli a,·vcnimenti. Giungo, quindi, a coloro che han– no apparentemente tentato di appl i– care questo metodo di lavoro. Appa• .rentemcntc, pcrchè quanti anarc.:o· sindacalisli, quanti sindacalisti-.-i\'o• luzionari, non hanno in realtà agito e vissuto che come dei propagandisti e non come elci trasformatori della realtà sociale? Quante formule, quanti slogan in– contriamo senza che lo studio scrio delle situazioni reali prece<la la lo– ro divulgazione, Quante fatiche spe~c perchè nasca una nuo\'a organizzazio– ne, cou timbro, segl'etario, tesoriere e bollettino, senza che il corso delle cose sia modificato in Jninima parte. E quale somiglianza, molto spesso. tea i « puri >> che padano della mas– sa con disprezzo e disgusto, ed i pie• coli 'comitati che fanno appello ad un proletariato che, di fatto, essi non conoscono e molto spesso disprezza~ uo. Le passioni si sostituiscono alle aualisi, le frasi rimpiazzano le idee, gli appelli a<l una classe operaia i– deale impediscono gli appelli alla classe operaia reale. La fedeltà alle formule nate nel 1850 o nel 1900, che si chiama at– Laecamento ai principi, fa che i pro– blemi del 1949 scompaiano o siano allonlanali, Le e<posizioni» a pro· posito dei comitati di officina, del ruol~ dei sindacati, dcllé cooperati– ve d1 consumo o di produzione, non sono mai state prese dopo l'esame di situazioni ve1·e, ma per reazione c_m!tro le posizioni adottate dai par• t1t1 e dalle loro succursali sindacali. Ed anche nel campo delle iniziative il rumore della propaganda semhr~

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