La Voce - anno I - n. 47 - 4 novembre 1909

LA VOCE 197 ma quando In si considera nel tutto insieme essa ispira l'audacia e la tenacia di un carat– tere meraviglioso e rivela il disegno gran• diosamente architettonico del genio. Cavour ~ altamente istruttivo, cosl dal punto di vista ~torico, come da quello politico per questo doppio fondo che ebbe l'opera sua, i cui vari termini ideali spesso invisibili agli stessi grandi idealisti, erano raggiunti con una ric– chez.za di espedienti che prende,,a alla sprov– vista e ingannava i diplomatici più vigili e più scaltri. Prendete a uno a uno i varii episodii della sua vita parlamentare, lo sgam• bello che fece alla ,•ecchia destra e al D'Aze– glio, il connubio col Rattazzi, la stessa spe– dizione di Crimea, il congresso di Parigi 1 le sue relazioni con l'Austria, l'alleanza con la Francia, h, sua posizione dinanzi alla spedi– zione Jei mille, dinanzi alla caduta dei Bor– boni1 nella questione di Roma capi1ale d'Italia; e se volete seguirlo, interpretarlo, gustarlo, dovrete far fare una specie di zig zag con– tinuo alla vostra intelligenza, farla correre come una spola da certi termini ideali che riassumono, a certi calcoli astuti che prepa– rano, da un macchiavellismo sopraffino che opera nell'occulto a una generosità superba ed eroica che si fonde con grande sentimento popolare, e con questa alterna vicenda Cavour intessè l'opera sua, lenta nelle preparazioni, sùbita e meravigliosa negli accorgimenti 1 im– petuosa e assalitrice nelle audacie, precisa e talvolta crudele nelle scomposizioni e nelle analisi, solenne, definitiva e benefica nelle conclusioni e nelle sintesi. Vero genio politico, in conseguenza quasi interamente sprovveduto di elementi irrazio– nali e fantaslici, Cavour non ebbe bisogno mai di rinnovare o di mutare le proprie idee fonda– mentali; anzi esse non facevano che consoli• darsi e radicarsi più e più nell'azione. Un grande uomo politico si sveglia ogni mattina pronto alle nuove impre,•edute schermaglie del gior– no, ma le sue idee precipue e fondamentali non si spostano, restano quasi sempre le mede· sime dal principio alla fine della carriera, poi– chè formano la sua slessa strutturn mentale. l'uomo politico ha poche idee e infinite ri– sorse: nulla di più lontano dn lui che il poeta e il letterato con infinite idee e nes– suna risorsa. In questo rispetto, il Cavour del 49 e del 52 è anche il Cavour del 60 e del 61: la sua posizione dinanzi alla mo– narchia, allo Statuto, al popolo, alla borghesia, all'Austria e alla rivoluzione non è sostan· zialmente diversa. Riguardo alla monarchia egli la crede compatibile con qualunque pro– gresso del Piemonte, la crede degna di qua• lunque fortuna in Italia. È un monarchico nato. Ed è uno dei pii.a grandi e genuini uomini parlamentari cieli' Europa moderna, poichè non concepl l'evoluzione s1orica e sociale della Na1ione se non attraverso quella libera istituzione. Nel Parlamento e dal Par– lamento dove,•ano esser discusse e bandite le nuove leggi, imposte le nuove istituzioni, impresso il moto progressi\"O alla stessa mo– narchia, alla borghesi.t e al popolo. Certo, quella che spinse il Cavour a insediarsi nel posto del D' Azt:glio, ru anche ambizione, perchè CaYour era ambizioso. Ma era l'am• bizione feconda di fortune, ern un'ambizione storica. E il Connubio non ru un atto suo personale, capriccioso o dispotico; ma segnò una tapp:i nel l'evoluzione dei partiti; ebbe un 1 importanz.a per tutta la società i ru la base non della sua persona, ma dell'opera sua; meglio che il connubio di due uomini, ru il connubio di due idee, di due forze, di due necessità, cioè della autorità e della libertà; Non si governa sull:1 p11nt:1di uno spillo; e il connubio allargò la base del governo, cioè dell'autorith, e rese cosi possibile lo svolgi– mento della liberi:\ il consolidamento delle leggi economiche ed ecclesiastichf", e il con– cretarsi delle iniziative più rischiose. Autoril?t e libertà, ecco due termini che paiono con– traditorii e dei quali Cavour fece un termine unico e solo, separando con il suo genio l'antinomia. Poste queste linee fondamentali il resto del l'opera sua par quasi che venga da sè. Uomo di ;ffo.ri , di indu~trie, di commerci, di iniziative pratiche, Ca,•our si 1rovò natu– ralmente a capo di quella società che si s1av3 facendo sempre più operosa e più produttrice. La su:1 non fo soltanto una politica nJzionale, ma particolarmente una politica borghese e popolana, certo la più grande politica che abbia mai avuto a suo prohtto la nostra bor• ghesia, la quale Cavour volle si arricchisse, lavorasse, si facesse ardita, aprisse con le pro– prie iniziathe un nuovo periodo della civiltà, traendosi dietro come riserva la massa ancora amorfo del popolo. Parallelo al liberalismo politico egli S\'Olge un liberalismo economico che è il secondo titolo della sua gloria. Quella stanca e sco– rata, ma non \'ecchia nè stinita borghesia pro– vinciale; quel popolo misconosciuto, bistrat· lato, guasto da secoli di ozio o di tirannia, Cu·our lo richiama alla digni1!1 del la\•oro 1 alla gioia e alle ricompense della fatica, alla coscienza dei propri do"eri non meno che ali' ambizione dei propri diritti. Esauste le finanze, sconquassata l'amministrazione, pen• dente la guerra, incerto I' a,·venire, Ca,·our forza ciononostante il piccolo Piemonte a farsi maggior di se steeso nell'esecuzione di lavori colossali, che dovranno trascendere coi beneficii i limiti bre\'i del secolo. E cosi Ca\•our acquista il diritto dinar.zi nll' Europa di dominare, da arbitro, nel 60 l'ultima rivoluzione i1aliana, e dall'alto delle leggi storiche egli appare come il vero do– natore dell' Italia del sud 3lla corona di Vit– torio Emanuele. Quasi in quello stesso punto il Piemonte cessa di essere la provincia ege• monica; per venire assorbito nel ciclo della nuova storia naziouale; e Cavour con la so– lenne dichiarazione di Roma capitale d'Italia esce per sempre dall'ombra del campanile n:llivo e scolpisce per l'eternità il proprio nome sui fasti capitolini. Il grnnde arco è voi• lato. Quand'ecco nel 1861 egli muore. Era ormai definitivamente un vincitore; la suprema ambiz.ione dell'uomo politico, di operare in concordia e in armonia con tutto il popolo, di cospirnre apertamente in– sieme con tutta la nazione, di' essere non soltanto il capo di un ministero, ma il po– litico di lutta un'età: questa mèta Ca,·our l'aveva raggiunta, questo sogno lo potè \'e– dere ratto concreto. Eppure 11 anenire lo chiamava a. sè con una quantità sempre maggiore di opere e di problemi: in fondo in fondo non s'era detiniti\•amen1e fatto i;he il Piemonte; che ora rimaneva bellamente da d isfore per fare e rifare \' altre parti d'Italia, specialmente l'Italia del sud. Il delirio di quel!' uomo sul letto di morte pieno di grandi fantasmi di lavoro, ~ fremente dell'avvenire stesso fati· coso e laborioso d'Italia. Egli ent1ò nel regno della morte con il cen·ello arso dalla febbre di una grande opera urgente. Chi lo disse morto a tempo disse la più grande ingiuria cii cui si possa colpire la sua santa memoria. Ad ogni modo, quando giunse la sua ora, ~rnch'egli, finita o no l'opern sua, dovè andar– sene. Nel cielo d'Italia rimase come un grande arco sospeso, una grande volta non finita, in– torno alla quale i successori si raccolsero per compierla. Più d'una volta, mentre più fen•e,•ano le ansie e il travaglio, ru invo· cata da quei molti vivi l'ombra di quell'unico grandissimo morto. Luigi Ambrosini. GIUSEPPEPREZZOLINI NOVALIS Traduzione con introduzione Un volume di circa 250 pagine con itlustra:loni di CH. DOUDELET Di questo volume, pressochè esaurito, abbiamo ritrovato un centinaio di copie che cediamo a = Lire 2,~o = Per .eli abbo11at1 alla I 'OCE Lire 2,00. Bibloteca Gino Bianco E uscito di ARDENGO SOFFICI: 11CasoMedardoRosso Un volume di 100 pagine con 20 illustu:ioni L. 2,50. Chiederlo ai librai e all'edi– tore Succ. B. Steber, Firen:e, Via Tornabuoni, 20. Per gli abbonati a LA VOCE L. J,50. (M.-1,llo ali' 01pcd.ilt) Il giudizio della « Riscossa Latina > di Glasgow. La, .,o,•mbbondanza numerica dei beoti italici ha fallo che ~ledardo Ros-.o debba \"i, ere in esilio. In 1n11riamorirebbe o:,curo. come un altro minore di lui, ma di rare do1i, il ;\laioli, ridouo a consegnare alla c:medrale <li Faenza, per soli tremila franchi, tre suoi pretiosi bns-;orilicvi in bronzo. ScnonchC l'artist:t non t: nmi in esilio. d ... serva il Soflici che con la i;cultura paesana l'Italia moderna fa bancheuo cli l{ll'-ci d' o,·o, meno fortunata di Sem Henelli che 'ìJ>C"W ban– chetti\ lautamente per merito di una ma){ra cc1m. I nostri grandi uomini cli leuere -.i lascinno ogni tanto scappnr deuo che non è ,ero e che il Pas:,aglia, il Romanelli, il Bistolfì lmnuo follo dei fantocci di\'ini: a quando la consacrazione poetica o solennemente prosa-.tica del caro ai disoccupati di Firenze. signor Domenico Tren• ta<:O<,te? Ma col libro dd Soffici rina~ce la ..,1,er.mza nei de'.'ttini nostri. \"'è: un grande ancfice O}(g-i, di nome italiano, e "' è un critico che l'ha in• teso: il resto verrà fra poco. Se il \'enti Settembre ~i pote-.... e re~tegginre con bicchierate e sbandierale, e ... e Lt1 Nis,·oss11 /.alùta fo,:;~e un giornale come molti, noi non pen.,erenuno in que!>tOnumero cl" unire la \'OCC no~1ra fioca a <1uellapili gagliarda de~li amici fiorentini per ripetere ali' Italia l'anmmLio lieto che ,·ive uno scultore i1alia110degno di Lei. ?Ila a chi con-.ideri il bisogno grande di ,ita intel– lettuale e d'arte, nel paese che ru della bellezza, pnrr:\ giu-.to che noi :-.olenni7.7.iamo la gran data a modo nostro, non col gridare inutili eniiva al passato, ma con l'affermare in nome dei fatti che l'av,enire pare più certo oggi che non qualche lustro addietro. li no:,tro ;W\'enire, che non può di.,sociar:.i dall'a, ,·enirt>dell'arte. chiede ince,;-;a111ementegrandi arti~ti che lo risollc,•ino alla dignità cli un tempo: uno ne nppart:, ed ecco, 1>erla patria una Buona Novella. Jf- ì\ledar<lo Rosso non è un decur,1lure, non un artelict: che cerchi di colmare s1>aziiampii, nè il suo modo di rappre~entar la , ita, Ct.: I~ fa dipoi concepire com1>t:ndiata in ,.1lori essenziali come fanno le opere dei gr;rndi:..-.imi.~on sem– bro, per quel che -;i può intendere dal librò del Soffici, un dominatore ,a<,to, bensl un 1ra-.for– matore inten-.o e commosso della materia. Se ahri, nell'arte sua, creò con gioin, egli crea rnlvolrn con rcbbrile clevoi:ione verso un con– cetto: è inutile e sciocco confrontarlo con coloro ai quali non somiglia. Questo importa, eh' t:g-li è un arti~ta grande, lirico, moderno. Fint: suo t: di arre-.1.,rc con mcui rapidi e -.intetici la impres!-ionc alta ed accesa che le,a il :.oggetto nell'apparirgli. im,icme con le vibra~ioni e gli echi che quella pro1>.1.ga.Per ubbidire a tale intento, egli ci fa dimenticare la materia, 1:>erchè, se giunge a fermare la propria ,isionc.•, 11uesta occupa, con l(li echi suoi, tuno il momento in cui il riguardante è, dall<l rorza dcli' arte, co– Mretto n vedere e ~cntire. Ma ,i capi:,ce che per lui, come 1>erogni altro arti-,ta ,ero, il pub– blico si de\"e clh·idere in due: una minoranza che \'Cde, una maggioranta che guarda e mor– mora ~e111.a i111e11dere. Per noi l1aliani che, in due terzi almeno delln nostra opera c:reati,a, abbiam perpetuato molta gagliardi;1 di as1>e1tiesterni e poca o punta prorondit,\ di , isione, ~e, nei 1empi artistica– mt:utè po,cri d1e ,olgono, un arlista, anche stn– :-:ualc, t! un henc inestimabile, 1111 :1rti-.ta medi– tabondo t! il 111.1-.,imo dei beni. I nos1ri nnisti sono pochis.,imi perchè <,iamo troppo aneu:i a contentarci della bra,·ura e de.Ilafacilità di mano che non -;<moe non saranno mai arte, nutrendoci in e!-lctica di 1>rodot1ida fiera e di cartoline illu– ~trate, e i nostri arti.,ti che con parole pure ci 1>ar• lino di pensit:ri ca.,ti ... on men che pochis.,imi, per– chè come popolo, <,iamonpparentemcnte cinici, e anche ndla grancleua, 1111 1>0'ba,osi e sconci. Il che , 110\ dire che <;inmo \'ecchi. Eppure, ,e ,·o– gliamo esser grandi un'altrn \'Olta. dobbi,uno rin• giO\'anire; dobbiamo, come Dante, morire mi– sticamente rinascere e dobbiamo crederci • degni :1 ciò ». Guai a noi se non superas~imo la pro,·a che per la terza, o forse quarta \'Olla, la -;1oria ci impone. La mancan7.a di opere belle im1>lica u:1a si com1>le.,sainfcriorit:\ nelle attitudini della , ita che un popolo che ne è privo è 1111 1>opolo :-.e111;n a enire. E noi vogliamo l'a, ,·cnire che ci ~inmo prome-.-;i. A 111110\'erci \'erso cli esso cou lena di ,;pcranze bisogna rillettere che quando in una rina-;citadel buon gusto e della creadone artistica, le gt:nerazioni si orientano pitì tosto ,·crso la ricerca dell'espressione che 11011 ,er,o il godimento delle forme e dei colori sereni e S.'lJ>ienti,esse gener:izioni indicano p<:rtal modo la propria gio\'<:nttìche sale una lunga par;1bola verso la maturit:\ e l'impero intellettuale. Per <111e~to un Segantini, un Rosso. un J>Octa che nuri « i -;ogni che cani.no fouc e non fanno de\'0110 esser salutati dnlla Patria con pronta gioia, .,e i111ende!.operare nel -.uo cammino le oniche , eh:no'.'tee i pan1ani putridi d'una gros– solana senilità. F. Ac:-.oU.'TTI. Abbo1tammto fino ai I~II Ùre .5,30, 1w1nen· 59.

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