Volontà - anno III - n.2 - 15 agosto 1948

La conobbi ben io quando gr~dai di fermarlo, ma i1 mio grido fu ma• cinato e ridotto in polvere. Come nel gioco dei mulini a vento. Come nello scherzo delle spoglie ridotte e gettate via. Come nel travaglio infame delle nostre Cajenne. Gli uomini, ferrati, come i ea':alli, venivano avanti can– tando una canzone fredda. Pareva la volessero lanciare al ciclo per liberar– sene. Pareva pestassero forte i piedj per non farla sentire. La vergogna di .tanti: b vergogna di tutti. Ma la canzone ci giungeva agli orecchi, chiara distinta, <Juasi si burlasse della nostra riluttanza. « Sfacciata canzone. Sd1Hosa canzone. Via, via, cj assordisci ». Ma la canzone sgorgava dai pelli inasprili e ci rovesciava addosso il .suo shOCi!ofluttuante. « Via maledetta, ci appesti». Gli uomini venivano sempre a,ami: avanti Janciaudo quei loro bru11i versi. I passi ferrati, invece di smorzarne le strofe, ne segnavano la cadenz,1. L'asfalto tremava in un pazzo moto sussultorio. Si credeva, ili. quella bJlgia, che la lung.:1 serie dei vulcani spenti sol· toterra si fosse risvegliata all'improvviso. « Basta, basta >l. E continuava la catena umana a pestare cd a cantare. I pavoni tronfi ci sgamhcltavauo davanti impartendo ordini a destra cd a sinistra. U luccichio dei loro speroni ci abbagliava gli occhi, si conficca\"a lenaccmentc neJle uostre teste, messe cosi a repentaglio in <1uella furia scatenata in qucl baleno. Ormai eravamo prigionieri delJ'atmosforn rovente e microscopiche mc• teore incandesecnli ci piombavano addosso senza tregua. Incominciava ·per noi il bombardamento caotico dell'Ordine in colonna. La gente pressa\'.a alle nostre spalle senza ritegno, come voJcsse buttar('i in braccio alla marea rullanle. Anche i ragazzi mocciosi, forse sospinti da un richiamo atavico. miserQ i11 moto le ginoet'hia, pestarono i nostri pi~di. Fu allora che mi scosse un bisbiglio SQmmesso, lieve, ·indifeso, debole eome un pianto. Mi voltai d'un tratto, e mi trO\•ai dinanzi un giovane viso di donna sul quale apparivano alcune lacrime, come su un bocciolo 1a ru· giada. Capii con una perspicacia feroce: capii perchè anch'io stavo per piangere. Le lolsi le lacrime da 1 l \•iso, come avrei poluto toglierle delle spine da una mnno. E non le chiesi nulla, nessun pcrchè. Basta,·a la mia intcriorf' risposta. La risposta che si era venuta formando da lutti quei rnmori, con· elusa quando il mio corpo era stato punto eia un ago irH•isibile e b. cnrnc s'era ribellata, giii troppo offesa. E volli andare ~ia, correre altrove a cercare quc!llo che mi era stato tolto. Volli sruggire all'assillo del cuore, chè gii1 s'era tutto fatto di ferro. Mentre In marcia rotolava ycrso la méta cantata e troni di cartapesta si elevavano ad indicare la fine. Ed il belare grandioso delle pecore ci rag– giunse sorvolando :1\te montagne scoscesi bun·oni, e ci avvolse in un'aureola meschinu .. Ed il progettar dei crani ottusi si infranse al eospcllo di tanta 124

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