La Voce - anno II - n. 53 - 15 dicembre 1910
che io chiamerei saturazione culturale e sociale, e ch'è la premessa necessaria della pace, della convivenza tranquilla. Gli slavi particolarmente, che premono da tutte le parti gl' italiani della Venezia Giulia, nrnovono, appoggiati dal Go– vtrno che subisce violenza o patteggia colla loro .superiorità numerica, alla conquista di posizioni che rendano possibile il consolidamento della loro nascente cultura. Questa conquista avviene a spese degli italiani, a spese della loro lingua, <lella loro ...:ollllrn, ciel loro patrimonio. ln queste condizioni rinasce l'irredentismo, poichè C ovvio il ragionamento che tanto più .agevole sarebbe la difesa delle no~tre posizioni, diciamo pure della nostra esistenza, quando noi vivessimo in un organismo nazionalmente uni• forme, italiano (1), e non avessimo contro di noi, oltre l'avversario nazionale anelante per le \'ie fatali, anche l 1 accondiscendenza e qualche •volta la complicilà del governo. Se il governo austriaco, i,wece. potesse arre– stare la marcia slava, favorire o per lo meno render completa giustizia all'elemento italia110 1 anche questa ragione d'irredentismo scemerebbe di vigore. E molti uolllini politici delle provin– ,cie italiane soggette ali' Austria hanno propu• gnato e propugnano \' intesa cordiale col gover– no austriaco per indurlo a seguir parte italiana invece che parte slava. Ma si può essere pacifisti sino all'utopia e quinrli immaginare non lontano l'avvento di un'era cli pace, nella quale si fon• deranno i cannoni per erigere statue alla libertà -comune di tutti i popoli ; è molto più diAicile pensare che l'Austria possa mutare l'orienta• mento della sua politica interna. Essa ha covato nel suv seq_o il serpe dello slavismo; le occor– .rt.rebbe la forza di Ercole per strozzarlo. Nella contesa più aspra fra slavi e tedeschi, .gl' italiani attaccati da c1uelli in Istria, da questi nel Trentino, non possono assumere atteggia– .menti risoluti e risolutivi. Molti pensano che ,invece di fare da terzi che godono, saranno sof• focati e sacrificati a beneficio dei contendenti. Riassumendo, l'ordine del giorno di Arcan– gelo Ghisleri non cava un ragno dal muro e -confonde, come sogliono fare i pl;1tonici, cose n1olto diverse. L'irredentismo, come nasce dal sapersi minoranza nazionale in conflitto con razze di cultura diflerente di colore e di grado e dal– l'essere aggregati a uno stato che domani po– trebbe tentare di demolire la scaturigine della nostra vita culturale, è ànzitutto un sentimento. Praticamente, ne può derivare, anche per gli .atteggiamenti del governo austriaco, tanto I' irre• dentismo politico quanto altri programmi, utopi– stici o positivi. Di questi programmi io credo che altri, in questo stesso numero della Voce, vorranno oc– ,cuparsi con maggior competenza ; come altri certo si occuperà di quello che chiamerei irre• dentismo d'esaltazione. UN TEORICO. IDEE O. 11\azzlol. L' Europa futura .... avrà un 1 Itali~ che si esten· .derà daW estremo lembo della Sicilia al cerchio ;.dell' Alpi e a Trieste. (Lettere slave, 1857). • A voi, uom1111nati in Italia, Dio assegnava, .quasi prediligendovi, la Patria meglio definita d'Europa. In altre terre segnate con limiti più incerti o interrotti, possono insorgere questioni -che il voto pacifico di tutti scioglierà un giorno, ma che hanno costato e costeranno forse ancora lagrirne e sangue; ~ulla nostra no. Dio v'ha steso intorno linee di confini sublimi, innegabili: da un lato i più alti monti d'Europa, !'Alpi, dal– J'altro il Mare, l'immenso Mare. Aprite un com• passo, collocate una punta al nord d' Italia, su Parma, appuntate l'altra agli sbocchi del Varo e segnate con essa, nella direzione delle Alpi, un semicerchio: quella punta che andrà, compito il semicerchio, a cadere sugli sbocchi dell' Isonzo, ..avrà segnato la, frontiera che Dio vi clava>>. (Doveri dell'uomo, 186o), La religione italiana di Dante è la mia e do– vrebbe esser quella di tutti noi. Le Alpi Giulie -son nostre come le Carniche delle quali sono ap– pendice. Il litorale istriano è la parte orientale, il compimento del litorale veneto. Nostro é l'alto Friuli. Per condizioni etnografiche, politiche, commerciali, nostra è l'Istria: necessaria all'Ita• lia come sono necessari i p0rti della Dalmazia .agli Slavi meridionali_. . 1 ostra è Trieste; no~tr_a è Postoina e la Cars.1a, or sottoposta a111mm1 strativamente a Lubiana. Da J\luverio a Napo• leone, daW« Utraeque (Venezié: e lst.ria) p,~o 1111a provincia. /1abe11!11,r, » di Paolo l?iaco_no, ali~ « due gra11 111onlag11e dividono I' /talla dai har/Jan, .f1111a addimandala Afonie Calvera, l'atlra Afonie A/aggiore 11omi11ala » di Le_andr?. Le~ndri, geo– grafi, storici, uomini politi~1 e ~11ln~n _as~egnava all'Italia i confini aceennatl dr\ll Alhgh1en e con• (I) Jrredenti11e ,ono quindi od erano anche singole unità te• -dcschc e slave (tedeschi e slavi della lloemia: crcnti , nel sen,o sucspo,to. Ma quelle nationalità che non possono trar vantaggio ,dalla disgregazione del! impero perchè non hanno a chi natural– mcctc addouarsi e sono per sè troppo deboli. iono dinnstiche e .leali. LA VOCE fermati_ d~l!e. tradizioni e dalla favella. Ma, se an 1 c_he.' d_inll1 e do,·eri fossero or poca cosa Per g! 1talian1, perchè dimenticherebbero l'utile e la d1fer.a? Dai passi deJll alto Friuli scesero nel 1848 le forze che ci sconfissero in Lombardia e isolarono \'enezia. .E l'Istria é la chiave della nostra frontiera orientale, la porta d' Italia dal lato dell'Adria• tico,. il ponte che è fra noi, gli Ungaresi e gli Slav~.. Abba,~donandola, quei popoli rimangono n~m1c1 n?stn; avendola, sono sottratti ali' eser– cno nemico e alleati nel nostro. Nostro! se mai terrn italiana fu nostra t il Trentino: nostro fino al di là di Brunopoli' alla cinta clel_l'A!pi Retiche. Là sono le Alpi in~erne o prealpi ; e nostre sono le acque che ne di– scendono a versarsi, da un lato nel!' Adige, clall'altr? nell' Adda, nell' Oglio, nel Chiese, e tutte poi nel Po t nel Golfo \'eneto. E la na• tura, gli ulivi, gli agrumi 1 le frutta meridionali, la temperatura ~ contrasto culla valle dell' lnn, parlano a noi e al viaggiatore straniero d'Italia: ricordano la X;oRegione italica della geografia romana d' A,1gusto. E italiane vi sono le trt,cli• zioni, le civili abi1udini : italiane lt: relazioni economiche: italiane la linee naturali ciel si::.tema di. comunicazioni: e italiana ~ la lingua; su 500 mila abilanti, soli 100 1 000 sono di stirpe telllo• nica, 11011 compatti e facili a italianizzarsi. l\la se ~nche foste, o italiani, incapaci di sentire il vin– colo nazionale d' amore che annoda le nostre terre con quelJ~ 246 miglia quadrate giacente di qu2 dall'Alpi. -. . . . . . . , . . rn:(n dimenticate che monti. fiumi. valli, cli quelle 1 ealpi sino al lago cli Garda, formano un vaslO c mpo trincerato dalla n,nura, chiave del bacino del ;,- che l'alto Adige taglia tutte le comunicazioni tr~ ..il nemico e noi, e ad essere sicuri bisogna averlo; --=--.chementre il ne– mico, i·iovandosi cieli' Istria e dei'passi dell'alto Friuli eia noi concessi, opererebbe a oi:_ientesul Veneto, gli rimarrebbe aperla l'invasione a or– cide,ne pel passo di Colfreclo, per la valle cPA pezzo e per quella d' Agordo; che tutte le grandi a'tltorità m!litari, fino a Napoleonè, statuirono unica valida frontiera aJll Itali a esser quella se• gnata dalla natura sui vertici che separano le acque del i\lar Nero e quelle del seno Adriatico. Accettando voi dunque, o italiani, la pace che s'è minacciata, non solamente porr~ste un sug– gPIIO di \'Crgogna sulla fronte della Nazione - non solamente tradireste vil111~1te i nostri fra– telli cieli' Istria, del Friuli e del Trentino - non solcmente tronchereste p~r lunghi anni ogni de– gno futuro ali' Italia condannandovi ad essere potenza di terzo rango i~1Europa - non sola– mente perdereste ogni fiducia di popoli, ogni influenza iniziatrice con essi ; - ma sospendP– reste voi stessi sulla vostra testa la spada di Damocle dell'invasione straniera. E questa Sl=)ada di Damocle significa per voi impossibilitii di scioglitre o di scemare l' eserdto; importa im• possibiltà d 'economie, incertezza dJ·C)gnicosa, as– senza d'ogni fiducia per parte dei capitalisti e d'ogni pacifico sicuro sviluppo di vita industriale, diminuizione progressiva di credito, accresci– mento progressivo di disavanzo, impossibilità df rimedi, rovina econqmica e fallimento: importa <lacchè non tutti fra noi si rassegneranno - agi• tazione crescente, perenne.: discordia più che mai accanita di parti, guerra civile in un tempo più o meno remoto, ma inevitabile. (la Pace, 1866). L' Istria t nostra. i\la da Fiume, lungo la sponda orientale-dell'Adriatico, scende una zona sulla quale, tra le reliquie delle nostre colonie, predomina l'elemento slavo. E questa zona che sulla ri,,a adriaticn abbraccia. oltrepassando Cat– taro, la Dalmazia e la Regione ì\lontenegrina, si stende. sui due lati ddla catena del Balkan, verso Oriente fino al ì\'lar Nero, risalendo nella direzione settentrionale attraverso il Danubio e la Drava all'Ungheria ch'essa invade aumentando d 1 anno in anno in proporzione più rapida di quella dcll't::lemento Magyaro. Dell'agita.zione slava: del moto crescente ne– gli ultimi cinquant' anni che a_ffatica le p~p~la: zioni delle due zone e le sospmge a cost1tu1rs1 nazioni, dovremo parlare più volte e additare le immense conseguenze del fatto di una vasta fa. miglia umana, muta sinora e senza vita propria costituita e ordinata, chiedente oggi, come la famiglia teutonica sul perire del PolitP.ismo, di– ritto di parola e di comunione coll'altre famiglie europee. ~la possiamo intanto affermare che per quanti hanno studiato con occhio attento e pro• fondo quel moto, il suo non lontano successo è certezza. Non si tratta più d'impedirlo o dissi– mularlo, ma di dirigerlo al meglio e di trarne, allontananclone i pericoli, le conseguenze più fa– vorevoli al progresso europeo. Il moto delle razze slave che salutato e aiutato come fatto provvidenziale 1 de~·e rin~i?~anire. di nuovi im– pulsi e d' elementi d' att1vlla la. vita europea e preparare, ampliandolo, il campo a.Ila ~r~sfo:• mazione religiosa e sociale, fatta ogg11na1 11~ev1• tabile, può, se avver~to, abbanclonato o sviato, costare all'Europa 1 vent'anni di crisi tremenda e di sangue. . E i pericoli sQmmano in. uno : che Il moto ascendente sla,·O del mezzogiorno e del nor;d cerchi il proprio trionfo negli aiuti russi e con– ceda allo Zar l::t. direzione delle proprie forze. Avremmo in quel caso un gigantesco tentativo per far rosacea I' Europa, una lunga e feroce bat: taglia a prò d'ogni autorit3 dispotic~ C?r~tro.ogm liberti conquistata, una nuova era cli m1lnans1110, il principio di 11azio11atilà minacciato dal con– cetto d'una monarchia europea . . . . . . Il pericolo, checchè altri abbia scritto, non esi– steva allo iniziarsi dell 1 agitazione slava: fu creato dalla falsa immorale politica adottata dalle mo– narchie. (Politica inler11azio11ale 1 1871). * O. Ascoli. « .... un avvilimento dopo l'altro, una mi11accia dopo l'altra, s'aggrava sugli Italiani di co~e~te contrade. Quelli in ispecie della Venezia G1uha, stretti di poderoso assedio dagli slavi. che le autorita governative spalleggiano, ve~ono ster.ile 0 anzi pericolosa la compassione dei connazio– nali del Regno, E: sentono tuno il danno che loro viene dnlla ragione implacabile dell'esser pochi. La nazione italiana si commuove alle lvro sofferenze, ma lo Stato italiano non si porrà a estre~ni repentagli per farle cessare. Le dure condizioni di \'enti milio1ii d' Italiani hanno un tempo potuto scuott:re. per varie guise, anche u1~aparte ragguardevole degli stati europei; ma gli Italiani dell' Istria o del Goriziano tanto pe– sano nella bilancia cieli' Europa. quanto i fran– cesi delle isole noi manne, le quali politicamente sp_ettan? all' lnghilterrn. e dalle quali., quando gh era interdetto il suolo politicamente francese, \'ittor Hugo poteva scagliare i suoi fulmini con– tro I' lmperaiore della Frn.ncia. Trieste, la gem• ma splendidissima delt' Adriatico orientale, ferma bensì l'attenzione dej:(,liesteri: i quali però pen– sano, che se quel porto in"idiato cesserà mai d'essere austriaco, non per ciò cadrebbe ancora a_ll' ~talia; così pressappoco come tra gl' Inglesi s1 dice. che se l'India mai cesserà d'essere in• glese, non per ciò :-.arà ancora degli indiJ?:eni, ma sarà dti Russi. Que!--te parranno a taluno considerazioni forse troppo melanconiche. :\la se io 11011 ho saputo attingere alcun ~icuro conforto dallo studio insi– stente dei molti e in parte molto C0!:,picuilavori che si sono pubblìcatì, dopo il '53, intorno alle questioni delle qn:di qui si tocca, o dalle mie proprie 11011 robuste ma diuturne osservazioni, non ne va di certo fatta colpa. alla buona volontà e al buon sentimento che ci ho posto. Scrittori molto autorevoli ha.uno pensato o im• maginato, che la salutt! si doveva aspettare dall'a• -zione assimilatrice che l'elemento italiano sempre eserciti nella Giulia, come altrove, sul! 'elemento estni'neo, in cui s'imbatte, e dalla evoluzione politica a cui il f,Ho della storia ha s;i.crnto la monarchia. degli Absburgo. Ora, quanto al clila• tarsi cieli' italianità, in codeste contrncle. per via di una progressi,•a conversione degli indigeni di altro linguaggio, iv devo confessare che in que– sta presunzione vedo entrarci, come in qualche altra, l'efft:tto di percezioni antiquate o cl' allu• sioni a cui dovevano condurre studi acuti e ge– uinli ma non nutriti di osservazioni abbasta.nza estese e sicure intorno alla realtà che ine~ora– bilmente via ,·ia s'accampa e s 1 all:uga contro di noi. La verita, come credo, ormai risulta molto semplicemente quella che gih ho additato; ed è che l'italianità qui resiste e combatte con valore imp,\reggiabile, ma in condizioni estremamente perigliose. Quanto all'idea che l'Austria, ridotta a stato federale, s' inorienti e lasci ali' Italia, quasi arra di graL'l amiciiìa e di pace, la Venezia Giulia ormai per pil'l di metà slovena o croata, io non posso, quando pur sapes~i, qui diScuterla con la larghezza e profondità che ci vorrebbe Ho più sopra accennato di solo alle fondate speranze che vengono al Trentino da una probabile espan• sione dell'Austria sull'Egeo; come ho anchP ricordato che la distribuzione territoriale delle razze è di regola molto più nìtidache non si voglia reputarla. Dalla quale distribuzione delle razze sorge la visione naturale di una futura Europa danubiana dove piuttosto sieno popoli più o meno poderosi ma indipendenti e liber~mente confederati, che non una grande confederazione monarchica. E di certo chi ha cuor d' immagi• nare, in una confederazione austriaca, tutta ri• volta a oriente, gli otto milioni e mezzo di te• deschi i quali stanno nella sola Cisleitania e si protendono, attraverso la Carinzia, per pit'1 di sette decimi tedesca, sui monti onde scaturisce I' Isnnzo, possiede un' immaginazione ,;;otto più d' un rispetto ammirevole, ma non tale, credo, che i più riconoscano promettitrice di e,·enti si– curi.L'Austria intanto si conduce manifestamente per maniera, che punto non lasci presumere transitoria la sua occupazione di Trieste e di Pola, non italiana più questa se non per solo una metà. , .. Resta, e anch'essa rispettabile nella sua molto ardita sincerità, la voce dei più animosi la quale insorge contro coloro che ragionano suppergiù come io mi ~on provato a fare, e dice: « Voi rappiccinite le questioni in tutte le possibili ma• niere ; e sembrate non accorgervi, che se le difficoltà d'ogni specie oggi appaiono inestrica– bili ne viene la miglior prova che c'è un solo modo di risolverle tutte a un tempo. Vi conce– diamo che il proponimento di aver la Giulia an– nessa al Regno, e l'altro del promuovere la coltura italiana in quella regione mentre è ancora dell'Austria, mal si possono perseguire di con• serva. Ebbene, soffra per poco la coltura, poichè il destino cosi vuole ; ma il sentimento nazio• nale si rafforzi nel!' intento supremo di aver fi. nalmente una e sicura la patria italiana. Si tratta di una questione ancora ben più grande che non quella già grande della redenzione dei nostri fratelli della Giulia. Si tratta di volere che l'lta• Ifa intiera riabbia una buona volta le chiavi di casa sua. Vuole l'Italia a oriente i naturali suoi • coQfini ; e la scarsità del numero degli Italiani, che son di là dal limite arbitrario che oggi se• p~ra I' ftalia dall'Al!St~ia,_n,on può nat_u;almente importare alcuna d11ntnu1z1nne del dmtto geo· grafico su cui l'Italia deve insistere ad ogni costo, del diritto alla propria conservazione e difesa. Voi immaginate uno stato italiano, con· dannato a pusillanimità perpetua : ma siamo ormai trenta milioni contro un'Austria bipartita, cioè, secondo che è lecito sperare. contro la ~ola Austria cisleitana cht è di sei milioni inferiore a noi. Voi misurate la importanza numerica degli Slavi per entro alla Giulia. E noi non facciamo già di non vederla: anzi ci aggiungiamo (sia quel che voglia essere delle isole del Quarnaro), ci aggiungiamo anche i pochi o molti Slavi che stanno di là dal Goriziano e sempre di qua dal- 1'Alpi, nei capitanati di Logatico e Adelsberga, ne punto ci dimentichiamo gli Sla\'i che già si hanno nelJl Udinese. t\la la Sl;wia cisalpina la consideriamo non rispetto alla sola Giulia, bensì rispetto ali' Italia intiera: e c0nclu~iamo, che un quatuocentomila Sla,·i, ammassali al confine orientale dello Stato italiano, ben potranno non piacere, ma non per questo ?i dovranno mai parere pericolosi sotto alcun rispetto. · Ora, che si può mai qt1i rispondere? Egli è un coraggio che non conforta questo che parla cosi, poichè è il coraggio della disperazione. Crederemo un' ipolesi peggio che lemeraria quella che raffigura I' Italia, i11una guerra of. ft::nsiva per l'acquist0 cieli' Alpi Giulie, alle prese con la sola Austria cisleitan;t. Piuttosto sarà da dire, che la bipartizione della mo1iarchi_a degli Absburgo ne sceini la potenza aggressiva. Lo Stato italiano 11011 si esporrà a ripetere l'esperi• mento della Francia dd secondo Impero, la quale, per non bastarle q_u:110che pur a,·eva al Reno s'è ricloua alla s1111stra della J\losella. Perch 1 è l'Austria deponesse le armi in una lotta BiblotecaGino ·Bianco 463 per la proprietà di Trieste e di Pola, bisoin1e– rebhe che a,·es5:e palito cosi lunga serie di di• sfalle, da non parer probc1bile che l' llalia mai gliene infligga. lutanto, il vantare il diritto geo– grafico dinanzi a chi ,·i dice assai tranquilla– mente di provan·i a esercit~.rlo, non pare a llHti una cosa molto degna; e sara lecito dubitare se sia opera di oculato patriottismo il non baciare .alle conseguenze che derivano agi' Italiani di la~giù da un' agita!ione che muove lo straniero alla vendetta insieme e alla disistima .... Dopo Sado,·a e Lissa, l' idea dell'annessione mi pare un vano tormento. Gli sla\'Ì cl' altra parte, hanno pure diritto al libero svolgimento della loro civiltà e coltura; solo 11011hanno il d!ritt? .di premere malamente sugli Italiani; e g1ust11.i::tvorrebbe che, per qu:uno concerne le scuole e le ripartizioni amministrative e giudi– ziariP, il go,·erno li ripiegasse, (senza rimuo,·erli dalle loro sedi. ben s' intende) verso la Slavia. piuttosto che seconclarne i propositi aggressivi, contrari del resto a og• 1 i ragion di cidltà e agli interessi legittimi dell'Austria stessa . .;\la <1uel Go,·erno seconda gli Sla,·i non per altro, in ef• fetta, che per castigare Trieste cieli' irredt!nlismo, vero o supposlo. di cui le fa colpa. Esulterebbe egli di certo il giorno che gli fosse dato di ri– conciliarsi con la città che è la chia,·e dei grandi com•!:erci cieli' Impero. L'impronta italiana nei commerci e nel costume, è ancora, specie i1el levante, un considerevole interesse dell'Austria– Ungheria, ed è tale interesse che si potrà via via accrescere di molto. D'altronde, una coltura schiettamente italiana non dovrebbe all'Austria ripug·nare nei lidi adriatici, quando si persua– desse che non t punto necessario che ne derh·i un'itali;rnità politicamente ostile. Ginevra, la pa• tria di Gian Giacomo Rousseau, e! di lingua e coltura schiettamente francese, e puuto 11011 nu• tre l'intenzione di staccarsi dalla Svizzt::ra per ri.unirsi con la Francia. Trieste ha poi, come discendenze e appoggi naturali, l'italianità gori– -ziana e l'istriana., Il Friuli goriziano, Gorizia, il l\lonfalconese, e di là, per la stretta di Duina, Tr!este e l'Istria occidentale, ecco il territorio italiano bene unito, cli cui un governo davvero illuminato avrebbe a formare una circoscrizione autonoma, con Trieste capitale. Il Litorale, che ora si dice a11slro-illirico 1 diventerebbe così, nella sua sezione occidentale, il I.i/orale terge• slino. Un'utopia pur questa, direte voi. Ma vera utopia intanto no, io vi rispondo, poichè un tale disegno altro in fondo non e se non una ripro– Juzione migliorata di quello che è stata 1 1 f,,_ le11de11za. ti' Istria, compresa nelle Provincie fl. liriche secondo che il primo Napoleone le for– mava, compresa ma distinta, e costituita dai distretti cli Gorizia, Trieste, Capodistria, Rovi• gno. La differenza starebbe essenzialmente solo in ciò, che quella circoscrizione l'aveva fatta la guerra, laddove la nostra o la futura dovrebbe esser fatta dalla pace. E av\·iene talvolta, voi lo sapete meglio di me, che, tra un'ideale ragia• nevole e la realtà che gli corrisponde, corra un tratto men lungo cli quello che a prima vista si penserebbe •· (N. A11/ologia, luglio 1895). (i. Salvemlol. Conquista dei • confini naturali » significa conquista del Trentino e dell'Istria. Ora, il Trentino - paese di popolazione ita– liana compatta e nettamente distinta dalla po• polazione tedesca del Tirolo - mentre, per le sue condizioni economicJ1e, è indissolubilmente legato alla regione lombartlo-veneta, non ha nes– suna importanza vitale per i paesi tedeschi a cui è oggi legato: la sua unione amministrativa al Tirolo e politica a111Auslria non è giustificata da nessuna considernzione di giustizia, di equità, di necessità: è un semplice fatto storico transitorio e ingiusto, in grazia del quale i tedeschi del Ti• rolo possono sfruttare gl' italiani del Trentino, e l'esercito austriaco può minacciare l'Italia set– tentrionale. Anche il giorno, in cui il Trentino ottenesse dall'Austria l'autonomia amministrativa del Tirolo, la questione trentina ne verrebbe attenuata. non eliminata; perchè il Trentino, solo unendosi politicamente ali' Italia, troverebbe le condizioni necessarie al suo sviluppo economic<l normale e assicurerebbe la posizioi;e militare dell' Italia. E, data la nessuna necessità vitale che l'Austria ha del Trentino, è pazzia far di– fendere il ritorno del Trentino ali' Italia da una politica foggiata sulla ipotesi dello sfasciamento del!' Austria, mentre ci condurrebbe più facil• mente allo scopo una politica estera non cala• strofica, ma accorta, dignitosa, leale, chiara, con– sapevole della forza non spregevole del nostro paese. Assolutamente diversi sono i dati del pro– blema in due almeno di quelle tre provincie che il governo austriaco chiama Li/orale (Kiis/e11la11d) e che gl' italiani chiamano Vene=ia Giulia. i\tentre infatti, nella contea di Gorizia e di Gradisca gl'italiani (35·9 010) sono in questo mo• mento abbastanza nettamente distinti dagli slo– veni (62·5 010) e raccolti compatti verso il mare e sul confine italiano (però qualche sintomo fa già dubitare _per il futuro). e perciò si possono in un equo riordinamento politico, riunire, come gl' italiani del Tr~ntino, al nostro Stato, senza danno degli sloveni e senza ledere nessun vitale interesse dell'Austria, e perciò senza nessun bi• sogno che muoia il così detto <( nemico eredi~ tario » - una riunione, invece, all'Italia della cillil•provincia di Trieste e ciel margraviato d' Istria non potrebbe avvenire senza gravi in– giustizie e senza enormi difficoltà che noi non siamo certo in grado di sup~rare. Le statistiche ufficiali austriache, che sono sem– pre falsificate a danno degli slavi dove prevaJ. gono amministrativamente gl' italiani e a danno degli italiani do\'e prevalgono gli slavi, ci dicono che al 31 dicembre 1900 la città . provincia di Trìeste contava, su 151 mila abilanti, il 77.4 010 di italiani e il 16·3 010 di sloveni. Agli italiani sudditi austriaci, calcolati nelle statisliche uffi• ciali, è necessario ag~i1111gereanche i 40 mila italiani residenti stabilmente a Trieste, ma citta• dini ciel regno ; e questo aumenta la percentuale etnica italiana. Ma anche gli slavi sono più nu– merosi che le !--tatistiche 11011 vogliano far cre– dere. Nelle elezioni a suffragio universale ciel mag– gio 1907, le quali ci danno coi loro resultati una statistica quasi perfeua, non solo dei partiti, ma anche clel'.e nazionalità - i candidati naziona– listi sloveni ebbero, fra città e territorio 8166 voti di fronte a 8423 voti toccati ai candidati
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