La Voce - anno II - n. 32 - 21 luglio 1910

362 LA VOCE E sopra tulio tro\'a (e, nei limiti del suo po– tere e per eccezione, S\'eglia) forze economiche potenti, le cui contese lascia liberamente com– porsi nel punto di equilibrio che trovano da sè ; e trova nei cittadini quel fondo di be· nessere economico che solo rende utili loro i servizi, sempre complementari, non dimenti• chiamo, che i poteri pubblici e le associazioni ,possono loro rendere. Del come una Italia nazionalista e liberi– sta ,·edrebbe i problemi che lei prospetta potrei dire a lungo ; come una riforma eco· nomica e politica liberista sarebbe conser– vatrice, nel senso in cui ella dice d'esserlo (anzi reazionaria, dico io, in senso morale e come ritorno a quello ch'era l'Italia nel 1860) avrei da dire altreltanto, e molto credo sa· remmo d'accordo ; ma non mancherà altra occasione. Ora, per togliere ogni equivoco e il vo– luto caraltere formale di questa formulazione (:tltrimenti ci saremmo impicciati nei casi particolari) debbo dirle che il nazionalismo Iiberista lavora appunto, com'ella vuole, ne– gli istituti negli organismi e nelle tradizioni esistenti ; massimo la nazione. Tutti discute, perchè ha in sè la misura della loro econo– micità: mc.lti (e anche qui potrei esaminare a lungo la sua enumerazione) rispetta, o la– scia alla e,•oluzione economica di modificare ; quelli di l(0Verno sopra tutto conserva volen– tieri, perchè non cade nel volgare errore di credere la democrazia governo di lulli, oltre che per /111/i: uno solo non discute nè con– sen·a perchè non deve e non potrebbe : la nazione. In ciò si distingue, con parecchie conseguenze pratiche, dal liberalismo teorico, col quale la prego di non confonderlo facil– mente. Infatti, se il sentimento nazionale e non uno di giustizia o di umanità è la sola possibile causa morale efficiente del liberismo economico, questo non può se non sotto pena di suicidio discuter quello. E in germe deve accettarlo qual'è nell'ambiente. Questo germe del nazionalismo per ripetuta e concludente esperienza è appunto l'irredentismo ; forse per un difetto del carattere italiano, per un certo pagliellismo internazionale, ma è cosi. Io non credo il nostro popolo coloniale, sebbene ci sia ancora qualche esperienza da fare ; non credo si possa quindi disfarsi senz'altro del– l'irredentismo a cuor leggiero. Credo si debba educarlo a visioni più larghe, e servirsene per togliere al nazionalismo quella « vaghezza e imprecisione magniloquente • eh' ella la– menta. Ob, non c'è semplificatore più ener– gico 111 nostro nazionalismo è incredibilmente preciso, già che il suo programma nazionale prossimo è appunto la guerra ali' Austria non appena saremo - n~turalmente prima di essa - preparati a farla. Alcum irredentisti lo tacciono o lo negano, non percbè intendano la sciocchezza della cosa, ma perchè inten– dono la sciocchezza del proclamarla nell'am– biente democratico in cui si muovono, do\'e tutto è falso, compreso il delirio irredentista colla paura delle conseguenze ... a Janno pro– prio, come ella ben dice. Ma tra i giovani della Tre11to-Trieslr, dei battaglioni di volon• tari, delle compagnie cicliste, del Club Al– pino la cosa è sentita con una chiarezza straor– dinaria - e non strombazzata. Programma la guerra ali' Austria, per un decennio, come potè esser la guerra alla Francia per la Ger– mania settentrionale dnpo il 1866. Perchè l'Austria, come la Francia allora, è u~II• ne– cessità di farcela per assodare la sua posizione europea e balcanica, e ce la far.i, noi volenti o nolenti ; conviene quindi prepararci senza altro, silenziosamente e alla spiccia. L, spesa? Ma noi stiamo, come tutte le democrazie, con– sumando ricchene enormi, oltre che ne,:li a1mamenti, in una politica sociale (se,,su/alo) inconcludente, che dopo mille mangerie può dare agli operai e ai contadini qualche mil– lesimo in più dei centesimi che l'aumento della produzione e l'organizzazione bastano a procurar loro, e che intanto intralcia tutta l'attività economica I E quanto non sprechiamo in leggi regionali, in larnri pubblici impro· duttivi di comodo agli appaltatori e alle coo– perative, mentre col protezionismo fiacchiamo le migliori energie! Certo che politica so– ciale e politica militare insieme non si pos– sono fare, specie in un paese non ricco; sol- tanto, 1 nazionalisti preferiscono I• politica milita,e, pensando cne la ricchezza e l'unità di patria che si crede ora di assicurare con l'offa ai politicanti prepotenti, sarebbero me· glio assicurate da una politica di buon mer· calo e di sviluppo economico generale. Del resto Cavour ci ha insegnato come uno stato piccolo e povero possa, pur sottoposto ad un immenso carico tributario, crecere in prospe– rità con la libertà economica, e in unità morale con un preciso programma naziona– lista. Ed ora mt scagli pure sul capo, caro Prez– zolini, l'anatema. Io sono convinto, come lei, che gli eretici sano i piedi dolci della bugiarda politica italiana e che ortodosso sono io e gli altri guastamestieri pari miei. Kon sono pochi, creda, e con mio grande piacere crescono ogni giorno più: all'ultimo Con– gresso della Treulo· Trieste a cantarle chia• e a guastare il mestiere ·dei benemeriti mn un po' pantofolici Jirigenti ci fu perfino un soci al ista I I.a cosa va ... Ella ha fatto col suo· articolo una do– manda; io ho risposto. Ci accapiglieremo? Le stringo cordialmente la mano. Alberto Caroncini. NOTE l)ire che è l'irredentismo del regno che im– pedisce agli italiani d'Austria d'avere I' L'ni• versità .1 Triestt: è tanto sensato, come dire ad un abbiente che la sua ricchezza è causa cli un furto che abbi;1 sofferto. L'irredentismo potrebbe anche esst:re (e 11011 è : domandare a loro) no• civo agli italiani d'Austria, e non perciò noi del Re~no dovremmo dimetterlo ; almeno se il san• gue non è acqua e se le pedate sono pedate. Le lotte tra pangermanisti e trentini, trn slavi e istriani e dalmati e triestini, se noi rinuncias– simo all 1 irredentismo si trasporterebbero sempli– cemente qualche chilometro più in qua o più in giù, sul Garda e nel Friuli meridionale o nei porti marchcgiani e veneti. E tra dieci anni ci si domanderebbe l'Università slo\·ena a Udine. Non risponda che qui noi potremmo lottare coi meui di governo, perchè un po1}0l0 che si ri– duce a questi è già condannato. E poi allora da Trst e da Trient verrebbero a \"erona o a Udine le « gite teatrali », nè alcun Prezzolini tedesco o sla\'O sgriderebbe quegli « schiamazzatori » che verrebbero qui, sulla pelle dei loro consanguinei (?!) di dentro, a rischiare la facile e gloriosa espulsione (e spero anche, qualche sonora e in– gloriosa legnata). Le gite degli irredenti nel Regno, caro Prc7.– zolini, sono o non sono sov,·ersivt e pericolose per l'impero austriaco secondo che l'i. r. poli– zia ha, o no, bisogno di far apparire Trieste come un CO\"0 di cospirazion{, che poi l'autorità giu• diziaria. nega immancabilmente, dopo parecchio carcere preventivo Sono stati molto più distur– bali i reduci da ~filano del 1910 che 11011 quelli da Udine del 1903. 11 perchè 11011 è mistero, f.C pur non si voglia ricordare che allora all:i Con– sulta c'crn Prinetti, e che l'Austria era meno pre• pernta cl\c non ora Consideri quindi le circostanze e non cada, sia pure per eccesso di contrasto, nei luoghi comuni democratici di dieci anni fo, che sono tutt'altro che ,·erit.\ e conoscenza tecnica. i~ appunto per una tecnica migliore della di– fesa della lingua e della nazionalità italiana in All',;tria che t: sorta la Tre11/o-7riesle, anche per desiderio, se non erro, degli elementi più gic– ,·ani di là che l'aiuto solo scolastico della /Janle e dei suoi fiduciari ritennero insufficiente. E in pochi anni, senza gli appoggi go\'ernath·i e 111as– so1aici della Da11/e,e forse perdi~ senza, ha fatto infinitamente pili che questa in temp\l corrbpon• dente. Perchè? perchè si è rivolta ai gio\'ani i quali non hanno messo il loro irredentismo sulla bandiera dell'a;;;;;;ociazione, ma ne hanno fatto 1n forza motrice delle sue opere, che pure restano nel cn111polegale e pacifico. Quante centinaia di lire? BisognerclJhe sapere quello che piccole e pove_rt sezioni della 'l: 1: hnn fatto per la 1..t-gana::ionalt•, e 11011 certo col contributo ciel fior fiore dell:.t borghesia italiana (·he affolla la /). A., ma con soldini cli stu<lt:nti , e di operai. Prima sapere, e poi &enten.dare ! * L'espansione della lingua e Qella rali..1. ita– liana all'eMero ha anch'essa una sua tecnica, che il comm. Bcrlarelli e il Tourntg hanno il torto di n,·er dimenticato In alcuni luoghi dell'Istria e della Dalm.11:ia gli il~lliani si trO\'ano come coloni che per forza di ci'"iltà 5UJ>eriore a\'anznno e a.... similano. \'e. dcrc a pron\ Lus.,in piccolo, do,·e quarant'anni fa la m;tggior..m1a parlava croato, ed om 11900) parla italiano: detto dallo Czoernig (\·ctla che anche noi qualche conoscenza tecnica l'ahbiamo). Ora l'i1;11iano ùel regno che ,·a in quei luoghi, come l'italiano che \'a a Tunisi o a Scutari. dn,e sa/urt che col.i la lingua della civiltà e delle co• 1111111ica,ioni C:: l'italianaJ e che ,·i sono nuclei ita– liani cui far cnpo, se non altro per confortnrli col contatto nel loro posto d'a\·anguardia. \\.•dcrc a prova quanto fanno i tedeschi. Ora il 'lòuring solo perchl! può, e perché ne ha la tracli1.ione ,tn•t• guidare l'opinione e la pratica italiana ii; que!-ita f.l.,·cenda. Potrebbe, se la co~cienza na– ;donale e;btes!';e, darsi il lusso di quec.,ta obbiet– ti\"it:l (quale? que11a delle statistiche dei muni– cipi croati? ma ora non deve, perchè dclln for• mazione della. coscienza nazionale de\•'esc.,ere un J..'Tanfattore. E uno di quegli organismi che e-on– , ien'°, c-ome Ella dice, consen·are e ra\"\"Ìare. In fondo poi si tratta di un puntiglio del Ber– tarelli1 cui i soci affezionati della g-ran<.lt:b1ilu– zione nazionale daranno, alle prossime elezioni, una salutare lezioncina. A. C. BiblotecaGino Bianco .l/io caro Ca,·011ci11i, Lei si merita subito ri– sposta, prima degli altri. anzitutto come ospite a\"versnrio, e poi perchè il suo 11a1.io11alis1110 è ben differente da quello che noi 5i combatte. Se il 11azionalis1110italiano si fo~s<:sempre pre– sentato con idee come le sue e con uo111inicome lei, 11011 dico che mi sarei dichiarato nazio1rnli• sta anche io, ma credo che saren11110andati più d'accordo. Giacché ciò che combatto sotto l'c• tichctta di 11azio11alismo non è qualche cm,a di storicamente indeterminato, che ognuno può riem– pire di suoi sentimenti, ma quel nazionalbmo precisamenle storico di questo momento in Ila• lia e in due direzioni : nelle idee, perchc mi sembrano erronee e dannose alla nazione stessa che ,•ogliono esaltare ; negli uomini, perchè non mi ispira,10 nessuna fiducia di carattere. Dell'una cosa e dell'altra son qui a darle pro,·a. Il nazionalismo suo non è quello sostenuto dalle rivis1c e dai capi del nazionalismo italiano. Questo è essenzialmente p;otezionista. Non ho qui.raccolti llltti i documenti che potrei addurre. ma il Rt•gno, per esempio, prima rivbia nnzio– nnlista, fu protezionista; e le poche i11i,dnth·e pratiche del nazionalismo \'enuto dopo sono state protezioniste. Non è protezionista la ca1n• pagna contro il libero esercizio della medicina da parte dei medici stranieri? i\"on é protezio– nista la campagna contro le insegne e scritte in lingua straniera e per una tassa su di esse? Non certo queste campagne ~on fondate sul liberismo che lei dà per idea centrale del nazionalismo. Esse vogliono dallo Stato protezione per una classe o per una merce, che altrimenti non reg– gerebbe alla concorrenza. N è dico ciò per biasimo : il nilzionalismo, a mio parere, è ragionevolmente e logicamente protezionista, lo è per essenza e da per tutto; lo è in Inghilterra, agli Stati Uniti, in Germa– nia. Una volta il nazionalis1no era cittadinismo e riempiva la terra di dazi tra città e città. Pcr– chè non dovrebbe esser protezionista in Italia? Non è gi:\ un capriccio che lega le due· idee: è un errore comune. 11 nazionalismo come il protezionismo sono i sofismi di organismi troppo deboli per ilccettare i conflitti in modo naturale; che li \'Ogliono incontrare muniti di aiuti artifi• ciali, per ,·incere a qualunque costo l'av,·er~ario, senza accorgersi che l'a\'\'Crsario userà egual~ mente cli questi aiuti artificiali, e ne userà in ragion maggiore della sua potenza superiore. Veda, per esempio, la lingua francese: essa non ha alcun bisogno d'esser difesa per legge; essa vince qunndo le cose francesi (sentimenti, va– lori, idee ccc.) vincono. Non sono le tnssc so• pra le insegne che la salvano dall'imbastardirsi: sono i Bergso11, sono i Verlaine, sono i Cézan– ne ; sono le eleganze ; sono le in\'enzioni ; è la larghezza francese ad accogliere e a fondere i tro\'ati stranieri; é, insomma, lo spirito, che pii\ e meglio d'una tassa impone al mondo ci\·ile di snptre il francese, e fa quasi un barbaro di chi l'ignora. L'italiano al tempo della l{inasc-ita (e sì che noi era,·amo ben lontani dall'unità nazio– nale, dall'a,·ere esercito e armata, regio lotto e nazionalismo), era la lingua più conosciula d'Eu• ropa. Oggi la lingua dei barbari tedeschi, come la chiamano gli imbecilli tipo 11a1io11alistn,la deve conoscere ogni persona colta. 'Perchè? Perché la fortuna d'una lingua non dipende dal modo com'è pr 0 otetta 1 1na dai prodotti c-he essa dà; co1~1e,lei sa bene, avvien d'una macchinn o d'un campo. Io intendo dunque il nazio11alismo come un rinlzame1110 dei valori spirituali e materiali del– l'ltalin, non come la protezione e l'esalta1Jonc di tutto quello che abbiamo, buono o catti\'O che sia ; e credo, perciò, che l'aser noi un ne– nedetto Croce o un cl' Annunzio, abbia fatto pili per la nostra nazione cht: <lh:ci anni di naziona– lismo di artbti fallili e di giornalisti in mala fede. Se essere nazionalista significa voler per I' Italia dei grandi poeti. dei grandi scientiati, dei mercanti onesti e abili, dei forti e puliti la– ,·oratori : sono nazionàlista anch'io. E \'Oglio difatti un' Italia che non tenga l\ledardo Rosso per 20 anni lontano dalle esposizioni nazionali; che non obblighi \'ilfredo Pareto ari esser pro– rc~sore in Svizzera; che 11011 costring-a Arturo Farinelli a vivere come professore austriaco nel Innsbruck ; che, infine, non ci costringa a rico– noscere che Segantini fu beneficato d:1 France. sco Giuseppe e dimenticato da Umberto I t che ha scritto d'essere staio considerato in patria come un fonnullone mentre a \'ienna vendc\'a per 6oooo lire di quadri. Questo è na1.ionalismo liberista ; o meglio è \'ero e proprio patriotti<•,mo, che tale non può essere a prezzo di bugia e di violenza. Il nazionalii:;mo che io combatto è fondato proprio sulla « bugia patriottica •, ed io non credo che questa gio,•i punto a rinfor1.arc qne-i ,·alori morali degli italiani che son b.1,c essen– ziale del rispetto che le altre nazioni potrehbero a,·cre per noi e non IMnno. Il na1ionalismo italiano tt:'.nde a tro\·ar buono tutto quel che si fa da noi ; se il popolo t: su– clicio1 analfabeta e spesso lacln111colo, si dice che i <i barbari » ci C;\lunniano. E con i <e bar• bari » vien fuori quella speciale buJ.da p,1triottica che ò. il retoricume classico e quella 111ag11ilo– quenz.1 odiosa e dannos::t, per la quale, it1\'Cté cli pen,;;are e riAetter sul serio al perchè gli c.,lo– \'Cni scendano a Trieste e i noati circondino Fiume d'ao;~tdio, e quali ragioni t.conomiche ed etniche rendano ciò naturale ~d ine\'itat>ile. ci si mette a parlare di aquile romane e cli le\lni ,·eneti. Accidenti ! Ecco il solito dannun1ianbmo e petrarchismo, non mai abbastanza risciacquato, che putre nel fondo dello ~pirito e gua...,ta il midollo! Questo nazionalismo, - come sono stato con1ento di non tro,·arne linea in lei! e di vedere invece citato ri,1el Ca\'our che macchine e vacche porta\'a in Italia, non i11\'ocnnclo Giulio Cesare e le legioni - questo 1Hl1ionalismo noi 110n lo combatteremo mai abbastanza e h:sogne• relJbe che lv combilttesscro anche quelli. ro111e lt:i, se ha dei comp.1.gni 1 che a un 11azio11ali:-tmo più serio danno adt::sione. Credere, caro Caroncini, che questa lettera– tura (complicata di quel clccaclentismo che si fonda sui ,•aghi concetti di impero, di energia e di forza) sen·a a dare agli uomini tecnici t pratici (ai quali ,·errò poi) una coscienza nazio- 11. -1.le, è illusione. Di parole e sentimenti gene• rali, o purtroppo, generici, noi ne abbiam fin troppi in Italia. Quel che occorre sono le cogni• zioni tecniche, le quali non si hanno soltanto dagli uomini d'affari. Nè sono uomini d'affari, caro Cnroncini, i giovani già partiti e che par• tiranno fra breve per il l\lezzogiorno, ad ese• guire studi e propagand,,; sono, io li conosco e la Voce vi conta dei caldi amici, proprio quegli studiosi amanti di verità sui qu,di lei quasi sor– ride. A torto, perchè l'amore di verità ò. la base del carattere, e proprio di carattere ha bisogno l' Italia per rifarsi. E dico subito, a questo proposito, che com– batto il nazionalismo perch~ i capi nazionalisti non mi ispirano fiducia sotto la considerazione del carattere. Si dirà, al solito, da quelli che non lun la coscienza troppo !)il;Ul"d, eh· io ac; cio delle personalità. J\la non importa. Perso– nalità bisogna farne, quando non si entra nella vita privata delle persone, ma in quello che il loro carattere ha in comune con la loro opera e azione: sopratutto se vien presentata quale opera e azione patriottica. Veda, per esempio, il modo col quale il si• gnor Castellini, uno degli organizzatori cli un convegno nazionalista, e il giornale La Grande 1/a/ia, agiscon con me e con Lu I Ou. t un po' lungo, ma istrutth·o. Nel 1909 lessi nell'Alto Atl(,re degli articoli di 4uel galantuomo, sui giornali nazionalisti ita– liani, do,·e si parla\'a anche della Vore con sim– patia, e si dice,·a che essa polemizza\'a col na– zionalismo, non perchè non fosse nationalista, ma perchè vole\'a migliorato il nazionalismo. La cosa era intelligente e giusta. 1\1::t in bocca poi d'un giornalista nazionali sta mi parve cosi sbalorditiva che scrissi al Ca– stellini dicendo che aveva colpito ntl giusto punto e, facendo riserve su altri ~iornali nazio– nalisti, dei quali egli stesso 11011 diceva bene, affermavo che ci voleva un nazionalismo più ma– teriato di cose che intessuto di parole, pili interno che esterno. Le stesse cose, poi, su per i;-iù le ridissi in una nota di fondo della Vore n. 39. In essa dicevo - a proposito d'una tassa sulle inse– gne slranit:re - : « ma non sarebbe il ca.so per noi, che combattiamo il nazionalismo per migliorarlo, come ha detto giustamente nell' /Ilio Adige di Trento 1111 gio,·ane che parlava di noi, non sa– rebbe il caso di ,·edere più a Condo le cose e capire perchè mai la lingua italiana si trovi co• stretta a ricorrere alle leggi e al protezionismo, come le merci scadenti e i prodotti artifir.ial• mente fabbricati sen1.a spontanea richieMa del mercnto? ». E più sotto : « Ora sarebbe tempo che gli italiani si decidessero, e quando fanno del na.1.ionalisrno, lo facessero sul serio e si ac– corgessero che tutte le societ.\ e tutte le leggi per proteggere la lingua italiana uon possono far nulla, se non si mutano le nobtrc condizioni interne, non si lavora a rifare il 110!,lrocarattere, non si prende in mano umilnu:ntt: la ~copa e giù ai mucchi di spazzatura : giti, a quelli che si tro\"ano per le strade e a quelli che ~i tro– vano nel Parlamento, nelle cattedre, ne).;"liunici, ne1h: redazioni e nei c.1.ffé.I~:vero rhe la bcopa potrebbe intoppare in qualche nazionalista ... » Chi a,·rebbe detto che quest'era profezia I E

RkJQdWJsaXNoZXIy