La Voce - anno II - n. 55 - 29 dicembre 1910
LA VOCE cando il pii, alto, senza mai impigrirsi nel– !' indugio, grida talvolta acerbamente per il lungo indugio della vita terrena, per i lunghi .anni della robusta vecchiezza, e giunge talora ad idealizzare la morte, come vittoria sul mondo, con accenti che rammentano quelli tragici del poeta greco: 11 dico e so per pruova Di rnc, che 1 11 ciel quel solo à miglior sorte Ch'ebbe al suo parto più presso la morte. Michelangelo è stato chiamato talvolta un platonico etrusco; la denominazione espri– me abbastanza felicemente la caratteristica del suo spirito. Si è insistito sui suoi rap– porti con i platonizzanti ali' AccaJemia fio– rentina, e sulle sue letture di Platone; ma non vi è bisogno di tali raffronti e di simili dimostrazioni per convincersi ch'egli appar– tiene veramente alla famiglia ideale del di– vioo filosofo di A1enc. Egli è a lal punlo ,oello spirito platonico, che Platone stesso sembra n'abbia delineata l'idea molti secoli prima, allorchè, nel Simposio, discorre di Eros il figlio di Poros e di Peni;, che trae dal padre l'amore della sapienza e della bellezza e dalla madre il bisogno e la sete: cosi Eros, lungi dall'esser bello e delicato, come i più credono, è invece ruvido, di poca ap– parenza, scalzo e senza dimora; sempre dorme scoperto sulla nuda terra, per le vie, din– nanzi alle porle. Tale è .1-lichelangiolo. Que• sto superbo crealore di spiritualità e di bel· lezza, passa attraverso il mondo come Eros freddoloso : ama più che non sia amato, produce bellezza più che non ne goda, ar– ricchisce il mondo degli altri, ma resta po– vero e triste nella sua anima, la quale è voha altrove. È amante, è creatore: sempre atth·o, come mosso da una necessità che non dia tregua, è in lui qualcosa del dolore d1 un Dio, che passa nella sua arte, e sopra– tutto nelki sua poe,ia. Giovanni Amendola. Faguet contro Baudelaire. Pour 1aper sur le ,·entrf" d ·un colostc, il faut pou'l'Oir •·y hausnr. 8,t,UDl!.LAUU:. M. Emile Faguet, critico e professore, pub• blicò nella Ret•11e del I settembre. a proposito di un libretto di A. Secl1i: e J. Bertaut, un ar– ticolo contro C. Baudelaire, il quale sollevò in Francia un rumore di scandalo che dura ancora per le riviste e per i giornali. Non - bisogna dirlo - che i francesi, tranne pochissimi, pochis• simi, siano coscienti della straordinaria grandezza di Baudelaire e considerino ogni irreverenza cot1- tro di lui con quella stessa avversione con la quale qui da noi si considererebbe un insulto fatto a nante, in Inghilterra a Shakespeare, in Germania a Goethe, in Russia a Dostojewsky. No, ché anzi se Baudelaire è mal compreso un pò dappertutto, in Francia è capito per avven– tura ancor meno ; e il solo associare che si fa al suo nome, da parte di scrittori francesi, delle idee cli decadentismo, di satanismo, di dandy– smo, di morbosità, di ne,·rosi, d'isteria e d'al– trettali frottole, quando si dovrebbe invece par– lare unicamente di austerità, di salute spirituale e di genio, lo prova. !\la questa ,·olta le accuse venivano da un tal pulpito ed erano cosi spa– valdamente bestiali, che il non ribatterle sarebbe stato nonché vile, impossibile. Difatti se la su– pP.rficialit:\ critica, fermandosi alle false appa– renze, alla maschera che lo stesso poeta si com– piacque n volle di mettersi sul viso per nascon– dere agli occhi del borghese odiato il suo essere profondo e la sua tragedia, se la superficialità aveva il più delle volte barattato i valori non le era mai accaduto d'invertirli come ha fatto Jo spiritoso grammatico. Fin qui era lo snobismo letterario che, simile a uno specchio ondulato, deformava Baudel8ire riflettendolo in sè. ora è I' L·niversità che lo notomizza e tenta di polverizzarlo. ;:\la esaminiamo, brevemente, come compor– tano queste semplici note, le ragioni del profes– sore. Sono le più sciocche, le più tri~te, le più grossolane e nonostante (o perciò?) le più naturali per chi, come lui,• rappresenta la critica accade– mica, la critica, cioè 1 che, diseredata cli potenza intuitiva e d'amore, \'3 attorno ai capola\'ori e invece cli penetrarli, come l'artista fa con la natura, e di ricrearli per trascriverne davanti al pubblico l'armonia essenziale, li collaziona con la pro;;odia e la rettorica che porta con sé, ,·i appoggia su il metro della logica causidica e \'i esercita le force di Boileau. La prima accu'ia che E1l1ile Faguet rivolge dunque a Baudelaire è questa: « li n'a quasi aucune imagination ». E questa frase che, se avesse pensato bene a quel che significa - come avrebbero fatto per esempio un De Sanctis o un Sainte-Beu\·e - il critico non a,·rebbe scritta, è anche la prima prova della :,ua leggerezza. lnfatd ! L' immagi• nazione o, come dice\·a la scuola, l'invenzione, é unA facoltà puramente mentale che si adopra a spremere dal cervello, a creare di sana pianta ex nihilo, un organismo poetico con In sua for– ma propria, i suoi accidenti e metterlo in moto ; come l'atto imrnaginati\•o, fondato, si direbbe, sur un tal quale disprezzo ciel mondo sensibile, non è insomma che un'applicazione alla poesia, dell'idealismo, se con questa parola s'intende, non quel profondo convincimento che ogni realtà e tutta la realtà non è che un tessuto di ener– git spirituali, anzi una perpetua transustansa– zione dello spirito, ma la falsa credenza che la cose skrno meri riflessi o ~imboli di un'Idea tra- scendente, immagini apparenti di una ,·eriL:i. fuori clf~llospirito umano. Ora l'essenza stessa cltlla poesia è il contrario di un tale idealismo e il gran poeta Bauclelaire, il quale non inven• ta,·a nulla, ma senti\·a e rende,·a i suoi parti– colari stati d'animo era un profondissimo rea– lista. Pochi sono stati realisti come Baudelaire. Tutta la sua opera è una dissezione della re;:i.l. tà, un assalto incessante al vero per succiarne il midollo sostanzioso, un abbrancar sanguinante ciel fatto interno t! esterno affine di penetrnrne e farne penetrare agli altri l'immarcescibile bel– lezza, grandezza e tragicità. Immaginazione! intellettualismo alla ennesima potenza! Certo, nessuno o pochi ne mancarono come l'autore dei Flcurs du 11/al e dei Pelits poèmes e11prose. l\fa non è forse questo uno dei suoi primi e più grandi merili agli occhi dell'estetico e del filo– sofo moderni e sensibili ai caratteri veri del– l'arte? Senonché Emile Faguet sebbene, \'ec– chio, celebre e professore si meraviglierebbe forte chi gli dicesse che non si può far critica seria se non si possiede una certa attitudine filoso– fica che aiuti a distinguere l'una dall'altra le ra– gioni estetiche e che un critico ,·uol esser filo– sofo almeno in quella misura che dev'essere nrtista o poeta. La critica è l'arte di rifletter sull'arte. Che se poi E. Faguet, nella sua fretta che ~li fa sbagliar citazioni e buttar giù periodi abborracciati e incomprensibili, avesse scritto immagiiHtzione volendo, come si potrebbe an– che credere, scriver fantasia, cioè potere di per- ~ cepire il vero liricamente anzichè pratica o spe– rimentalmente, il suo errore sarebbe ancora più gra,·e; giacché « considerandosi, per dirlo con le 1>arolecli B. Croce, come facoltà propria del poeta e dell'artista, non già l'immaginazione, ma la fantasia » egli, negando a Baudelaire que– st'unica, precisa facoltà che lofa poeta, ne avrebbe fatto implidtamente non solo un « poète essen– tiellement de second ordre » come dice, ma la negazione di un poeta, qualche cosa come un altro Faguet del quale egli stesso a\'rebbe capito l'inutilità d'occuparsi. E pa<;siamo alla ~cconda accusa, illazione della prima, la quale t: questa : « ce novateur n'a aucu11t: idée neu\'e, Il /aut, de v,:cruy a//t'utlrc j11sq11'à S11/(1•-Prudl10111me, pour lrouver des idées 11om•t'lles dans ks pM!les français. Jamais Bau– delaire ne traile que le lieu commun fript: jus– qu'à la corde ». Delle idee nuove? Sarebbe cu– rioso domandare all'irre\'erente ed esigente ma– gister che cosa intenda con questa p~rola. \"or– rcbh'egli forse che il poeta obbedendo all'afa~ ristico verso del ca,·alier Marino: f. Jcl pocu il !in la meradglia. scrivesse delle inedite assurdità al solo sco1>0cli sbalordire il pubblico, o che, tralasciando d 1 es– ser vero e ingenuo, combinasse stranamente le sue visioni e senzazioni per incarnarle in mo– stri stupefacenti? ~la Emile Faguet precisa. Riducendo a schema le composizioni del poeta ne mostra il fondo banale. Esempio : « /Jéné– dirlion: !'artiste est ici-bas un martyr. /.,' A!ba– /ros: I<: poète trébuche clans la réalilé. les p/,arc:J: les artistes sont les lumièn.s de l'hurna– nitl' » eccetera. Poi conclude: « Voilà les nou• ,·cautés que Baudelaire a rt:pandues par le mon– de •· E allora l'o11usilà senile del poligrafo sco– raggia. i\la come! i\la quando fosse permesso a un pedagogo di disseccare cosi le creazioni vi\·enti dell'arte, e si clo\'esse poi seguirlo nelle sue conclu.:.;ioni, cl,e cosa a,·verrebbe dei più grandi capolavori della poesia ? Provate\'i a se- BiblotecaGino Bianco guire il suo si'-ttema. l-1.1 Ci11c:slra ciel Leopardi: la natura non si cura degli uomini. / .. \t.•pokri del Foscolo : I popoli ch·ili dt,·ono onorare le tombe. I.a mari du /oup del De \'igny - il De \'igny di F,1guet - : l'uomo de\'e soffrire e morire in silenzio. .lfoise dello -,tesso: la grandezza e il dominio fanno l'uomo solitario e in– felice ... E tutti i più grandi poemi dalla l)h•ina Cummt>dia al /•àus/ che altro sarehbtro se no.n un'immensa ngglomernzione di tali comunalità? Resterebbero, t' vero, le idee nuove cli Sully– Prudhomme, ma ci può esser anche chi in esse non veda un ~iusto compenso a tanta tca– tombe. F: in quanto ai luoghi comuni, val forse la pena di ricord:lre, sia pu,e a un insegnante della Sorbona, che son comuni appunto percht consi– stono in tante verità eterne, radicate nel più pro– fondo dell'anima umana, che sono, c..;econdo le parole dello stesso Baudelaire le « questions les plus gra\'CS et les plu"ì profondes • e pertanto il fondo medesimo, la materia esclush·a di og-ni poesia lirica, come del resto afferma anche il Bru• nel; e, mne~tro del l~uet, il quale egli farebbe bene a imitar meno e legger meglio? E che la granden.'l di ogni poeta consiste nel trasfondere in questi \'Cechi organismi tutta la vita, il fuoco, il moto e i colori e palpiti originali della propria personalità; nell'arricchirli di nuovi significati di nuovi sensi, dei 1rno,·i caratteri che la sua anima ha acquistato in nuo,•e esperienze? Inutile: chi in 0111;1ggioalla scuola attacca 1a poesia non è fatto per capire le parole dell:t verità. ~leglio dunque ,·edere che cosa scappa detto ancora al nostro professore. • Baudelaire - egli scri\'e - est sou,·ent trts mauvais écrivain ». Il perché? si domanda. Ahimè, l'eterno. Baude– lairc, come tutti i grandi artisti, sente intorno a sè e dentro di sé, mista al nusso eurit– mico delle idee e delle immagini, qualche nota urtata, sente come un dh·erbio di sensazioni, una storsione; ,·ede come un lampo ambiguo illuminante. un attimo, una prospettiva d'altri mondi, e poiché un accoppiamento ortodosso, ragionevole, naturale, ordinario di parole non renderebbe la profondità e il carattere irra– gionevoli, straordir.ari della visione innaturale, egli si sforza di suggerire con un urto, con una stortura, con una rissa del ,·erbo, la risonanza ineffabile, lo sprazzo abbacinante che l'ha col– pito. I-la un « frisson nouveau • e lo comunic~, necessariamente, con modi nuovi. Ora è appunto questo che la scienza grammaticale non vuole si faccia. Senonché quando l'accademia arriva a di– sconoscer così i diritti dell'artista, e la natura infi• nitnmente libera, unicamente lirica del linguag– gio, perde nello stesso tempo ogni autorità, e chi, come il signor Faguet 1 la rappresenta, non può più parlare di poesia senza compromettersi per sempre. Attaccando con tali criteri, un artista e un poeta della forza cli Baudelaire, Emile Fa• guet ha mostrato che, malgrado l'intelligenza che molti gli riconoscono, egli non è in fondo se non uno di quei filistei colti che 1 ietszche de– scrive parlando di David Strauss, un uomo fred– do, insensibile, una specie di \'illemain tornato a ,•endicarsi sul grande uomo morto dei giusti vituperi onde questi lo ricopri \'i\'endo. Ma l'illustre critico "'·e\·a pronosticato il nau– fragio dell1opera baudelairiana: « Or, pendant tonte ma jeunesse, je me disais: « 11est par– faitc:111entdigne d'occuper l'attention et d 1 é\'eil– ler l'intt:rèt; mais il ne sun·h·ra pas; c'est l'af– faire d'une gt:nt:ration ». E non sa capacitarsi d'essersi ingannato. « Je me suis trompt: dans 111011 cliagnostic. \'ous ne rne croiriez pn.s si je vous disais que cela ne m'étonne pas un peu. » E per consolarsi spiega l'inatteso successo di una tale poesia con questo ragionamento: e JI leur fout (ai fedeli cli B.] u1l neurasthénique pur et simple et qui exprime sa neurasthénie en \'ers sou,·ent t:nergiques, un homme enfin qui ait bien • le goill ùu néant » et qui n'ail bit:n précise– melll que celui-là. • E la solita scappatoia di chiunque incapace di gustare altro che la zuppa quotidiana, taccia di per\'ersione chi ha un più fine palato del suo. ~la poichi: essa ri:tssume ed è in certo modo la chia"e di volta di tutto l'articolo del nostro, uno di questi fedeli potrebbe anche rispondere : Eh, eh! ottimo immortale! se a,·este potuto com– prendere che la grandezza di Baudclaire consiste invece nell'essersi tuffato, fino a toccarne il fondo, nel gorgo misterioso della \'ila, nell'aver tradotto in forma di bellezza la particolare angoscia dei no– stri tempi, neJl'aver, come Dante l'inferno cat– tolico, visitato e descritto l'inferno dei nostri cuori moderni, coi loro dubbi, con le lor grandi domande senza risposta, con le loro passioni e In loro ironia ; e se nello stesso tempo aveste potuto intra\'eclt!re anche per un :tttimo che « le goùt du néant » non è l'appannaggio dei nen;istt:nici, non sareste stato un cosi cattivo 4i5 proft:ta e oggi non ,·i mera\·iglitre~tc di \·edere ancor \'i\'O uno che non morirà mai. J1 più gran poeta dell:l \·Ostra nazione ! )la \'Oi siete un filisteo colto, professore, un uomo abile, ma in'iensibile n cerh: cose. E il ridicolo \'i punisce. AR1n:,<•o Son-'1c1. L'Edizione Nazionale di Leonardo. 11mini-,tero dcli' Istruzione pubblica, tenace n~lle tradizioni attra"crso il mutare dtgli uoz11i– n1, sta per fare - anzi ha gi;'l fatto - un'altra di quelle sciu:.cheae per le quali vanno famosi ~li annali dello Stato editore : ha nominato 1~1 commissione per pubblicare tutti gli scritti di Leonardo da \'inci. Gli adoratori, parzialissirni, di quel grande e gli studiosi del rinascimento esulteranno Firlal• m ente! Era tempo da\'\'ero. Di questa edizione si par.la in Italia da più di trent'anni - prima c he si f acesse quella di Galileo. Anzi, qualche anno fa, furon messe in bilancio alcune migliaia di lire per cominciarla e no11 si sa bene qu.,I fine abbiano fatta. Era nella co111mi:,sio11e il Bel trami, compt:tentisgimo. Anelò a Roma, si pre– :-;entò al m1111stroe aspettò che la cornmissiont fosse convocata. Aspetta che 1 1 aspetto il mini– stro non se 11' occupò e il Beltrami, .irrabbiato se ne tornò a l\lila110. Poco tempo dopo usciva: presso I loepli, il primo fascicolo ciel Codice Atlantico. Questa \'Olla non s'è chiamato il Beltrami e ~i annunzia che l'edizione sarà compiuta nel 1919. A chi \'Oglion dare ad intenderlo non si sa. L'edizione completa di Leonardo è desiderat:t e desiderabilissima e il Governo, ora ch'è finito Galileo. ha fatto benissimo a pensarc-i subito. l\la per fare un'edizione non bastano i denari : ci \'Ogliono gli uomini e specialmente l'uomo. Pochi sanno, io credo, com'è composta la com– missione. Ecco qua i nomi : Blaserna, presi– dente: A. Venturi, A. Romiti, De Toni, Cer– menat1. Prima cli tutto i nomi s011 troppi : per fare un:t buona edizione, e non soltanto una buona edizione, ci vuole 1111 direttore, un uomo specia– lista e responsabile, che si possa dar tu/lo a quell'impresa. L' edizione galileiana è riuscita magnificamente perché c'era appunto uno come il Favara, preparatissimo, padrone cli fare e di– sfare senza commissioni alle co~tole, e che per vent'anni 11011 ha fatto altro. Nella commissione vinciana non si vede nes• suno che abbia per Leonardo la preparazione e la passione che ave\'a il Favaro per Galileo. Il Bla• serna, non occupato ma )~gato da mille faccende e che deve all'amicizia di l lelmholtz, di llulow e di altri omaccioni berlinesi la fama che la scienza non gli avrebbe mai dato, sara un pre– sidente decorath·o, malgrado la sua estrema pie• colezza, pil) d' inciampo che d'aiuto. Il Romiti è un bravo anatomico di Pisa che non ha mai mostrato una speciale attitudine a decifrare testi difficili ; e il Venturi, elevato dall'altrui pigrizia e tolleranza, al grado di principe degli storici cl' arte italiani, ha ben altro eia fare che starsene a \Vindsor o a l\lilano come la nuova impresa richiede. Gli unici due che si siano accostati a Leonardo sono il botanico De Toni e il deputato Cerme• nati. Quest'ultimo s'è mosso molto nlla Camera insistendo che l'edizione si facesse e non cre– devo che dopo volesse, come privato, guada– gnare con quel che aveva fatto approvare come legislatore. Del resto nè il Cermenati nè il De Toni hanno pubblicato opere importanti su Leo– nardo e nessuno dei due avrebbe preparazione sufficiente per dirigere una pubblicazione che presenta difticoltà d'ogni specie. Come \'a dunque che sono st:lti esclusi pre– cisamente quelli che più hanno fatto per Leo• nardo e per la conosrenza dell'opera sua? l'er– chè non c'è dentro nè il senatort! Beltrami, nè Gustavo Uzielli, nè il Solmi, nè il Cah-i, nè il Piumati! Il Beltrami non è forse uno de' più nntichi e autorevoli leonardisti e non è il fon– datore di quella Raccolta Vinciana che S:lrebbe il laboratorio ideale per l'impresa che si prepara? L' Uzielli non è forse l'autore di quelle Ricer– dte 111 leo11ardo da Viud ~he sono ancora il libro fondamentale per la storia della sua vita e del suo tempo? Il Solmi non è stato colui che per il primo ha anlto il grandissimo merito di rendere famigliari a tutti i pili bei pensieri cli Leonardo e di fare una ricerca metodica sulle fonti della sua cultura? E il Piumati non è forse meritevole cli lode e cli co11:-iclerazione per la sua pratica di manoscritti Vinciani? Nessun manoscritto di Leonardo i: a Roma : perchè dunque su cinque commissari \'i sono tre professori dell' Università di Roma? Leonardo é grande anche come disegnatore e scrittore: perchè accanto a due storici e a tn.: scienziati non \' 1 è un artista o un letterato? Conclusione: bisogna,·a scegliere un uomo solo e dare a lui l'assoluta direzione dell' impresa con la facoltà cli farsi aiutare da chi gli fosse piaciuto. A questo modo l'edizione non si farà mai o si farà lentissimamente e male. Se proprio \'Ole\'an fare la solit<, commissione dalle cinque teste bi– ~ognava almeno scegliere meglio e non dimen– ticare precisamente coloro che più hanno lavo• rato intorno a Leonardo. l giornali hanno detto che la suddetta com– missione potrà ;,ggregarsi, se vorrà, qualche hpe– cittlista. Troppa degnazione ! Sarebbe lo stes~o che dovendo fare una casa si nominasse a di– rigere i lavori un collegio di merciai i quali promettessero pc.:ròd' interrogare a comodo loro gli ingegneri e i capimastri! G10\'ANNI Pj\l'INI. Nd prossù1101111111ero p11bblicliere1110 la Re· !azione morale e finanziaria della Voce nel 191 o e l'Indice per autori 1111111cra11do le pa• gi11ein modo che I' 111d,ce polr.i tsserr rilegalo insiemeall'a1111al11 1910 che si compiecon q,11s/o numero.
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