La Voce - anno II - n. 34 - 4 agosto 1910

LA VOCE pur nobilitato dal trofeo d'un cat(:naccio strap– pato a una porta fiorentina ; ravvicinando in quella sua potente fantasia i due si diversi spet– tacoli, ebbe, sin d'allora, n raffigurarsi gli Are– tini come hotoli ringhiosi? e questa immagine serbò fissa in mente e inquadrò, poi, per I'eter– nità, nel poema? ... Checché sia di ciò, in verità nt: botoli ringhiosi furono allora gli Aretini, nè sono ora sgarbati. Che non botoli, attesta lumi– nosamente I:\ loro storia comunale, qu:rnclo al– largarono vittoriosamente il proprio dominio in Val d'Arno e \'al di Tevere, e tennero a bada da una parte Fiorenza dall'altra Perugia; che 11011 sgarbati, impara il forestiero. superata quella prima fallace impressione, trattenendosi più a h111- go entro le loro mura. Nobile e dignitosa gli si appalesa allora quella rudezza di modi ; indi1.io piuttosto cli franca sincerità e aurea semplicit:'1, valutando e gustando le quali egli av\'erte tutto il falso e il convenzionale degli sdilinquimenti di gentilcna d'altri luoghi. Popolo ardito e franco insomma, nel suo insieme, questo d'Arezzo. per virtù, credo, rampollante da quf'gli antichi padri che osavano assalire la superba Fiorenza e ap– penderne il chiavac.:cio - strappatole, come ho detto, da una porta - alla lor chiesa cattedrale; e mostrata integra e salda anche nei n:centis– simi tempi del risorgimento nazionale, quando molti de' suoi figli, vestiti i più della camicia rossa 1 versarono generosamente il sangue in pro della patria itnlinna. )la il carattere d'un popolo, come d'un iudi– viduo, è assai complesso e consta di varie note. E a intendere e spiegarsi le condizioni sue di spirito, giova rilevarle tutte. Anche quel sicuro indizio di maturita, di forza e di coscienza della propria forza ; quella dote che contraddistingue le genti più e\'olute e civili dalle altre, la misura, é pur essa una notevole earatteristica cli questo popolo. Misura e com• postezza nelle parole e negli atti 1 derivate - certo - dal graduale e progressivo C\'Olversi e maturarsi delle coscienze nttraverso molte gene– razioni vissute in condizioni perspicue di civiltà. Ecco, av\'icinanclo e praticando questa gente si -sente che essa ha dietro di sè una tradizione non ingloriosa, ha percorso, come direbbe il Bourget, quella tappa che i: indispensabile alla maturità e al perfezionamento spirituale. Conseguenza diretta e più frequentemente pa– lese di questa virtuosa misura, è una grande riservatezza nelle manifestazioui d'ogni ge11ere. Chi \'Olesse verificarla leggendo i giornali citta– dini, patirebbe una delusione : la violenza dei sentimenti che le lotte cli parte (troppo spesso av\'elenate cli personalit:\) qui - non meno che altro\'e - suscitano, non la lascia esercitare: ma fuori di questo ambiente riscaldato, nella cerchia normale delle comuni relazioni, essa continuamente si manifesta 1 persino tra le per– sone più intime, fn. le quali - di solito - una certa libertà di parole e di atti è :u111ness:l e natumle; persino tra l 1 uno e 11altro fratello, tra genitori e figli. E cosi é av\'enuto che un voca– bolo della nostra lingua ha preso - si direbbe proprio qui, dov'è usitatissimo - un valore del tutto speciale a significare appunto questa riser– vatezza, impiegata nel chiedere checchessia : il vocabolo « i1nprovvisare ». « Improvvisa )> chi non chiede direttamente; ma alla larga e con molta prudenza ed accortezza fa intendere altrui il suo bisogno o desiderio. Anche questa nota del carattere aretino, a clii la considera superfi– delmente, appare biasimevole: ci \·edono - gli osservatori superficiali - un indizio cli poca sincerità e franchezza, se non addirittura cl' ipo– crisia. Nuovo e non meno ):(ra\'e errore. Prova al contrario il grande rispètto che. spontanea– mente, qui si ha per la perSonalità individuale. Si domanda in qual modo 1 e per 11011 soffrire l'umiliazione aperta d'un rifiuto e per non pre– mere in maniera troppo diretta - che sembre– rebbe indiscreto - sulla volontù altrui. Da una ,domanda siffatta si può decorosamente recedere, come l' interpellato può - senza offesa - mo– strare di non volere o poter sodisfarla. Anche questa, in uhima analisi, é - come clice\'0 - <liretta conseguenza e di per sè 11011 affatto brutta nè ripro\'evole, a mio a\'viso, della virtuosa mi– sura aretina. * ~ Un'altrn nota spiccatissima del carattere di questa gente è poi il grande amore della pro– prietà specialmente rurale e, per riflesso, la poca tendenza e attitudine al commercio e alle industrie in grande. Già, la quasi totalitù delle persone agiate o addirittura ricche ha la mas– sima parte, se non l'intero, ciel suo patrimonio investita in beni rustici; ma anche i meno agiati, i professionisti, i bottegai, se nulla nulla riesco– no a metter eia parte un po' cli danaro, lo im– piegano volentieri nell'acquisto cliqualche campo, don:: sia, possibilmente, una modesta casuccia, desiderato e gradito rifugio, nelle ore d'ozio, dalla vit:l ciuadinesc:1. Anche questo \·ivo amore per la proprietà fondiaria è ereditario: siamo in una regione agricola e qui perciò si apprezza al giusto il valore della terra, come tonte di \"ita e <li riccheua. S'aggiunge la naturale bellezza della regione, ondulata lii dolci colline coperte cli vig-neti e cl'olivi ; lirnitata da monti pittore– schi, più lungi; occupala in gran parte da ferti– lissime pianure. Ora, ciò che più importa - come nota del carattere - è che questo spiccato, atavico e genuino amore.:::del p0S!:>essodetermina <lei par– ticolari stati psicologici e quindi particolari con– tegno e atteggiamenti e espressioni. In pochi luoghi, come qui, si fa tanto uso della parola « mio ,. riferita a cose o persone. (Juesto fe- 110111eno,poi, è in stretta relazione con l'altro acce1111ato della 1·iscn 1 nle:::a, in quanto, in ul– tima analisi, per esso, come per quel.il ' ultima ciascuno sente d'avere intorno a st' un am– bito d'attività a lui riserbato e proprio: e co– me non vuo1e che :tltri lo varchi o comunque violi, cosi egli si guarcl3 di penetrare in quello d'altrui. Questo sentimento, tuttavia, se pure in st! non biasimevole né antipatico, può diventare e diventa infatti nocivo, in quanto si manifesta anche nelle superiori relazioni della vita del pensiero e del.la cultu"'a, e rallenta quindi il corso del progresso e lo sviluppo della civiltà. * Nella serie dei secoli i\ rezzo è stata feconda di uomini di vasto ingegno e singolare dottrina, che nella storia delle lettere e delle scienze oc– cupano posti segnalati. Senza tener conto ciel Petrarca, aretino per caso, qui trassero l'origine loro e qui si formarono Guido Monaco, Ristoro, Guittonc, l\targaritone, gli Spinelli, Leonardo Bruni, Carlo Marsuppini, il jlagel/o de' principi Pietro, Giorgio Vasari, Andrea Cesalpino, Fran• cesco Redi, Vittorio Fossombroni. Fiorì anche in questa città nel ~lectio Evo uno Studio insi– gne. e si può dire che le buone discipline \'i abbiano avuto sempre dei cultori intelligenti <: amorevoli. I la dunque Arezzo anche una decorosa tradì• zione d'intellettualità e di cultura; ma bisogna pur dire che, escluso il periodo glorioso del co– mune, e specie nel successivo periodo della do– minazione fiorentina (1384-1529), gli alti ed eru– diti intelletti sono un fenomeno individuale onde sarebbe affatto arbitrario, anzi errato, dedurre alcunchè circa le condizioni intellettuali e di cul– tura del popolo. In \'erità il popolo, estinto quel sole di luce spirituale che fu lo Studio, \·enuti meno, colla fine ciel libero comune, il fervore cl' iniziative, l'esercizio dell'eloquenza politica, la partecipa– zione e l'addestramento nei pubblici negozi, la potenza educatrice dei contrasti di parte, le pa– lestre delle armi, gli entusiasmi e le passioni più vive, la \'ita civile t: politica insomma ; il popolo, dico, prese a applicarsi esclusivamente all'esercizio de 1 suoi mestieri manuali e rivolger l'acume cieli' ingegno al solo conseguimento de' beni materiali. Cosl le condizioni intellettuali e di cultura declinarono, decaddero miseramente, nt: si può dire che on1, nonostante il grandioso sviluppo delle scienze e delle applicazioni scien– tifiche, la maggior intensità della vita e il risor– gere, se pur lento t:" manche\'ole, d' istituti edu– cati\'i, \·adano risollevandosi in modo e misura soclisfacenti. Ciò dipende da due cause: la prima consiste nel deterioramento intellettuale derivato da lunghi secoli cli negligenza e cl1 inerzia; la seconda nel cattivo· ordinamento e impt::rfetto •funzionamento degl' istituti educativi e di cul– tura in genere. Non \'i sono dunque pili intelligenze fresche e robuste? Si, nrn rare: solidi arbusti, che hanno resistito alla furia del tempo-raie, agitano ancora e dilatano la verde chioma ; ma le altre piante, le più, s0110 state abbattute o deformate dall'u– ragano. Così è che nelle scuole si ha una media a~sai alta cP intelligenze scadenti; in compenso, gl' intelli~enti sono ::,pcsso intelligentissimi. li che, del resto, mtesta della nati\'a bontà della razza, alla quale, secondata da condizioni fa\·o– re\'oli, non può mancare una feconda e \'itto– riosa rinascenza. ~la intanto gio\'en\ esaminare un po' da vi– cino gl' istituti educativi e, insomma, gli stru- menti di cultura. Jf. 11comune spende parecchio, in propbrzione dei suoi mezzi, per l'istruzione pubblica; ma nondimeno insufficiente ~ il numero delle scuole elementari cli campagna, e da questo dipende i11 gran parte il deplorevole fatto che la percen– tuale degli analfabeti è qui fra le più elevate delle varie pro\'incie d'Italia. Si hanno in\'ece (oltre una scuola d'arti e mestieri, la quale in BiblotecaGino Bianco- \·érità t utilt, ~pecialmentt d' in~tgnarrn:nti pra– tici, alla class~ operaia} tutti quanti gl' btituti cl' istruzione ~econdaria; ma come pro\'\·eclono essi alla diffu=,iont e ali' incremento della cul– tura ? AhimC, a~sai miseramente. E 11011 per di– fetto degl' insegnanti, fra i quali non mancano operosi e chiari intelletti, ma ..,opr,1 tutto dei programmi e degli ordinamenti ufficiali. Questa1 ·c1cl resto, è piaga che infetta non solo :\rezzo. ma tutta Italia. Cosi anche qui la scuola non è, come do\'rebbe, enicace propulsore! cli cultura, prima pale~tra del pensitro, strumento utile a dare ordine ali' inttlletto, di,;.porlo al dtsiderio disinteressato citi 1.iapere; ma un'oOicina O\'e -.i preparano, col pedantesco S\·olgirnento degli in– formi e irrazionali programmi, impiegati e pro– fessionisti. Erudizione spesso inclige")ta. quasi sempre superficiale e posticcia, può rica\'are il discente da queste scuolt; cultura \ era e feconda, seppur necessariaml·nte limitata, no mai. l'::così pur troppo: le 11ostn.: scuole mortilicano, non a\,~llù lo !>pirito. (Jui !>OÌ' - bisogna rile\'arlo - il moti\'O uti– litario per il quale i geHitori mandane, e i figli vengono a scuola si manifesta non meno \'i\'O che altro\·e : la lictnza della scuola media i: la condizione siut qua mn, per ottenere l'ambito impiego ; nessun altro benefizio - se pur po– tesse ciarlo - nes~un altro fine si \·ede d:l.i pii, nella scuola. E. quindi, troppo spesso. non un accordo amichevole corre tra 111ae~tri ~ scolari, questi non vedono in quelli dei superiori rispet– tabili, ma piutto.,.to degli a\'versari, dei maligni che loro ostacolano il conseguimento della mèta agognata, e nutrono per essi clinidenza e ran– core. * Ma vi sono altri btituti - oltre quelli scola– stici - i quali potrebbero sen•ire alla diffusione della cultura, e taluno, a dir \·ero, qualche cosa in questo senso fa ; ma poco in confronto al bi– sogno. Il più ragguardevole è la R. Accademia Pe– trarca di lettere, scienze e arti. 1> 1 antica origine con una tradizione non ignobile, fornita d'una rispettabile biblioteca di \·arie migliaia di volu• mi, ma nei quali il sapere moderno l• pochis– simo o punto rappresentato (il che prova che gli accademici odierni valgo1; meno dei passati), è pur sempre la socit>tà in cui s'accoglie il ph', e il meglio delle persone colte aretine. :\la, ahimi: c::e le accademie, in genere, sonnecchiano, questa dorme la grossa. I pochi che la frequen– tano, ci passano un'ora leggendo una ri\'ista o un giornale; sì, pur troppo, anche un giornale. l)i rado la sua bella sala si apre al pubblico per qualche lettura o conferenza : peccato ! Luce di sapere potrebbe di qui cliftbndersi nella vetusta città. Jn questi ultimi tempi. è vero, un certo risveglio cli atti\'ità si è a\'uto nella vita accade– mica ; ma comunque è questo un fenomeno troppo ristretto e localizzato, e non può avere effetti sensibili sulle condizioni generali della cultura cittadi11a. C'è poi una biblioteca pubblica, proprietà ciel• l'antichissima Fraternita dei I .aici. Ricca, anzi ricchissima : si può dire che quasi nessuna delle opere fondamentali del sapere, specie nel ramo storico, vi manchi; ma, al solito, fino a un certo tempo, cioè fin presso al nostro tempo. Qui ab– biamo a\·uto un cleplorcvole arresto nel rifornì• mento bibliografico. Invano, fatte pochissime eccezioni, \'OÌ d cercherete lt opere pili insigni del pensiero contemporaneo. S 1 ag-giunga che anche gli ordinamenti e l'orario della biblioteca sembrano fatti piuttosto per impedire che per facilitare la cultura. Non è ammesso il prestito per nessuno ; anzi a questo proposi:o ricordo che una domanda di tutti gl' insegnanti e i capi cl' istituti medi per ottenerlo, 11011 ebbe neppure il modestissimo onore di una risposta. L'orario poi coincide a pu11tino con quello delle scuole, sicchè nè maestri nè scolari hanno agio di fre– quentarla. C'è inoltre, annesso alla biblioteca, un museo per vari rispetti preziosissimo : bastereb– bero a renderlo ;aie le collezioni di \'asi prei– storici ed etruschi e aretini 1 di monete e sigilli, di ceramiche : or bene, esso si apre soltanto due giorni dell1anno al pubblico ; e co,i a11cheque– sta che potrebb'essere una fonte di c:ultura non serve quasi a nulla. l)i si gravi incon\•enienti, sui periodici cittadini, e anche su :,:-iornalie pe– riodici di fuori. sono comparse aspre censure, delle quali bisogna riconoscere il giusto movente, sebbene sia da ripro\'arsi la \'irulenza con cui si è attaccato anche il prefetto della biblioteca e conservatore del museo, l' i11sig11e archeologo G. F. Gamurrini 1 che merita gratitudine per l'opera sua, amorosamente e disintere,;satamente da lu11• ghi anni prestata, e per doni ragguarde\·oli fatti a entrambi gl' istituti. ~la in og-ni modo questo stato di cose non può durare: I' i11\'icliabile pos– sesso di certi beni impone al posses~ore dei do- 371 \'tri impre..;ci11dihili; co ... , don·rc prima di tutto cli arricchire la biblioteca delle prinr:ipali npert• moderne, e di 111t:tterquesta e il mu-,eo in con– dizione di ~io\'are ,ti pubblico . .\ questa conclu– sione anche i chiari Honi, )til,rni e :'\lorpurgo ">Ono pen·enuti. dopo un'accurata i:,;,pezione ai due istituti da e-.,i ultimamente fatta. E passiamo oltre. c·i:• ,rnrhi: qui una seziont.' ,,.,.._ainumeroso della I >ante .\lig:hieri: qualche cosa fa feci t· merito, ora, <lei ,uo pre!:>iclente clott. )lassimili,rno Falciai, che colla intelligente operositil rie~cc tal\'olta a \·inrcrc I' inerzia dl'lla gran maggioranza dei soci . m,\ l.1 -.ua a.done 11011 può certo modilicare wn-.ibilmente le ('011· dizioni della cultura. Comunque la -.~zionc con– tribuisce non tra-.cnrabilmentc ad alimentare l'u– tiJ,-.istituzione . e di questo meriti\ lode. E c'è anche nnn Società degli amici dei mo– numenti. Sotto l'impulso cli quel chiaro cultore clell':trte che è Pier 1.nclodco Oct.·hini ha accen– nato a metter ... i in una \·eramenk buona \'ia. a dar upera ciol.· alla diffusione dell.1 cultura ,uti– stica, per esempio colla lettura e il commento delle Yitc di Ciorgio \"asari: molto meglio <1ue– -.10. delle liete, appetitose e poi digestive pa!;– .._rggiate che formano in molti luoghi In finalit;i suprema cli societi\ consimili. Finalmente i: da far menzione, come d'un pos– -.ibile strumento cli cultura, del seminario vesco– \'ilc, prov\'isto pur esso d'una huona biblioteca; strumento cli cultura, dico, i11quanto ivi si edu– cano persone destinate ad avere una diretta e non lie\'e eflicacin nella formazione e nello s\ i– luppo delle coscien.te popolari. .--\nche qui, pur troppo. le cose per questo rispetto non vanno bene; anzi, a quanto da ctrti fntti posso argo– mentare e da notizie cli persone he11e informate devo credere, lascian molto a desiderare. ~to11si– gnor \"olpi, il \'esco\·o della diocesi, é, per quel che so, un pio e caritate\'ole sacerdote, ma una mente ostile a 110\'ità. I la pertanto una grande a\'versione al co:,,ìeletto moderni..,mo. e l'ha ma• nifestata fin da' primi tempi della sua \'enuta qui allontanando dal seminario tutti quei mae– stri che erano sospetti di tale tabe, pur troppo fra i migliori, poi sostituiti con altri, ;, pa– recchi dei quali. -;e non manca il buon volere, difetta la necessaria perizia. Un rigido formali• smo regola la vita scolastica e religiosa ciel se– minarìo ; troppa parte del tempo data a pratiche religiose, impartito l' insegnamento rigidamente tradizionale, csclusone con cura paurosa ogni accen110 a questioni e idee moderne. L'nv\'er– sione e il timore delle quali - sia eletto di pas– saggio ..:..si confermò recentemente perfino colla proibizione 11ella diocesi aretinn e in quelle li– mitrofe di S. Sepolcro e di Fiesole, della let– tura del castigatissimo (;iornaled'/lalia, chepub– blica\'a notizie - assai serene e oblietth·e in \'erità - sul mo\'imento modernista. Quindi anime chiuse, depresse usciranno dal seminario; e che azione potranno esercitare nel campo intel– lettuale e della cultura? Gio\·erà i11fine ricordare che l'av\'. G. B. Gui– ducci, giurista ;1retino,. ebbe qualche anno fa 13 buona idea cli fondare un'uni\·ersità popolare. L'istituto \·isse un po' di tempo 11011 indecoro– samente; ma poi languì, morì. * Anche la \·oce del! 'arte, che pur qui fiorì mi- rabilmente, specie nel tempo del libero comune, non ha quasi pitì chi l'ascolti. Invano sull'acro– poli s' innalza la mole maesto~a della cattedrale, disegnata da Margaritone aretino, dove si ven– nero accumulando e tuttodi restano monumenti insigni di Giovanni Pisa119, cli Giotto, d'Ago• stino e Agnolo scultori senesi, citi Della Robbia e di (;uglielmo eia ~larsiglia: in\'ano nella chiesa trecentesca dei frati minori di S. Francesco re– stano opere di Spinello e quel coro, stupendo per gli affreschi cli Pier della Francesca che de– \'Oti dell'arte co11\·engon ;l'ogni pae~e :id ammi– rare; invano Benedetto da ~1ai,rno orna,·a del venustissimo portico la chiesa cli S. Maria delle Grazie : la \'oce dell'arte non ha quasi più chi l'ascolti, sebbe11t: da alcuni (il ricordato P. L. Occhini, Cml>erto Tavanti e anche il pur ricor– dato ~1. Falciai, autore di una lodata Guida d'Arezzo} si facciano ge11erosi tentativi, 11011 dico per an·i\'arla - chè essa è ben \'Ì\'a, per Dio - ma per farla intendere agli Aretini moderni. Jf. Forse all1azione \'Ìgorosa cPun largo mo\·imento industriale, alla macchina pulsante, insomma, è riserbato l'unicio che il libro o l'opera d'arte o la ridente immortale natura - qui, nel fulgore di tutte le sue seduzioni, cli tutti i suoi incanti - non ~ sunicie111e a compiere, ridestare cioè a vita no\'ella questo popolo, buono di fondo e generoso, metterne in fermento l'energia intel– lettuale latente, schiudere al suo pensiero nUO\'i orrizzonti, nUO\'i campi cl'atth·ità, di dttorie, di gloria?

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