La Voce - anno II - n. 53 - 15 dicembre 1910

nella più centrale l.roazia. siriaco è strade romane, e ferrovie, ala remente ace - dando il bisogno militare con ·1 cdm_m,erciale. Non cede d'un pal,no agli o dini del parla– mento, qu,rndo la sua intellig a li "1,Eisce dannosi : se i deputati non votano n~i soldi per la flotta, l'arsenale di Trieste c~– tinua a costruire n proprio risch/o nuove co– razzate. E rosi la sua diplomazia è sempre sicura. La stia direttiva procede dritta per dece i e de.:enni. Obbligata all'oriente, rlal 70 non fa un passo incerto; prepara in tre11t'ann quell'annessione cht tuui ormai le riconosce– vano di fatto già nel 78. Cosìcchè ha la Bosnia e Erzegovina senza nessun motu in– terno di protesta: il Benolini racconta che a Serajern i cittadini leggicchianti il procla– ma s'interessarono subito esclusivi1mente del suo kodak. Sono quegli stessi per cui nel 78 l'Austria dovette sacrificare parecchie migliaia di soldati. " Dunque niente sfacelo. Ma diciamo inve– ce: la prima buona occasione di guerra. E non di guerra italo-austriaca; ma di guerra europea. L'Austria-Germania è un blocco che ha fatto star zitta tutta l' Europa. È il centro della politica europea. L'Italia non ha saputo utilizzare la sua posizione. L'Italia, rinunziando ai cosidetti compensi, rimangiandosi per il momento le sue intenzioni balcaniche, avrebbe potuto ricompensarsene nel Mediterraneo. Non seppe o non potè farlo: ed è inutile recriminare. Ora - almeno a quanto pare - è tardi, e bisogna volgersi risolutamente dall'altra parte.· È srnto già posto da noi il dilemma: Au– stria o Francia. È un invito alla sinceri1à. Per.:hè cosi si va avanti. L'Italia a//' Estero era sorta con programma chiaro di slavofi– lismo e francofilismo. Nei primi numeri gl' ir– redenti erano rappresentati da - croati libe– rali. Sapeva quello che voleva. ~la capitarono le proteste degli irredenti. e il programma fu intorbidato. Ora si ripete lo stesso fatto : si vuole e si proclama in tutti i toni la guerra all'Au– stria e si finisce col dire che la Francia non conta, che sugli slavi non si può contare, che la guerra all'Austria è una pazzia, che biso– gna rimanere dig11ilosa111wtc nella Triplice. Si vuole la lotta contro il pan~ermanismo e si dà addosso agli slavi; si aizza r irredentismo e si vuol rimanere con I' Àustria. Proprio come si propugna il liberismo e s' inveisce contro il capitale tedesco importato in Italia. li congresso nazionalista ha votato un or– dine del giorno contro le ~ alleanze senti– mentali, • e il Corradini ha commentato che è specialmente contro !a sentimentalità francofila. Sta bene ; ma a che gioco gic– chiamo ? A meno non si creda che la Ger- I mania-Austria ci regale,à il T1entino e)' Istria. Se non si è tanto ingenui, l'unica solu– zione è la slavofil:1, che io riassumo, ma in _parentesi d' incompetenza. La Franc·a è esausta di benessere e d' in– disciplinarezza: in ciò. meno i massoni, siamo tutti d'accordo. L'Inghilterra è una potenza che deve allearsi con un esercito terrestre, ma che non può servire all'alleato che se– condariamente, come di minaccia a quarti e quinti. La Russia, rinunziato ali' Estremo Oriente, con il trattato coreano, si va ler.tamente rimettendo. li Montenegro, la Se, hia, la Bulgaria, esigui. Ma è presumi– bile che saputo ottenere questo blocco, un'Italia ben preparata potrebbe accingersi a una « guerra vittoriosa. » Tanto più che non sarebbe impossibile una sollevazione czeca e croa10-slovena, però con carattere esclu– sivamente nazionale, autonomistico, e non an– tiaustriaGo. È chiaro che l'Italia, se rnol avere questa alleanza, deve rivolgersi principalmente agli slavi. È stato detto giustamente dal de I'renzi che gli sl'\vi non sono affatto una nazione e che, meno gener si tentativi solitari e infrul– 'tuosi, la maggioranza slava è antitaliana perchè clericale. Ma in realtà non ci sarebbe necessaria una nazione slava unita : si la Rus– sia, gli stati balcanici, gli slavi austriaci: un'unione, cioè, politica, effimera, contro il LA VOCE ne_mico c_omune. E, po,, bisogna distinguere: glt czech,, per ese111pio, non sono clericali e hanno simpatie grandissime per I' ltal,a. E bisogna anche ricorJare che la Francia anti– clericale ha potuto farsi amare dagli slavi. ~la per o11enere quest'alleanza è necessa– rio che l'Italia rinunzi asso!utamenle a Trieste, ali' Istria. ai desideri balcanici. La sarebbe di suscitare e a tare la co– sci~nza :I va. Arginare co stati ionali 1nd1penden)i l'avanzata orientale dell'Austria. E annettersi i" Treni° o, e il Friuli fino all'l– so, zo. Lavorando in questo senso potrebbe avere in tutti i casi le simpatie di quell'Au– stria E(_avache fra non molto reggerà I' im– pero. È anche questa un'antisentimentalità con– tro gl' irredenti dell'Adriatico, e forse una sentimentalità verso gli slavi: ma è logica e - mi pare - escfu1;.iva. C'è un'altra obbiezione, e graye: quella del Bertolini: che <ffetti morali produrrebbe ali' f. talia un'unione con una stirpe passionale e fem– min~a come la slava? e poi come sarebbedomi– nabile il il panslav1s1110,indebol11a la forza ger– ma.nica? Io, personalmente, non credo molto agli effetti morali dell'alleanze polittche .. \~i pare che proprio il fauo d'essere uniti all'Au– stria sia l'impedimento psicologico per forti– ficarci ùelle sue virtù E 11panslavismo, realtà resente o vicinissima di coltura, è nn enorme errore geografico e storico, politicamente. Libertà slal'a nell'altra sponda dell'Adriatico, può significare sicurezza neolatina nel resto del)' Europa. ,\la la preoccupazione dr rn;,a è un anticipo di evenienze troppo lontane. Del resto in questo modo il problema ir– reder11is1asarebbe anche diviso nelle sue due parti, storicamente e economic,unente distinte: confini, e questione orientale : Trento, e Trieste. Scipio Slataper. Baltico e l'Adriatico. I nazionalisti italiani, che prendono a mo– d~lli_ d'en~tgia _i grandi popo1i d'Europa, d_As,a e d America - e anche questa è una riprrva dell' impossibili1it nostra e loro di u,;;cireda uno stato di minorità mcnr;i.Je - dovrebbero, quando parlano d'irredentismo ricordarsi più spesso della Germania. Vi son~ anche nazionalisti che con l'irredentismo non vogliono o non vorrebbero aver nulla in co– mune; e a questa minoranza più equilibrata e chiaroveggente ).'analogia eh' io adduco po– trà far comodo. I tedeschi della Boemia, in contatto e in attrito con gli czechi, vivono in condizioni non dissimili da quelle in cui vivono i no– stri conna1.ional1 dell'allra sponda in u1to coi croati e co~li sloveni o i nostri connazionali del Trentino in lotta coi tedeschi. Talvolta vi neono, pili spe1:sosoccombono ; rinunciano amaramente a tetdt< rii lhe stonca111enrefan pane della grande Germania; si difendono con i"unghie e coi der111; subiscono, quando e do,·e non possono più reagire, gli oltraggi della prepotenza nazionalista, del terrore e del bastone. V'è poi una tena, la cui s1oria somiglia strana111ente alla s1011a della Oaimazia. Que– sta 1 erra è la rÌ\•a balti~a, dal confine russo– prussiano tin circa al golfo di Finlandia. I.e popolazioni indigene (Es1oni, Lc1toni, L1voni) ricevetlero la civiltà da un"aristocrazia mili– tare 1eu1cn1ca, come la gente indigena di Dalmazia divenne europea per v1n(1 dell'ari– stocrazia mercantile e mil11are veneta che la colonizzò, senza riuscire ntll' intento, che del resto non s'era mai proposto, di sflppia111are la razza primitiva. Il Baltico orientale si co– lorò d'una patina tedesca, come l'Adriatico orientale fu coperto da una superticie italia– na. Con l'andare del tempo un teizo inco• modo, che non appartene\'a nè alla razza della minoranza conquistatrice nè a quella della maggioranza conquistata, s'interpose fra 1 due elementi, imponendo il suo dominio politico all'uno e all'altro: i russi sul Bai• tico, gli austriaci in Dalmazia. Ma le affinità non si fermano qui. Il nuovo padrone si sforzò d'imporre anche la sua cultura e la sua lingua, oltre che le sue ar– mi e le sue leggi, ai vinti. I russi riuscirono, in quest'impresa, sul Baltico; gli austriaci fal– lirono in Dalmazia, e, riconosciuta l'impossibi– lità d'intedescar!a preferirono di favorire gli slavi contro gl'italiani, perchè erano e sono an– cora meno pericolosi politicamente, non aven– do come porro 111111111 del loro programma la disgregazione immediata dell'Impero, mentre gl' italiani - fatti potenti - chiederebbero inevitabilmente l'annessione al vicino Regno. E qui si fermano le affinità. I tedeschi dell'impero non han mai creduto di dovere intervenire nelle faccende dell'Austria, anche quando i loro connazionali pativano umilianti percosse dagli slavi di Boemia, e non han mai chiesto che il loro go,eroo mutasse rotta e s intiepidisse l'alleanza col vicino Impero, anche quando iI governo del vicino Impero favori,•a gli Slavi ed abbandonava alla loro sorte i tedeschi. Riga e Dorpat, per non dire che le due principali, "''evano avuto, nello svolgimento della cultura tedesca, un' impor– tanza -.:ertamente non minore d1 queJla che Trento Trieste, Sebenico, Zara abbiano avuta nello s~olgirnento della cultura italiana. Ciò non pertan10 i tedeschi del l'Impero lascia– rono che Riga fo$se russificata, permisero che Dorpat fosse barbara111en1e ribattezzata in lurje!T; assistettero, con _dolore ma_senza_,r~– volta alla distruzione d, una gloriosa Unt· versii'à; e proseguirono nei loro rttppo~ti d' 1111rinseca amici11a politica con la Russia. Dei tedeschi baltici alcuni si rassegnarono; altri emigrarono dignitos~menre in Germanin, e svolsero nella patria d'ori;;ine le loro ener– gie, imponendosi dappertutto per la finezza del)' ingel(no e per l'impeto del tempera– mento. Gli italiani, che leggeranno queste notizie, pronunzieranno l'aborrito nome del pangermanesimo, e non si rassegneranno a credere che i tedeschi pangermanisti abbiano mostrato tanto sangue fr•ddo. ,\la di panger– manismo in Italia non si sa nulla o peggio che nulla; e s'ignora, per esempio, che il pangermanismo politico è ocl,ato e spregiato 111Germania dalla enorme maggioranza delle persone serie; che 11 pangermanismo di cul– tura si guarda bene dal)' impicciarsi di poli– tica; che, finalmente, gli uomini politici in Germania sono tutti quanti pangermanisti nel fondo del cuore, n,a rigida111en1e realisti e realisticamente transrgenti nella parola e nel– l"azione. Che i Tedeschi si siano comportati ,n questo modo ,·erso i loro frat<lli baltici, non significa che noi dobbiamo comportarci in egual modo verso i nostri fratelli adriatici. ~la significa questo: che il sentimento na– zionale non coincide col sentimento irreden– tistico, e che non sempre l'organismo pj(1 forte e quello che reagisce con più acute gdda all'ampurazione dt un dito. Si può es– sere irredentisti e deboli ; si può essere for– ti!-simi d'armi e di mtnte e Ìn\"asi da una grandiosa fiamma di dignità e d'orgoglio, come sono i tedeschi, e fre11ar' le lacrime e contenere lo sdegno quando una parte della patria ideale soggiace. Chi parla in questo modo sa di non reci– tare il beau role. Sa che sarebbe stato f,1cile intervenire al Con,·egno di Frrenze e appro– vare il confusionario ordine del giorno in cui i congressisti si trovarono d'accordo, ilopo i discorsi d' irredenti!=mo sentimentale, d' ir- . redentismo realistico e d' inecle11t1s1110 belli– coso, guadagnandosi la simpatia degli irre– denti, il plauso degli amici e la tranquillità delia coscienz;J. Sa che non c1 n1ol 111olta tinezza di perli<lia per in1erp,e1aie le sue pa– role come un segno di arid11à J1 cuore e di debole sentimento patrio. E sa, riualmeote - ma non gliene importa - che non tolti vorranno capire che si ruò sotfrire e tacere, amare e riuunziare. Ad una rinunzia definiti,·a del Trentino e dell'altra sponda non v'è ntssuno che pensi. Si tratta di vedere quali srano i modi della conquista. Vi sono intani<> due deficienze negli italiani d'oggi: ignorano la geogratia e la storia di quei paesi ; non meditano sulle conseguenze d1 una guerra, e sia pur vitto– riosa, contro I'Ausll ia. Se si sapesse da lutti che le cor.dizioni orogratiche e idrografiche del nostro confine politico, storico e lingui– stico verso i I nord-est e I'odente sono tali• che una precisa delimitazione delle razze non esistè, non esis1e e non esisterà forse mai in quei paesi ; se sapessero anche che la que– stione del Trentino implica in certo modo la questione del SUd-Tirol e che solo un po polo mercantile e marinaro come i Greci e Veneziani p.:>trebbe occupare la costa orien– tale dell'Adriatico, disinteressandosi del!' 1,;,,. /er/aud / se sapessero, infine, che anche un'an– nessione ha il suo domani, come l'ha avuta in Germania )°annessione della Polonia e della Lorena, e come l'avrebbe per noi, ben più tristamente, l'annessione di qualche cen– tinaio di migliaia di slavi ; se gl' i13liani sa– pessero tutte queste ed altre molte cose di simil genere, il problema del!' irredentismo sarebbe già risoluto. E sarebbe risoluto in questo senso: ness~na rinun_zia. idea.le, nes– suna velleità materiale, sforzi dt ogm genere per mantenere la coltura nostra lassù, lavoro BiblotecaGino Bianco 459 taciturno e instancabile per risolle,·are il \'a• lore della nostra coltura. G1acch~ no~ è lecito dimenticare quanto segue : g/- l/.1/,a,11 J11ro110 s,mpre mischi,1/i co11 gt,_· Slat•i i11_ /st,ia, f11ro110sempre una esi'gu,1 m111or.:i11\a 111 D.1/ma\ta. Gli Sl:.11·i si lascù– ro110 1mforrr: la cullura e la lingua della 111i- 11ora11\J, Jind,r_ quella t1t!lur.1 fu o,/ ejsi !~ 1 rnddtero la p,ì, ,plmdid,1 dd 1110,,do. Si rol– scro contro gli itd!iaui, qu.mdo d,1i Ttdr~d1i appresero che la i:11/lura it.iliana e,a da ciua due suoli _una 01/tur:1 di se,·oml'ordine. Oggi come ogg, la conquista sarebbe un pessimo affare ; perchè , popoli soggetti si lasciano asso, bire solo da nazioni d1 spirito cosi po– tente che la 1010 grandezza sembri amahile anche a quelli ch'essa calpesta. Il problema dell'altra sponda e problema di cultura: in– tensa ali' interno, estesa oltre 1 contint: che è poi la stesss cosa. Per ogni passo che noi faremo sulla via della cidltà, della saggezza del. d_ominio di noi stessi, dell'ordine mora)~ e cl\•1if, senza ripensare al sogno perduto, il nostro sogno perduto farà un passo sulle no– stre orme, non \'Ìsto, per realizzar~1nel giorno della. luce. i\J_a,se persevereremo come per– se\"el1amo net compromessi e neIP ignoranza e se_ al la vecchia vigliaccheria non sapremo reJgire che con folli improntitudini e con lacr!me\'oli celebrazioni di primati, e se ad ?,gnt passo ci volgeremo indietro piacgendo I rento e Trieste, il nostro sogno precipittrà '":mpre pi(1 giù nell'ombra, come fece preci– pitare nel l'ombra la sua Euridice il debole e impaziente Orfeo, a furia di guardarla e di chiamarla cantand~. i\la, quando saremo divenuti serii, ci ac– corgeren,o della mostruosa assurd11à nella quale per quarant'anni siam vissuti: gridar Trento e Trieste, senza muovere un dito per lo soni del!' italianità nei Grigioni a Nizza in Corsica. Questa madre Italia, c1:e per al'. cuni figli è più tenera di Demetra, per altri è peggiore di una matrigna. Ferocissimi ad oriente, siamo vergognosamente obliosi ad occidente. ~lalgrado tante sottili spiegazioni, d1 ,111es10 assurdo non si capisce oggi iI perchè. Il perchè è questo. In tre secoli di mor· tale decadenza, l'Italia ebbe solo un periodo di grandezza, con spu111idi vigorosa origi– nalità nazionale : quello che l'a ali' incirca dalla ri,oluzione francese al '-18, e com– prende il ro111a11ticis1110 1 la riscossa, il maz– zinianism<', il neo-guelfismo. L'unità fatta ci trovò esausti di forze e d'intelletto. E rica– den11no, e ricominciammo a far le scimmie alla Francia. La Francia, dopo il '70, orga– "!zz~ il suo sentimento nazionale, per ra– g1on1 sue che non erano le nostre, verso la riconquis1a di due provincie orientali contro i Tedeschi. Anche noi, sviluppand~ siste– maticamente i primi deboli germi d' irre– denti~mo, organizzammo il nostro sentimento in egual modo, verso la conquista -- che noi, con bizrnrroarbitrio storico, chiamammo ri– conquista - d1 due provincie orientali, contro i Tedeschi. E, per non sbagliare, anche sulla ri– va adriaticc1c'11luJemmodi ;,,er da fare contro i Tedeschi, e solo in questi ul1imi anni abbiamo scoperto che-, nemici erano gli Slavi. E, circa in quel tempo, stretti dalla necessità, strin– gevamo alleanza con !,Austria 1\Jentreil sen– t1111en10nazionale, follemente moJelJaro su un esempio straniero e con11ario alla neces~ sità reale, renJe,•a sterile e rovinosa l'alleanza. 1\la '-luesta patetica e mistica imil,nJ011e della Fr1111oi1 11011 ha nulla da '"ederecon un "ero senti111enton:nionale, e nemmeno dunque col nazio11Hlis111C1 1 se le due cose. co111e :i ogni costu si \ uole, Jebb,,110 i.:oincidere. E l' 0 è 1111 altro pe"hi-. La Francia ha as– sorbito Nizza del tutto, e sta per assorbire la Corsica .. \la la Frar:cia è liberale e rivolu– z1011aria.L'Aus1ria tedesca vorrebbe assorbire il Trentino, e J".-\ustria slava ha ingoiato la Dalmazia e sta 111as1icandol'Istria. ,\la l'.~u– stria, slava o tedesca, è clericale. I capi-po– polo di Nizza, di Bastia, d1 8ellinzona han poco o nulla da di,e con1ro Berna e Parigi. I capi-popolo e la mercantile borghesia ebraico· co,mopolita di Trieste. furenti contro il go· verno feudale e prete<co di Vienna, sfruttano a loro beneficio la nos1algia di patria dei nostri veri fratelli. Irredentisti a destra, dun– que, e menimpip1sti a sinistra. Ma anche questo modo di considerare la politica este· ra non dovrebbe essere accetta al nazionali– smo. Forse vi sono altre ragioni nel prevalere del!' irrèdentismo austrofobo. ,\la questo do– vrebb'essere il compito dei nazionalisti : spie– garci queste ragioni e da irredentisti dive– nire austrofobi. Poi, se \'incere1110 1 prenderemo ciò che ci spetta. Anche la Germania, nel '71, prese l'Alsazia ; ma non aveva preparato la guerra piangendo e gridando : Strasburgo) È possibile (non dico probabile) che la buo– na politica italiana sia di nim1ciz1aall'Austria. ~la questa possibilità non sarà degna di fede finchè non sia stata eliminata la pregiudiziale trentina e triestina, che soffoca ogni nostra

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