La Voce - anno II - n. 50 - 24 novembre 1910

E tutto ciò, ancora insufficente :ili' inc– roirsi della donna, la rende co111penetrabile ai grandi valori 5pirituali che sono le con– dizioni dell'eroe: necessità e coscienza mon– diale. Donna, conservatrice organica della forma tradizionale in ,ui la Potenza è con– cepita dal suo popolo - oncle rappresen– tante del monoteismo - ha bisogno del la rivelazione di dio e della sua riprova per mezzo del profeta. Comparisce tra il popolo proprio quando Daniele parla d'una cosa piccola che può abbattere il colosso. E an– cora dubita e tenta altre vie: infondere de– cisione e coraggio alla turba. 11 suo popolo è vile: Hebhel ha capito meravigliosamente lo spirito ebreo. La storia della nazione ebrea è una vittoria d, grandi individui quasi continui, contro di essa. È un popdio di schiavi liberati contro voglia. E la crta– zione d'un dio unico, con attributi di vio– lenza e vendetta, è l'imposizione necessaria d'un padrone P,'Ù terribile e più vnsto di !ulli .i padroni. E anche iI popolo per cui 11 miracolo dev'essere di manna nel deserto e d'acqua da roccia. - L'acqua manca: dio rifaccia il mira– colo. - .\!anca il pane: e mangiano il pane del Signore. - Abbiamo forse da difendere noi il nostro Difensore? - Il momento è al colmo; sconvolta l'unica intelligenza e autoritii che tien su il popolo· i sacerdoti ormai capiscono il popolo: ~ Giuditta va da Oloferne. Oloferne comparisce dando un ordine am– biguo: e Sacrificate a uno che non cono– scete e pure conoscete ». E veramente egli onor,, questo dio conosciuto e sconosciuto. Ha somiglianza con se stesso. 11 suo gusto in un tale dio preannunzia tanto la divinità d'Israele quanto la s,ia propria. 11 ge, me tragico di Oloferne è appunto in questo dubbio, cui egli - uomo d'azione - cerca d'impedire I' illimpidimento a coscien,a con l'eguagliarsi a dio, ma che porterà insoluto fino alla tomba Egli già si sente più scaltro, superiore al sole, all'acqua, al fuoco. Ciò che è atto di de– vozione verso di lui è pura necessità implicita, selbstverstilndlich, come di creature al crea– tore,di schi:1vi al padrone. Odia Nebukadnezar, il suo re, perchè gli ha rubato e rovinato con anima da niente il suo pensiero: che l'umanità ha lo scopo di partorire un dio. Nebukadnezar tenta di farsi dio per comodità; Oloferne si sviluppa a divinità come all'unica forma che contenga la sua prepondera111a e prepotenza superumana. Non a caso dico « superumano »: Oloferne, in cui il poeta ha riversato tulle le sue meditazioni su Ales– sandro Magno e Napoleone, come in Giu– ditta quelle sulla ,•ergine d"Orleans, è il primo tipo teorico e concreto dell'Ueber– mensch. Forse Nietzsche lo ha conosciuto. E dell'eroe nietzsd1iano ha anche la pro– fonda deboleZ1a 01ganica. Il suo essere è quasi la preoccupazione di se stesso. L' im– pressione che gli altri ne avranno crea, ret· tilica, turba di continuo la sua opera. 11suo segreto è non farsi conoscere. È inquieto, agitato, sempre in pensiero che gli altri abbiano ozio da poter scrutare nel la loro obbedienza, sempre in paura di diminuirsi. Vive pili del prestigio che della propria realtà. La volontà entra come fantasia titillante nelle sue doti reali, e se ne tumefanno: ha del testone del David michelangiolesco. Non è l'ingenuo, il sicuro, il sereno: è lo squili– brio instabile che cerca di puntellarsi, l'a– nima tremante che si fa agguantare dall'a– zione brutale, la piccola parola che è ne· cessario urlare e rintronarsi per non udirla. Non è l'eroe: è lo sforzo d'esser eroe. Da lui si sviluppa piuttosto Hagen, che sen- È uscito il secondo dei : LA VOCE tendo d'un fo, te esclama: - La sua morte m'addolora il cuore: l'avrei voluto ammazzar io. Dev'essere stato tJn duro eroe -· non Siegfrid, l'uomo che non tira più d'un 1 piede oltre Il getto del più giovane, ma quando ha lanciato iI più robusto, la sua pietra ha ali e vola nel Reno sgretolandosi un pertugio oltre i muraglioni della torre. Ed è propcio la sua debolezza che gl' im– pedisce di sentirsi completo nelle mani– festazioni di forza umana, e l'obbliga a trovare soddisfacimento nel teorizzarsi a su– perumano. Nasce Oloferne dalla profonda inquietudine e dal malcontento della intelli– gema esuberante, attiva, davanti agli stretti limiti delle realizzazioni umane. C'è un momento romantico - in Hebbel, come in tutti i giovani che valgono qualche cosa - in cui, per non accettare il caso, si <le~e ammettere di potere anche sulle contingenze esterne. Vita e morte, immortalità e annul– lamento, devono esser sottoposte a un atto della volontà. Creare un nuovo fiore in quanto lo si vede 111101.•a111e11te, non basta : la propria creatura non ha radici nel suolo non ha esistenza autonoma, procreatrice, s~ilup• pantesi di propria forza all'infinito. 11 poeta accenna alla creazione, non crea assoluta· mente. È il periodo mistico, imperialista, in cui si anela al miracolo traverso le moderne forme scientifiche. In fondo non è altro che l'agitarsi effimero di quel che di Cristo c'è in ognuno di noi. Ora Olofe1ne è l'intuizione di questo stato d'animo del giovane Hebbel. Soltanto che Hebbel si confessa seriamente in lt1i. Crede di costruire un eroe vero, mentre non esprime che il proprio desiderio, o la propria illu– sione, nel l'eroe. Oloferne perciò è ironia che a volte mostra i denti al poeta stesso; e in Germania il pubblico e gli attori lo interpre– tano con falsità piena di significato, come miscela di grottesco e di eroico. * Quando Giuditta, matura all'eroismo, vien da Oloferne, egli è già decaduto dalla pro– pria umani1à. Anche il poco d'apparente– mente umano che gli resta (clen,enz.a verso Achior che ha tentato vilmente d'uccide,lo) non è magnanimità, ma un crudo olocausto al Moloch interno. Giuditta deve venir in contatto con il perfetto dio mostruoso per po– te, lo uccidere. II momento è tragico. Si sta fra due divi– nita, due popoh, due civiltà, due passioni formidabili. L'amore dei due eroi potrebbe fondere benignamente il cont1itto. Oloferne già pensa d'accettare il dio degli ebrei; Giu– ditta sta per inginocchiarsi davanti a Olo– ferne. i\la la vita che scaturirebbe da questo scambio e accordo sarebbe corrosa già em• brionalmenle da una menzogna. Oloferne non crede a Jehovà: è, semplicemente, stanco. Proprio nel tempo che si proclama dio, ha tentato inconsciamente d' uccidersi. Egli non :ima Giuditta: ma - masochisla spirituale - 1orce a frusta l'odio di lei per eccitare la p1opria saz1e1a. È la prima voha che uno pe– netra nellèl sua anima: meravigliosamente Giuditta ancora si serve dell,1 pietà femminile, materna, per impietosirlo; ma in fondo sente che quello è il vero modo per rinserrarlo nella sua ferocia Oloferne è finalmente ca– pito. li mondo non ha più bisogno di lui. È· al colmo da do,e la parabola precipita. La valutazione e l'esperienza comuni non vedono e non dominano la crisi storica: Oloferne è inferiore al momento. Non comprende I' e– roina che lo mette in guardia con serenità fatale. In Giuditta c'è ormai il comando d'un destino che si deve compiere. Non può piè, pregare: lo sfogo mistico sbarrato, risbocca dentro come imperativo assoluto d'azione. Ma non la società, non dio la può emancipare completamente dalla donna: solo l'uomo, il masc~10, la bestialità divina dell'amplesso. Pot - è finita. Quasi pazza. Non pazza: sarebbe riplacamentotroppo semplice. Giuditta non è stata pura. I la dovuto esser l'amante di Oloferne per poterlo uccidere. Non ha pensato solo agli altri, anzi ha dimenticato gli altri: ha vendicato se stessa. S'è contami– nata di lui che doveva cadere, e il figlio deve farla cadere con lui Ha violato la maternità femminile uccidendo un uomo e nella sua maternità è condannata. L, part~ individuale caduca è distrutta dal nuovo valore stesso che l'individuo con la sua azione ha imposta al mondo: questo è in accordo ma oltre la teoria di llebbel. ' ' Oloferne, si, è tutto secondo la teoria. i\la non è tragico. Soltanto nella ragione storica della sua caduta arte e in1en1ione filoso– fica s'accordano. i\1a non c'è tragedia umana nel suo procombere. Oloferne si solleva in– giustamente sopra se stesso: con sè non 111- nalza il mondo. Per questo la sua caduta è logica e nient' affatto dolorosa. ~la 11 poeta la crede esempio e simbolo dell'infamia co– smica. E appunto questa sconcordanrn non sentita dal poeta, tra volontà che vuoi'e co– stringere la vita 111 una verità falsa e la vita che, pur traverso lo spirito di chi la conce• pisce, continu,, a formarsi a propria volontà squilibria l'opera, e a momenti scatena I~ materia fuori dell'intuizione in modo che la forza del lettore è spossata. La G111dill,1 è in– somma il capolavoro d'un gio\'ane che non ha ancora mani capaci di tutto il suo mondo. ... i\la perchè il suo mondo è molto vasto e le passioni umane sono impi11guate del I' :ttmo– sfera religiosa in cui turbinano, sperde11do– visi e sohdilicandosi. La Giu lilla è come un proiettarsi di umanità ferocemente passionale nello sfondo cosmico della dil·inità. O co· stringendola giù dal cielo (Giuditta. giudai– smo), o spingendola su da sè verso il cielo (Oloferne, pagauesi1110) l'umanità è tutta piena di dio. Un conflitto di potenze superiori al– i' uomo lraver"o l'uomo. Egli non può resi– stere ai colpi pili forti di lui che dà e ri– ceve: soccombe. l\[uo,ono gli eroi, materialmente o moral- 111e111e: il dio v1ttorioso nle!!gi;t su di essi procedendo calmo verso la nuo1·a crisi della so.:ie1tl. L'idea s 1 innesta negli uomini col loro sangue. E non ba~ta 1 naturalmente, l'interesse sto– rico di Hebbel per animare iI lavoro di religi.,si1à co,I attiva. Jehov,\ e Baal e l'Io dei signorotti orientali sono lontanissimi dal suo spirito. Anche la sua frase biblica è come un carnoso e folle abbrancamento moderno de11a materia, sommamente tedesco nella sua brutalità, che s'identifica in più parti con la visione eroica del popolo dei profeti sen– suali. Hebbel s'è servito di un momento storico e d'uno spirito etnico consanguinei ai suoi. Anche per un po' di vigliaccheria inconsapel'ole. ~la intendiamoci I L'epoca storica che si riflette in Gi11dil/,1 è: negato il dio cattolico, lo spirito umano non riesce aJ appagarsi degli equivalenti imperfetti. Sono molti: storia, coscienza, 1·e– ri1à ecc.; ma spezzettati tanto che uno può esser nemico dell'altro, e l'uomo dev~ divi– dere d suo olocausto senza poter giungere mai alla nuova fede. In fondo in fondo egli è scettico, e si lascia trasportare dal mistero del caso. Oloferne sente che l'essenza del. l'universo non è compresa nelle forme delle divinità del suo popolo, che son tante e tutte cosi importanti e poco importanti da dover sacrificare loro a sorte. Non crede in esse; ma non sa un dio in cui poter credere. E - uomo moderno, I lebbel - bandisce una fede in sè, nell' indil"iduo, quasi perchè il 443 mondo credendo in lui soffochi la sua sfì. ducia. ,\la in Giud,t/,,, poeticamente Nietzsche è già oltrepas ato. L',1rt1s1agià pres~111e com'è ,·ana questa pseudo-religione. Al conlatto della realt~ e_roic.1del mondo essa s'infrange come coccio 111dorato. Non può sostenere il i:radtare della nuorn civil1i1. E allora? L'epoca d1 Heb– b_el, cioè quasi quasi la nostra, nella dispera– zione s'è n\'olt,1 di nuovo, cecamente, ic;;tintiva• mente, al cric;;tt,ine~imo. Ha in\locato il dio criticamente supera10. E contro Oloferne che non basta, è nscatenata dal pit1 profondo dell'anima Giuditta. Il cristianesimo taglia la testa alla modernità che non ha saputo af– fermare il proprio Jiritto in una propna fede. Ora l'intuito poeiico ha impedito a llebbel di mettersi nelle forme contemporanee dove vincerebbe il suo odio per cosi dire 1eorico contro il cristiaaesimo. J\ell'nttuale non avrebbe. la forza di sconfessare ,i suo pen– siero e il pensiero dell'epoca. La storia l'ac– cettiamo senza vergogna perchè creJiamo sempre di a\lerla oltrepas, 1.tn. ,\la con tutto ciò nelle divine parole di Giudill.1 che torna fra il suo popolo: e Sl, ho amm.1z,ato il primo e l'uhimo uo1110 della terrn, perd1è tu possa pa,colar in p;.1ce le tue pècore, tu piantar i tuoi cavoli, tu far le tue faccende e tigliar bambocci che t'assomiglino •, è quasi l'urlo e la vendetta dell'uomo moder110 che s'è do\'utO negare a fa,·ore d'un' idea che non è pili la sua. E realizzare senz'urli questa vendetta può essere la nostra eredit~. Scipio Slataper. Funzionamento ferroviario. )li ero espresso chiaramente circa la cultura ~d i meriti dei diriR"enti le fcrrode. il cui silenzio 111teressato come individui <" come ctas"ie nei di– battiti ferro,·iari, dimostra che la loro funzione nell' azienda non è tecnica, ma politico-conser– vatrice. A precisare e documentare ecco la rive– lazione del loro convegno. 11 personale esecutivo presenta un progetto di riordinamento tecnico-amministrativo che in– contra lodi unanimi cli competenti e perfino t!n– cnn1io ministeriale. I funzio11ari laureati sdegnano di dar saggio della loro bravura; son « fuori concorso » ; l'opera loro troppo visibile è l'attuale amministrazione; il pubblico li conosce ormai bene. Certo il con• ,egno non soffri penuria di quei sottili .i,,·,·ocati che, ricevute le cause: btruite in fatto cd in di• ritto dai Reparti Commerciali, le dividono su– bito con felice intuito, in conciliate e perdute; l'Adriatica trasferiva nell'agente respons·,bile di errore nei pagamenti o nelle tasse 1, .uritto di perseguire, come privato, il debitore della ferrovia e per lt cause importanti stimolava l'in– teressamento dei liberi professionisti ; nelle Se– zioni un 1,pettore a\'vocmo davn parere sull'op– portuniti <li adire le \'Ìc le gali : oggi ci sono dieci Cffici Legali C.:omp.li. Non saranno man– cati quei prodigiosi i ng egneri che ·collaudarono le locomotive inst:n·ibili della ~lidlanrl l2.500.ooo lire). Avrà certo aderito con entusia:,1110 quel fun,donario geniale, emulo cli \'espasiano, che ,·olle aggiunte ai fa-.ti dell' Italia amminbtrati\'a le l,1trinc: di centomila lire. Però, ha detto il personale diretti\'O, (la di• stinzione tra potere direttivo ed esecutivo è stata una vera cn:azione costitu.donale per affermarsi come corporazione chi11sa)i se non abbiam bi– sogno di sciupare la nostra perizia tecnica con– tendendo con degli agenti che, per ragioni na– turali di grado, ha11110sempre torto, non è eletto che lasciamo pas-.ar l' occasione propizi:i per chiedere i miglioramenti., richie!',ti dalla maestà della nostra funzione gerarchica. Dunque, sgal– letta il loro dirigente :iccompagnato in sordina dall'ing. Ancona che ingoia e sputa e ringoia e risputa quel che han dttto e !')critto g:li altri e lui stesso sul probltma ferroviario con tanta passione che se non lo fanno presto ministro finirà per rimeuerci la saluti::, dunque ecco de– linearsi i fondamenti e gli scopi dell'agitazione: a) aumentato costo della vita proporziom:le per tutte le classi sociali. t,) pap:\ ha speso più di trentamila lire per fa1ci arri".ir fin qui e lo stato <le\·e quindi ri– fonderci capitale e interessi ammortizzando collo stipendio il credito che gli abbiam fatto. e) le industrie private pagano di più. d) le statistiche annuali dei furti, avarie, QUADERNI DELLA VOCE DEDICATO A L'UNIVERSITÀ ITALIANA A TRIESTE A CURA DI FERDINANDO PASINI In vendita presso tutte le Librerie e Chioschi a centesimi 05 blicati I d · saran di formato sedicesimo e ognuno conterrà circa 124 pagine di vario corpo. - Saran raccolti da Giuseppe Prezzolini e pub- d qlluaCerm Editrice Italiana Firenze, Via Valfonda, 9, alla quale van òireffe fuffe le richieste. 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