La Voce - anno II - n. 24 - 26 maggio 1910

326 LA VOCE - Medardo Rosso : ECCE PUER. MUSBO DBL LUSSEMBURGO, PARIGI - (Acqulllo dtllo Su.to lr•nccu pn lnlzlatlv.a di C. Clcmcnccau), Manzoni, che, nei Promessi sposi", seppe, argutamente sorridere dei sentimenti, delle abitudini mentali, dei costumi ap– partenenti al tempo ch'egli ritraeva; e, nella introduzione, parodiò e comentò un pezzo di prosa secentesca. Quasi tutti i più recenti lavori critici sugli scrittori del Seicento sono come ricalcati su quel saggio critico manzoniano. Ma la supe– riorità ironica, al pari del1a passionalità commossa, non è atta a fare scorgere se non qualche lato solamente dei fatti, ai quali rivolge lo sguardo. Per narrare la storia, è necessario piegarsi verso di essa, ascoltarla con benevolenza, acco– glierla nell'animo con simpatia. Certo, accenni di benevolenza e, per– fino, speciali a po I o g i e del Seicento non sono mancate; ma le difese sono state informate ai concetti medesimi, dai quali moveva l'accusa. In altri termini, conce– dendosi la profonda corruttela di quella letteratura, si cercava di mostrart! come non tutti gli scrittori di quel tempo ne fossero attinti o penetrati fino al– l'osso. La cosa non era difficile, perchè in ogni epoca, si trovano spiriti indi– pendenti che sanno percorrere la propria via senza lasciarsi attrarre dalla moda; e vi sono altresi i timidi e fiacchi, che, incapaci cli dominare la corrente, se ne tengono lontani per paura. l\[a, pre~cn– tando la storia a questo modo, da una parte si viene a confondere repisodio con l'azione principale. e, dall'altra, si dà rilie\'O a individui e opere, che hanno pregio puramente negativo ; onde è ac– caduto che nella storia letteraria del Seicento il luogo dei forti o dei meno de– boli è stato spesso usurpato dai deboli o dai più deboli.« Io mi studierò di mostra– re (continuava il Tiraboschi nella pagina citata di sopra) che. benchò quasi tutta l' ltalia andasse follemente perduta dietro a quel falso lume, che tanto e tanti se– dusse, il numero però di coloro che non si lasciarono travolgere dalla corrente, non fu sì scarso, come da mo! ti si crede, e che anche nel secolo decimosettimo non fu del tutto priva l' [talia di leg– giadri ed eleganti poeti ». Corretti e languidi petrarchisti, noiosi imitatori di Orazio e di Pindaro, frigidi dicitori di celie, ebbero, per tal modo, il lasciapas- 1,arc e l'approvazione; e figuraro110 da pau,i t•lcdi nel paradiso della storia let• teraria. Col medesimo criterio furono condotte le antologiei nelle quali il Seicento è se1npre rappresentato dagli scrittori .: non secentisti •• o dai luoghi delle opere loro nelle quali essi non « seiccntcggiarono • e si attennero alla tradizione. E, giacche i più di questi e innocenti• furono toscani,si continuò ad attribuire, per questo secolo. alla To– scana l'egemonia spirituale, che, per l'appunto allora, C'ssa perdeva del tutto, cosi nella poesia e nel pensiero poli– tico e sociale, come nelle arti figura• ti\·e. Del resto, le difese sono, in istoria, pericolose non meno delle accuse, per– chè inducono, come queste, all'unilate– ralità e al sofisma, e a smarrire la vi– sione diretta. piena e concreta del fatto. Di qui il dubbio e lo scontento, che la– sciano le parecchie apologie tentate finora del Seicento. È stato detto p. c.. più volte e eia molti, che, in quel tempo, la letteratura italiana progredì, perchè si arricchì di nuovi generi, quali il poe– ma eroicomico e il dramma musicale. 'l\la che cosa importano i nuoVi geueri quando. sotto quelle categorie dei retori, non c'è il nuovo pensiero e la nuova forma? Jt stato affermato che il secen– tismo reagì contro l'umanesimo e an– ticipò il romanticismo. ~Ca, se qualche somiglianza si nota tra i due periodi letterari, specie nella predilezione pel pittoresco, c'è poi, sostanzialmente, nulla di comune tra l'esteriorità pomposa del secentismo e l'interiorità t.ra\ ·agliata del romanticismo? La ribellione alle regole ebbe lo stesso significato in entrambi i periodi? E, sopratutto, c'è legame storico diretto tra i due? Ancora: il Salfi esco– gitò. e il Belloni ha ripetuto e rinfor– zato, la teoria che l'origine del secen– tismo leuerario ebbe la medesima ra• dice clell'antiaristotelismo e naturalismo galileiano, e, cioè, si generò dal bisogno Bibloteca Gino Bianco di libertà e novità 1). 'l\fa chiamare bi– sogno di lihrrtà e 110\·ità cosi la r,cria indagine delle leggi naturali come lo sterile sforzo cli parer di dire cose nuove senza a,·er nulla di nuo\·o da dire. non è giocare alquanto sulle parole? E non sono sbagliatr nell"impianto Messo tutte' le altre difese, per le quali si c<'rca di provare che i I Seicento non fu meno morale. o meno religioso, o meno dotto del secolo precedente e dr,I seguente? Anche rispetto a questo periodo sto· rico, bisogna farla finita con le accusr e le difese, e mettersi a considerarlo nella sua oggettività, come un periodo della storia umana che. in quanto tale, non potette essere privo di qualche valore positivo. Periodo di decadenza, sia pure; ma importa non dimenticare •che il concetto di decadenza è affè_1.tto empirico e relath·o: se qualcosa decade, qualche altra nasce: una decadenza totale e assoluta è un assurdo logico. Di ciò ebbe un barlume il Settem– brini, il quale intese l'importanza del– l"Adone del Marino, il poema della vo– luttà, che « rappresenta una parte della vita italiana, sebbene non la parte mi– gliore • (2); e intravide i rapporti della poesia con la pittura, la scu I tura e l'ar– chitettura del Seicento dedicando alcune pagine della sua trattazione alla Certosa di San Martino in Napoli (3). Meglio ancora, e, cioè, assai più profondamente, il De Sanctis presentò il periodo mari– nesco come, non già una premessa, ma una conseguenza: una conseguenza dello svolgimento che aveva percorso lo spirito italiano dal Boccaccio via via fino all'Ariosto e al Tasso. La vecchia letteratura si era esaurita ed esagerava sè medesima; ma, in quell'esaurimento e tra queste esagerazioni, restava non pertanto qualcosa di vivo, la sensualità, esalata in tenerezze, languori, voluttà, galanterie e dolcitudini : onde la parola, perduta ogni serietà di significato, cede\·a il posto allo spettacolo e al puro suono, e si scioglieva nella musica (4). Se la critica del De Sanctis non in• vcstigò la letteratura del Seicento così particolarmente come gli altri momenti della nostra storia letteraria, se da essa non fu promosso il gusto per queste indagini. le cause di ciò debbono ricer– carsi, senza dubbio, in parte, nella in– sufficiente conoscenza che allora si aveva dei libri di quel secolo; ma, Sl)pratutto, nell'essere lo spirito italiano, allora, tutto occupato in problemi pili importanti c ur• genti; e, forse anche, in una certa ritro– sia che gli uomini ciel risorgimento do– vevano provare innanzi a un'epoca, nella quale l'Italia fu schiava non fremente e si av,·olsc nell'ozio e nella voluttà. Queste cause sono state via via ri– mosse negli ultimi decenni; perchè. ri– spetto all'urgenza, essendosi compiuti diligenti lavori sugli altri secoli. le forze disponibili si sono potute rivolgere a quel periodo dispregiato; di nuovo mate– riale letterario, si è adunato non poco, e poesie e drammi e romanzi e novelle e libercoli di varia qualità sono stati frugati e rimessi in luce; il libro ciel Belloni (dimenticato e diventato raris• simo quello ciel Salfi) (5). offre ora in bell'ordine i risultati raggiunti fino a un decennio addietro. E, quanto alla (1) /Hsloirc lillb-airt' d' llalic par P. I.. GIN· Gl:ESh., continuce par F. SALFI son collabora– teur, voi. Xl\" (Paris, 1835), pp. 4•50; e cfr. BE1.1.0N1, 01>. cit., 1>1>. 465-6; e dello stesso : Vila e ldlualura ddl"flalia dd .Seicmlo (Napoli, Pironti, 1906. p. 53). (2) Lc:io11i di lellualunr italiana, Il, (Na1>oli, 1868). pp. 283-4. (3) 01>. cit., pp. 405•14. (4) .'•:,"/o,·iadel/u ldleralura iloliamr, 311. cdiz., pp. 204•231. (S) -;u1 quale ebbe il merito di richiamare l'attenzione E. Pt-:Rcoro. (nella sua Nasse,r:-11(1 rritira della ldlrr. italiana,; e, veramente, sa– rebbe opportuno ristamparlo, percl1t: opera a,sai pregevole, fondata su larga e diretta conoscenza dei libri del tem1>0. cl1sposizion<' degli spiriti, il cl~cadcn;_ ti~mo europeo drll'ultimo trentennio, al quale I' rtalia ha dato la voce più po– tente. Gabriele d'A nnu11zio1ci ha messo in grado cli sentire con maggiore pron– tezza la poesia e l'arte in genere del Spicento. Scnonchè, a questi vantaggi che gli epigoni hanno an1to di fronte al Dc Sanctis, forma contrapposto e ostacolo un grave inconveniente, sul quale non è necessario che io mi fermi a\·endo esso costituito il motivo di altri miei scritti: l'indebolimento del pensiero filosofico, estetico e critico. Disporre cli un mag– gior numero di fatti e cli esperienze non significa giovarsi meglio di queste e in– tendere meglio quelli, se i criteri inter– petrativi mancano o restano sempre vec– chi, arbitrari e angusti. Gli studi sul Seicento. 1>'1bblic.Jti negli ultimi dccc11ni, sono, quasi tutti, poco conclusivi, per– chè non affrontano iI vero e proprio problema artistico, e divagano in cose estranee. Il Salfì che, ottant'anni so– no, sapeva, materialmente, della lette– ratura secentesca quanto e più che non se ne sappia ora.aveva criteri non più vec– chi di quelli che ancora si adoperano; e, di certo, era assai pili acuto e arguto dei critici posteriori, usciti dall'indirizzo eru• dito o positivistico. Rare eccezioni pos– sono additarsi; e, tra queste, in prima linea, il libro del sempre compianto Gu– glielmo Felice Damiani Sulla poesia dct 111ari"110 { 1); libro di un giovane che, ar– tista esso stesso e amatore e studioso della poesia decadente greca e romana (2). guidato dalla luce del Dc Sanctis, fece osservazioni eccellenti sull'opera del poe– ta dell'Adone. L'infiacchimento dei criteri estetici, se ha danneggiato tutta la nostra più re• cento storiografia letteraria, e ha inge– nerato la confusione tra storia dell'arte e storia della cultura. tra storia della poesia e storia sociale e morale, ha peg– gio imperversato in quella del Seicento, pcrchè qui si trovava di front~lCOsf detto « fenomeno del secentismo », cioè un fatto di cultura che attirava in modo particolare l'intercssamentoe la curiosità. Cosicchè, il problema massimo della sto– ria letteraria del Seicento è scm brato quello della natura e del le cause del secentismo, ossia del cattivo gusto. La storia della poesia è stata così scambiata con la storia della catth·a poesia. Ora, giova tenere presente che ogni epoca ha, rispetto alla letteratura, la sua propria moda, che è sempre cattivo gustoi perchè è ciò che le abitudini e le ten• <lenze sociali introducono nella pura arte a.b extra; è. rispetto al l'attività artistica, il peso della passività. II Settecento ebbe la moda razionalistica e astrattistica; la prima metà dell'Ottocento, le smancerie e le nebulosità romantiche; la seconda metà dello stesso secolo, le esagerazioni e grossolanità naturalistiche. Intendere come si generino codeste mode è dovere dello storico. ed è cosa importante; ma non costituisce la storia della poesia e dell'arte. Le quali si svolgono, invece, ora come resistenza contro la moda, ora come dominio sopra di essa; ora, rom· pendo la moda e passandovi attraverso, ora facendosene materia e trasfigurandola idealmente. Distinguere tra storia del– l'arte e storia della cultura, e, nel caso nostro, tra storia della letteratura del Seicento e storia ciel secentismo, è in~ dispensabile, se non si vuole che entram· be le storie, confuse tra loro, si ostaco– lino a vicenda. E la storia elci secentismo come fatto di cultura è stata turbata, a sua volta dalla considerazione troppo astrattamen– te letteraria; laddove, per ben inten (1) Torino, Clausen, 1899. (2) Dello stesso Damiani (: rinrn!òtto come ignot• l'opu,colo, intimamente collegato col lavoro su Marino: /.' 11llimo poeta j>al(a110 (~apoli, Trani 1902). contcnenle un 01ti1110studio critico), Sl Nonno e bei sa.ggidi \'cr... ione dei Dio11i.siaci.

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