Volontà - anno III - n.12 - 15 giugno 1949
li marxismo mentre costrui\'a un mondo di schia,i con,ena,a la fede nel carattere transitorio di ogni impo,izione e pretcndc\'a ciecamente « se– guire le vie della storia ,,eno la libertà» 1 ). L'anarchismo sotto la .sua forma rinno\'ata, non alimenta nessuna illusione del genere a proposito dclre,olu.iione ge.nerale alluule. Sa che la grande s\'olla è da forsi; sa che la corrente umana, da cento unni, si precipita verso la sen•itl1 di stato cou lullo il peso di una forz:t elementare, secondo la legge della maggiore pcndcnzu. Sa, pure, che la Uh•oluzionc è, per ogni uomo, come per ogni collet1ivi1i1 1 la S<:elta della soluzione pili pericolosa e più difficile; quella che implica il pila grande sforzo e che ha sollo un punto di \'ista strella– mcnte determinista, meno probabilità di realizzarsi. &i.sic un punto morto darnuli al quale si fcnn:1110 parecchi spiriti • ('lllancipati ». Si fermano iuerti di fronte alla situazione re,a chiara dal– J"analisi anarchica. Si accontentano dell'atteggiamento disperat:unenie contemplativo del moralisla, o dcllu spensieratezza scmi-cinieu di chi sa sbrogliarsi! E credono d'incarnare la ,filosofia dell'ora! In rc11ltù sono ri- 111:1iìti a mezzo cammino nell'abbundo110 della teoria .rnar.'<i-.1:1 in fallimento. Jfonno conservato il fatalismo storico. Essere fotnlisti significu attribuire nccesimriamente allo dorzo umano quel carattere perverso (nocivo a se ,lesso) che riconosciamo alla servitU. volontaria dell'uomo davanti allo Stato - mCJ1trc <1uesta scrvi1ì1 , olont:1ria \'is10 la bivalenza essenziale dei rapporti effettivi, può anche c1tmbi:1rsi in rivolta ,•olontaria, non sola– mente i11qualche uomo, ma in tutti. Credere che la storia la\'9ra ncccs· sariamfnle contro l'uomo, dopo di a,·cr credulo che la,ora,:t per l'uo– mo - è fare un atto di religione verso una potenza sociale extra-umana d1e nega ed annienta la possibiliti', di farsi una coscienza anarcl1ic:1. Secondo Marx giovane hcghclliuno (L,'id~ologie Aitcnw11de. ]845-1846) l'esistenza dello Stato è un « triplice» risultato della divisioric del lavoro. Eco,iomicamente, la di..,isiouc elci l:1voro subordina gli individui pro<lut• tol'i ad un insieme pii', vasto e che a ciascuno di essi appare come una 1·caltì1 o autorità estranea. Socialme111e, .la·dh 1 isione del lavoro genera l'esi– stcnz:1 delle classi che s'impongono a ciascuno indi"iduo come « condizioni d'esisleuz.a predestinate». Politicumcnie, infine, la divisione del lavoro su– scita la contraddizione di interc!5i particolari e eolletti"i alla <1uale de,·e rimediare l'illusione dcli'« interesse comune». Da cui lo Stato: « L'interesse comune pre"cle come Sturo, una forma i11 <lipende11re.di – siinra degli interessi pt1rticolari e collettivi. in quanto clte com11r1irà il– /11soria :o. Non si può dun<1ue, <:ccondo Murx, abolire lo Stato se111:arinunciare ') Que.sla fede, o J)iuuo~lo <1uesla illusione, e,;i51e anrora o,è non nell":i1llUralo s1aJi. 11ia110,almeuo nei circoli e~•eriori .1! 111mi10e nelle opposii:iiu1i llii, o meno libert.1rie, l11.rf 'mb11rghis1e. 591
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