Volontà - anno II - n.9 - 1 marzo 1948

ma che non regge, poichè in ogni socicti1 gli oppressi sono ~cmpre ::,lati ; 11 finilamcn1e 1>iÌ1 numerosi degli oppressori. Ti dirò la ver.1 ragione. È per• ,.:hè, !òlOltO mille pretesti, gli uomini si sono lasciati strnpp:1rc la loro libertà, ,.• emprc hanno creduto che l'auLori.t:"1 che si auribuiscono i padroni fosse lct::illima e necessaria. Tu mi dici che dato che è necessario un ordine "-O· •.j;i1r non 1uui possono comandare o abbandonarsi ad ogni specie di fon• ia~ie. (' :-imili luoghi comuni. Lungi da mc il confronto, rna tu mi fai pcn• ..an· n quel famoso imbecille che wi giorno mi clice\'a: « fMa :1llora udi.i H►~Lrn ~ocictìt anarchica non ci saranno piì1 concerti, <lato che per dirigcn· m1·orc·hcstra è necessario un <·apo e dic voi non volele <·api?>) P1ETIIO.- '.È assurdo. FRANCESCO. - Volevo che Lu stesso lo dicessi: è assurdo. Ed ecco ,.:iò ~lw finalmente voglio farli comprendere. Vedi, Pietro, l'aulorità non (' la t,; 11•chctt:.1 del maestro d'orchestra, non è la competenza di un tecnico e \,· •uc funzioni in rapporto all'o1>craio, non è l'applicazione dell'ordine e del metodo in 1utti i campi della vita economica e sociale. L"aulorità, ascol· 1ami bene. è il privilegio della ricchezza o ciel potere che ccrli individui u ,·la~si, o caste o partili: si sono accaparrati con l"a.:1uzin o con la ·forza. J'rh ilcgi di cui si servono per opprimere o sfrullarc coloro che hanno ilpo· i,::liato dei loro diritti e elci loro beni. P1ETno. - Insomma, se ho ben comprc.:O 1 gli a1rnrchici ,cclouo nd– fautorità il male per eccellenza. FnANCESCO.- Esattamente, e così noi poniamo il problema sulla ,,uu \/·rn ha.:c. Tutti i così detti riformatori della socicti1 si sono sempre attm·· 4•ati agli effetti del male; soltaulo noi l'attacchiamo nel suo principio, o se 1u p-rcforisei, nelle sue radici. Pcrchè tutti gli abusi, tutti i delitti, lullc 11· crudeli ingiustizie di cui i popo1i sono stati viltimc, sono stati possibili, pcrchè certi uomini si sono 5-Crviti dclrautorit:"1. f· prima di luttc. dcll'au• 1orità di Stato. PIETRO.- Eccoci. Sapc\'O che tu saresti arri,·:.,to :1 quc~t.i conclu.:iorw. C.iù altra volta ti ho sentito pronuncia-re giudizi sullo Stato che io non avf'vo capito. Credo ora di aver afferrato ciò che è realmente l'autorità, ma lo Staio? Tu stesso dici che non può esserci socie1ll scnz:, un'armatura -0<1 una amministrazione pubblica ccc., cd allora? FRANCESCO. - Mio caro Pietro, do\'rei rifarti qui tulle le o,,scrvazioui rhc io Li ho fa110 a proposito dclb tradizionale imbouitura di crani co1wer- 11cntt' l'autori1:\. Perchè se tu sci d'accordo nel riconoscere che qucslo prin- 1·ipio autoritario è un mate, puoi lu dirmi con quali mezzi pratici i dc1r11· tori clcll'autoritii arrivano a manlcner<' i loro pri\'ilc~i cd a tirarne 1u11O il profitto? PIETRO.- Non lo "-O: mi ,,are. 1·011 lullo ciò ,·hc. in una parola. r:ip– p1·escn1a 1a loro autorità. FRANCESCO. - Giu.:tissimo; ,•cdi quindi c.hc è con lo S1a10 il qu:ilc i· ;ìppunto l'apparato o il sistcnw cli governo che garantisce i privilegi f' dlf' tiualchc,•olta .li éJ"<'a. anche. Lo St.ito non ;.. ,cropliccmc111c quello ,·!tr 53

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