La Voce - anno II - n. 54 - 22 dicembre 1910

LA VOCE Bollettino bibliografico. GIOSUE CARDUCCI Con questo titolo, un professore siciliano ora– mai pochis~imo misterioso e che firma Fr. Eno– trio Lfldennrda, va pubblicando un'opera in trevo– lumi di circa quattrocento pagine l'uno (ne sono usciti due: il primo presso In « Libreria Internazio– nalc Alberto Rebcr, Palermo » e il secondo, per disaccordo nato frn autore e editore, pres– so G. Pedone-Lauriel Palermo), la quale do– , rebbe, a quel d1e pare, distruggere dalle fonda– menta la reputazione di Giosuè Carducci, uomo e artista. 11 signor L1denarda è insomma con– vinto che il poeta maremmano non fosse altro che un ciarlatano e un imbecille, e per far divi– dere ai suoi lettori questa opinione - legittima in sé come qualunque altra - s'ingegna con di– screta lingua e spigliata di mettere in chiaro tutte le falsit:\, le assurdità e le scioccheue che egli vede ncg:li scritti carclucci,rni, o cnrduccini, com'l-!gli si compiace di scrivere. E sulle prime, specie quando si limita a delle considera,doni ge– nerali sul feticismo e sull'accademismo di certi ,•r:tici, qunli, per esempio, il Chiarini, il Torraca ccc., e sul rettoricismo frequente clello stesso Carducci, fa pensare che la cosa gli riescirà. Se– nonchè, hasta che dalla negazione delle teorie e dei prcgiudi.ti egli passi all'affermazione e alla proclamazione di ciò ch'egli intende per poesia, f' arte in generale, per far subito dubitare della sua competenza e- del suo diritto di critico giu– Miziere e iconoclasta. E questo dubbio si tra– :-.forma poi in certezza evidente incrollabile del contrario, quando, fatto ancor:1 un passo, il no'stro libellbta, pigliando a una una le composi.tioni del « Sommo », come lo chiama ironicamente, le annlizz:1, frase per frase, parola per parola, e pre– tende mostrnrne i difetti, l'illogicità e la brut– tezza. Ah l qui, poi l'asino casca cl:wvero I Eco– me t Lo scolasticismo, l'incongruenza, la buag– gine, In malafede, la pedanteria, il cattivo gusto rimpro~erati a voce tanto alta agli altri e al poeta, ripiombano come una pioggia di tegoli sulla te– sta elci critico e lo spiaccicano. Il signor Lade– narcla non sa analizzare un verso senza cadere in q uniche :-.vista grossolana, non fa un appunto rhe 11011 :.ia falso e pedestre, non denunzia una lnidezza senza mostrare di non aver capito nulla cli ciò che biasima, non distingue, come dice– va il Sacchetti, i baccelli da' paternostri. (n breve, non ne imbrocca una e per ribattere le sue gagliolTerie ci vorrebbero due libri per cia– scuno dei suoi. Bnsterà un esempio per mostrare la miseria e In sfacciataggine di une t:1lc critica. Enotrio Ladcnarda dopo aver frainteso e, frain– tendendo, deriso l'ode: lo « Scoglio di Quarto» (non bella, certo, ma per ragioni ben differenti eia quelle che adduce) si butta su quella: « Presso l'urna di P. B. Shelley », e sempre spropositando, senza comprendere le cose più ov,•ie : che, per esempi•>, l'isola delle belle, degli amori e degli eroi é il regno fantastico della grande poesia, e che Elena e lsolla, Sigfrido e Achille, Cordelia e Antigone, vi son riuniti per suggerire I' idea dell'identicità essenziale fra arte del nord e arte del sud, fra arte classica e arte romantica (Shel– ley non è pure classico insieme e romantico?) Enotrio Ladenarda, dico, arriva a questo - pigliamo u11a parola che predilige - cambie. Egli sbeffeggia il quindicesimo e il sedicesimo cli• stico dell'ode. « li sole è tramontato ed è sorta la luna. È l'ora di turno di Maria Stuarda e di Clitennest ra, le quali se ne stanno chine sulla riva del 111are di fantasia [è lui che sottolinea - sempre) al lume di Sil~ne [sic) e tulle e due luffano le bianche braccia in mare; e il mare rifugge 1non si sa da che cosa rifuggal gonfio cli sangue fervido. A questo rifuggire del mare le due misere fanno echeggiare lo scoglioso lido del loro pianto : Con I• regin• ICOIIIsul lido nel lume di luna ,ta Cli1e1111u1ro : 1uffan le bianche braccia in mare, e il mar rifugge gonfio di ungue (ervido: il pianto delle misere echeggia per lo scoglioso lido. Che belle infelici! Il bel guadagno ch'esse traggo110 da cotesta stupid:l fa11tasia del << Som– mo » ! E poi, che bella coppia i\larin Stuarda e Clitennestra ! L'uua innocente vittima dell 'invicl::1 e gelosa Elisabetta, l'altra uxoricida e giustnmente uccisa eia Oreste. i\lari.1 immerge le braccia nel mare, forse, per rinfrescarsele; Clitennestra ,,e le immerge, certo, per detergerle del sangue del tradito consorte. - Che il mare rifugga dalle braccia insanguinate di Clitennestra si può c:1- pire: ma perchè dev'esso rifuggire eia quelle di Maria Stuarda? Oh! Splendida, neh ?, la fantasia del •Sommo!» Oh! Enorme, neh? - diremo noi - l'igno– r:111zadi n:rti stroncatori che non ~ 'acrorgono che la « regina scota » non è :\lnria Stuarda ma Lncly Macbeth ! E che sui loro strafalcioni fm!– dano le tirate scempie contro i poeti ! E tutta la critica di questo boia palermitano è cosi sagace e attendibile. Per una. pulce che piglia si disonora sette volte. Nit! parlo della "iua in'ic11,ibilità per ciò che è colore, immagine, armonia, mistero mu,icale e poctit'o. L'ho gii.l eletto: ci ,·orrebbero parecchi ,·olumi e bi-.. ogne– n.·bbe citare i suoi per intero. Onde, Gio,uè Carducci esce cli fra le 'i\lCmani piil ,·i,·o l-! più ,·egeto <li prima. E non e ~iu– 'itO. Perchl·, senzn condividere la bestiale idt'a che di que..,to poeta si fa il suo ;ircusatorc, si può benissimo sustcncrc e provare che lh.'it 1 sua opera molto e molto è da rigetta.re comt fal~o, fitti.tio, declnmatorio, e letterario : che rome critico, per esempio valeva poco o nulla e fu perriù inutile e magari nocivo; che rnnto ./m•enilia quanto l.evia ,1rra·1.1ia e Ciambi rd h"podi son libri nulli : ~he appena quattro o c-i11- que delle sue prose e una \'entinn delle -.uc poesie, oltre i sonetti ça ira, sono belle in tulio e per tutto (ma queste prose e poesie, intendia– moci, capaci di far tremar d'entusia..,mo, di mo– ,trar lampante la grnn<lczza <li un uomo e, per• tanto, clegne di passare alla posteritll); e che infine la sua fonrn va e sarà cimata parecchio in avve– nire. Ma pPr far <1uesto bisognerebbe mettersi in campo con altri criteri, con altro :1cume, con un altro senso artistico e intuitivo che non :-.ia11 quelli clell'infelicc l.adenarcla., il quale non a\'e11do in\'eC'e n sua dio::posi,ione se non sicumera, il{no– rnnza, pccla11tcria, laai ambigui, improperi da fornaia e, nel miglior caso, grnmmaticn, 11011 potrà riuscir mai che a far parer buono, per contra,;;to, anche il cattivo della sua \'ittima, n far rider di sè e a diSKUStare alla fine. Oh I che non ha egli pensato, prima di ac– cinger!-.i a 1111' impresa tanto pericoloc:a, a quc• ste parole cli Baudelaire: « Unn ..,,roncatura fai. lita è un ne-ridente cleplore,·olc; è una freccia che si rh·olta o per lo meno vi scortica la mano partendo, una palla il cui ristorno può ut'C'i– der\'i • ! Non sarelJhe morto. Se, tutta\'ia ,certi suicidi posson dirsi un male! ARDENGO S0F1:1c1. CRITICA E APOLOGIA P11rnR1<: llATll.'f,.AL. Orpheus e/ !'l!Ì 1 a111[ile. (Pa– ris, Lecoffre, 1910). Dell' « Orpl,eus, lu'sloire g-énérale des religions» di Salomone ReinHch si è parlato abbastanza anche in Italia, sicché non è il caso di tornarci sopra a lungo. Basta ricordare, su per giù, le principali critiche mosse all'autore dell'ele– gante manualetto: 1. Definizione insufficiente, erronea, della religione (complesso di scru• poli, cli labu) 2. Utilizzazioni ingiustiticate ed anti-scientifiche della teoria totemistica app:i– cata alle origini religiose. 3. Applicazione siste– matica ccl esagerata dd criterio mitologico alla storia delle origini cristiane. 4. Un cumolo cli errori, di arlermazioni gratuite, di frasi ,·uote, e di tirate rettoriche cli antica nostra conoscenza, sparse in tutto il volume. I critici indipendenti hanno gi:\ giudicato e condannato « Orpheus » con impressionante unanimità; il che, natural– mente, non impedirà al libro di a\'ere un'ecce– zionale fortuna, specie nella nostra cara patria. Gli apologisti cnttolici, turbati dal pensiero del male che può fare questo libro (ed ha11110 ragio11e) si sono, d'altra parte, rallegrati non poco, osser\'ando la quantità delle c, itiche par– tite precisamente dal campo cosl detto razio nnlistico: un'ampia messe, in cui non c'era che da mietere, per rintuzzare la temerità dello scrit~ tore francese. Un buon tradizionalista deve sen– tire una certa voluttà a combattere il Reinach con argomenti dello JUlicher, del \\'eiss, o ciel Lois) ; gi~\, ~mche Lo1sy contro Reinach. Che il regno di Satana si divida e sia prossima la ro– \'ina? Inoltre, ogni colpo portato alla teologia laica e giacobina del Reinach, e una buona rnc• comanda1ione per la teologia tradizio1ldle catto– lica. Al pubblico piacciono tanto i sistemi ma5· sicci, completi, ben ben chiusi, dove tutto è classificnto che non si può sbagliare; e invece non gli pincciono niente i critici, sempre club· biosi, e le loro « ipotesi di lavoro » che si mo– dificano continuamente, con evidente danno di quell:, saldezza di opinioni, di quella pace inte– riore che si COl1\'it:11c agli uomini 'iaggi e ordi– nati. l11 fondo, - suggeriscono dolcemente gli apologisti - se questi ci:,rloni di critici non sanno che attaccar briga fra di loro, vuol dire che la ,•ccchia e venerabile tradizione è ancora ciò che v'è di pit\ hicuro. R~inach ha torto? ma allora, probabilmente Bossuet ha ragione. Un onimo contributo a questa apologetica fio– rita in seguito allo scritto del Reinach, è il libro ciel B:ttifl0I di cui parliamo. Dico ottimo senza ironia: perchè )fons. Bntiffol è uno studioso d'm– discussa fama, ed • Orpheu5 et l'Evangile • ri– marn\ probal>ilmente il contravveleno più ener· gico ed enicace che i cattolici abbiano oppoMo al velenoso « Orpheus •· Si 1ra11a di 0110 le,ioni tenute a \'ersailles nel Gennaio e udi' Aprile 1910 a u11 cor-.;olocale di insegnnmento superiore di religione. Bibloteca Gino Bianco . Pubblicamlole l'autore ,·i aggiunhe molte note n(crent1s1 '!- quella pane dcli' • Orr,heus -. di Sa– lomone R_eu~~chche parla delle origini crbliane; e. ad og_m p1~ sospinto tro,·iamo qualche rettifica di erron od 111esa.ttezze più o meno scandalose. Ne~ .C?rpo del libro poi, l'a. confuta con erudita fac1l1ta certe affermazioni categoriche del Rei• nach_ che contraddicono l'opinione dominante degli ~pecialis!i, ~' quin_di, son fuori di posto in un !na~rnale d, d1vulgaz1one. Cosi nd e!'>empio ii..• 11s;lenz}? di Flavio Giu~eppe (lez. I) nè I~ fav?le del I almud (lez. 11) sono un argomento s~•r!o contr~ la ~toricità <~i (?esl\ ; non par pos- 1i1~1le_ eh~ San I nolo abbia ignorato gli ep1~odii pnnc1pah della \'ita del )laestro lez. I\" ; i \"an– g~h ha!""! un valore ~•orico (lez. \"I e \'Ili); i d1scor:,1 d1 Gesù possiedono i camtteri clell'au– ~enti~ità (le~. \'I I). - In generale, ',tnza criticare il Rernacl~ m nome dell'ortodossia - sarebbe stato un'ingenuità - egli si limita a richiamarlo sul h:rreno dei risultati pil) concordemente am– m~s,i dalla critica inrtipendente. S_i_può chiedc.rsi se, dato que~to criterio, il Ba111lolnon ecceda qua e là n\!lla severità : p. es. prendendo a partito l'autore cl'« Orpheus » per aver negato a San Lucn In paternità del erzo \'angelo e degli Atti. Probabilmente il R~mach non anà ,·agliato in persona la que. st1one: ma, nppunto per ciò, ha fatto il do\'er s1_10 ~111a volta_ t:uno ! - attenendosi all'opi– n.101\e pn\ accreditata, e cioè negando l 1 auribu– z1one canonica. Batiflol misura ancora l'arditezza cli una tesi riferendola alla tradizione ecclesiasti• ca: ardite quelle che la contraddicono prudenti le consenzienti. E, invece, ci son cert~ tesi pro– rnulgate magari dall'odierna Commissione Biblica le quali passano, in critica, per eccezionalment~ ardiw. Temerario, p. es., chi difendesse l'unito\ cli Isaia; rivoluzionario addirittura chi si schie– rasse per l'autenticità rnosnica del Pentateuco. 111simil modo, l'attribuire a Luca gli Atti e il terz? \'angelo è una arditezza che può 1>ermet– ters1 un I larnack ; ma i compilatori cli manuali ~ehbono andar più guardinghi, e stare all'an– tico. A proposi10 del quale Ilarnack : il Batiffoll fa ~i capisce, un gran caso del Lukas der Ar:I. Chi ~onosce la criticn del libro degli Atti sa come 11. lavoro cieli 'l larnack sia com1>0sto, per co~l dire, a lato de!la questione essenziale: e cioè le <.:Onlraddizioni fra Atti ed Epistole paoline· co11- tra~ldizio1_1i. non di ~ettagli ma di elementi• capi– tnli, qual) 1 rapporti fr;, Paolo e gli apostoli, fra le c-omumt:\ elleno-cristiane e le giudaizzanti. Di queste cose, il conferenziere n<'n ha natural– mente, intra1tenuto gli ascoltatori : ror'se le an– noverò fra le minuzie in cui è meglio 11011eu– trnre, « parce que la certitude que vous e11 reti reriez serait bien miike » (p. 136), Non è il caso qui di sfondare porte aperte ricriticando, attraverso il Batiffol, l'J larnack. ~li limiterò n notare che B. calca oltre misura il tema della spontaneità cd originalità dei discorsi degli Atti. Chi ha gustato nelle Epistole di Pnolo la foga irruente delle idee, la vi\lacità, la libertà delle fra,;;i, il ritorno energico ed ostinato sulle a0'er– mazioni anti-legalistiche, non esita a giudicare per quel che \':tlgono le scialbe parlate dell 'A– postolo negli Atti, programmatiche, schematiche, artificiali e spesso, come nei discorsi di difesa contro i Giudei nell'ultima parte, quasi riprove– voli per fiacchezza e duplicit,\. L'unico perso– nal{gio veramente paolino è Pietro i che si pro– clama destiuato, lui, fra gli apostoli, a conver– tire i Gentili (cfr. la lellera ai Calali!) e porla correntemente, come fossero idee sut\ della giu– stificazione per la fede, dell' im1>0ssibilità di sop– portare il giogo della legge, e della salute co– mune di Giudei ed Elleni soltanto ò,¼ -nt;- 'l_6..p1ro; 'foti '111'p,ov h1i,0U (Atti XV 7-11). Meno mnle che vien riconosciuta a Luca una certa « plasticité de composition »! (pag. 147). So che non è di buon gusto cercare il pel nell'uovo agli apologisti. Ma qui l'apologbta è uno studioso di grido, il quale va criticando con fare ironico e compassionevole il metodo di un altro i lecito ecl istrutti\lO quindi, di cercare se non gli è applicabile per avventura il biblico media rura Leipsum. Il metodo cieli' « Qrpheus • è ,·ero, non è raccomandabile i ma crede il Ua– tiOòl che il suo sia molto migliore ? Crede che sia cli buon metodo giuocare alla palla con frasi e mo.tziconi di se11tenze dei critici, opponendole le une alle altre, e, dalla contraddizione, coi~– cludendo alla verità della tesi tradizionale? E logico che Jfilicher, 1larnack, \\'ernie e com1>a– gnia, uomini prudenti ed autorevolissimi finché servono a combattere « Orpheus • \'engano ab– bandonati appena che contraddicono d'un iota la tradizione? - Perchè lasciar cadere, quando torna comodo, i punti essenziali degli argomen– ti? Perchè, dopo aver parlato a lungo dell'au– tenticità delle parabole, non vien posta la do– mancia: qual'era lo scopo del1 1 insegnamento parnbolico? Ma se in ciò sta il problema capi– tale ! - È ammissibile che uno studioso il quale mo~tra cli procedere con tanto di \Vernle alla mano scriva di questa roba : ciò che importa a.I critico è cli accertare la veridicità degli evan– gelisti, mentre « il est secondaire que l'exegéte ait quelque peine parfoit ou parroit encure et pro,·isoirement renonce - à harmoniser le~ é– nonc~s cles é,·angélistes »? Ma se I' impos'.')iUi– lità di nrmonizzare i \'angeli è proprio 1 rno dei punti di partenza delle soluzioni tipo \\'ernie del problema sinottico ! i\la se le disarmonie dei brani evangelici costituiscono per l'appunto un criterio per giudicare della loro veridicità! Per conto mio, conresso che la posizione di llatiflol e cli altri studiosi della • Revue Bibli– que » cli fronte al problema sinottico mi riesce incomprensibile. Ed ecco perchè. Nella lezione sui Vangeli (p. 153) egli professa di adollare, circa il problema letterario dei sinottici, le ve– clu1e es1>resse nella Sy11optisck, Froge del Wer: nle. Li111itiamociJ per brevità, a considerare 1 rapporti fra Marco e Luca. Fonti di Luca sono i\larco e i Logia, per la parte comune con J\lat– teo : per la parte speciale a Luca, esamin:lla dal B. a p. 183-189, un'altra gruppo di fonti. F'uo~ di queste, nessun altra-fonte è ammessa, e s1 capisce: l'ipotesi a cui egli aderisce non le com– porta. ~la ci sono certi passi, comuni a ~!arco e a Luca, in cui il secondo ha portato d1.;1mu– tamenti sostanziali. Per citarne alcuni : nel di– scorso apocalittico secondo )larco, segno dcl~a fine è il I ~ò,Jv- 1 p.:c ':"1;;- •F~"•m,1~ ereuo nel tempi~ (Mc. Xlii ql, ,ecoudo Luca, ~I. passo ~orn– spondente, il segno è dat? <!alia"i~ed10.d1 <?e– rusalemme (Le. XXI 20); 11cieco d, Genco nen guarito, secondo ~!arco, (X 46/ dopo la par1enza dalla città, sulla via di Gerusalemme, secondo 471 Luca .. (XVIII, 35J prima dell'arrivo a Gerico· la ~ 1:-.Ha eh Gesù a ="azaret, con esito t~u1to in– foh~·t, t! coll<;>eatada )larco (\"I 1-6 ùolx, un ~enod<> relau,·amente lungo di mìni:,lero 111 Ga– !11~••secondo Luca (I\' 6-29) precisamen1c agli 1~11211 del medesimo. Una delle due: o Luca ha run~neggi~to )!arco pei suoi fini, con scapito delln ,·entà storica, come nell'episodio di Nnz.aret · o gli episodii in questione sono accaduti due \'Ol~e· Gestì _è il1_,dalodue ."ohe a Nazarel, h.. , guarito due c1ecl11,e, nel discorso apocalittico, ha (lato come. segno della ~ne del mondo tanto la pro– fa1rnz1one del tempio quanto l'assedio cli Geru– ~~llemme. Nel q.ual caso, siccome quPsti <loppii 111 ;\larco non c1 sono, e neppure nei Logia, e neppure nell'altro gruppo di fonti, come !:ii ri lcvn <1,t!l\~sposizione stessa cld Batiffol. Luca deve a,·er avuto almeno una quan1 Conte e l'i– potesi <ld \\'ernie, svolta dal B. a p. 153-101, se ne va. La prima delle alternati,·e è contraria alla dot– trina canonica clell' ispirazione a cui il H. pro• fessa ogni dieci pagine incondizionata ade~1one - ~ ,,;;egnatamente t! contrnr!a ni pnragrafi XI e XI\ del decreto Lam,11/at,, 3 luglio 1907. L ... , ,cconda è incomp.:tibile coll' ipote!)i critica a ~ui_e~li ~ '..1ccosta e colla e!:iposizione :-.tessa. cluan..,..,,ma, che egli ne fa, proprio in questo li– l>_ro.- !-'enigmn è interessante, ma purtrop1>0 rnn;trrà insoluto. A. DI SoKAGNA. LA FORTUNA DEL DOSSI 1 l"n solitario .e .un _incompreso fino dalla pri– m o~a ?~ Non cl1re1.R1c~rda_nel suo elogio fune• l>re 1I Cattò ( In memoria d1 Carlo Al6t>rtoPisani /~ossi, C'_or,:ie,:t• det Jlfallino, gior-ua/e della 1_,m 1 111_r!a d,_ Com'!~ 27 novembre 1910) come ai g10, en1h suoi ~aggi che già presentavansi con ca– ratteri di sceltezza indulgesse la profonda malizia <.h 1\lt!>sandro Manzoni; e cieli' interessamento dehtalo fra critici e letterati lombardi dall'Al– lr'ieri e dalla Vita d'Alberto Pisani di tra il •~s è il '75, G. P. Lucini reca nelle 1 diligentis– s1rnc note prt:J>0ste ai singoli scritti che com– pongono il I e il II volume delle Op,r, ciel Dossi (Tre,•es, 1910-11) molte e varie testimo– ni~nzc. Alle quali è da aggiungere un consi• glio del buon J\larenco, a proposito cli alcuni bonctti di Corde d' indliosh·o : « Permettn - l'Aut_orc - che 10 gli dica schietto non pa• rerm1 questa che corre la buona via per acqui• stare la facilità di dire le cose semplici e vere co!~ ~e,11plicità cli sent_imento e di forma, pro• pm ) 4 11110 e l'altro, evidenti. C'è del ricercato, dello studiato e leccato. Badi a non prov,'lre troppo ch'egli apre dizionarii e archivi a que• stu;1 d1 \'OCaboli e di modi » (la Palestra /elle~ rnria, a. 11, f. 2). Cosi ammonh•ano i vecchi e i timidi. Contro costoro, rappresentanti di un 8UM0 temperato e moderato che dopo la morte del Manzoni do,·e,•a dirsi apertamente ma con scan,a legittimità manzoniano, bastavano le d1• rc~e di Eugenio Camerini, uso a scoprire ben altre biuarrie e sottigliezze in certi suoi predi– letti cinquecentisti, e del pre,Konrourti.sta Felice Cameroni. Patrono il Rovani, il Oos.ii trovava fin d'allora in Primo Levi (Carlo Dossi e i suo, llbrl, considerazioni bibliograficer-sociali di L. Luigi Primo, )lilano, 1873} un commentatore fedele. Nè mancarongli in quegli anni gli imi– tatori, quand'anche i motivi della sua arte, per– fettamente svolti, non sembrassero tali da pro– vocarli. Quella sua forma concentrata, quella • ingegnosa oscurità » di stile rispondevano a una tradizione lombarda, come lombardo era quel suo buon senso che irride a sè stesso. Chi si farà a raccogliere di tra i molti abbozzi e le memorie di storia e di statistica in un volu– metto amori et do/on· sacrum - le prose propriamente letterarie di Cesare Correnti rive• lerà 1111 maestro del Dossi : un miscuglio di spontaneità e di artificio, di parole veccl1ie e nuove ; predilezioni da antiquario e ribellioni av,•cniristicbe ; puerile stupore e nostalgie di un sopra,•vissuto: simili in tutto certi moti di affetto e di stile. 1~ da dubitare che verso I' So, ai tempi della Riforma e della Bi:a11/i11a, gli scritti del Dossi, passati da tirature aristocratiche alle mille o duemila copie di Sommaruga, trovassero larga accoglienza e comprensione critica. La predo• minanza del Carducci e della scu,ola verl$tica siciliana impedivano, se! non di avvertire. di gu• stare a fondo un';1rte schiva di contatti col gran pubblico e che personalissima pel contenuto non pote,•a propagarsi per larghi cerchi di sen- 1imen1i. Edoardo Scarfoglio, discorrendo della Colonia I-è/ice, chiudeva cosi: « .. \.io stesso, che ho una grandissima ammirazione per l' in– gegno e 1>er la coltura di Carlo Dossi, che lo propongo come esempio di serietà di propositi e di fanatico amore per l'arte ai molti faccen· dieri della moderna novellistica itali.ana, io stes• so, se si proponesse per lui l'ostracismo dalla presente attività del romanzo, voterei per l'o• stracismo » (IL li6ro di Do1t Chi.scio/le, 1885 1 p. 163}. Meno dominata da immediate inten• zioni artistiche e più liberale secondo la ltadi– zione desanctisiana era la critica di L\,ligi Ca– puana : • (I libri del Dossi] non posse~gono nessuna delle qualità per riuscire gradite al maggior numero dei lettori ; ne hanno molte da urtare, da irritare il gusto corretto, severo, meticoloso di coloro che amano nell'opera d'arte l'equilibrio, l'armonia, la perfetta corrispondenza dtd concetto e della forma in guisa che non si poss:t far distinzione tra (orum e concetto. Ri– marranno una curiosità arli.stica, ma una cu.rio– sità di gran valore. Ed io, dal canto mio, non nascondo la mia simpatia pel Dossi, quantun– que non sia disposto ad imitarlo, quantunque non consigli ad altri di seguirne I' esempio. Bado ad una sola cosa : ali 'efficacia delle im• pressioni che mi produce. Insomma lQ prendo com'è e confesso che mi turba, che mi com– move ; confesso cht!, appena vinta la prima ripugnanza, lo accompagno ora con diletto, orn con ammirazione, indifferente mai » (Studi sulla /elleralura eonlemporanea, Seconda serie, 1882, pp. 67-6S). Il Dossi si rendeva ben co1110delle ragioni di questo suo isolamento, del resto de– siderato. Sentimentalmente estraneo alla vita letteraria romana, gli articoli ch'egli pubblicò nella Riforma poco o nulla ritraggono deJ mo– mento in cui furono scritti. Ormai egli viveva di ricordi, e ricordi coloriti di passione sono puranco Cli Anwri. Recensendo i quali a,·-

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