La Voce - anno I - n. 45 - 21 ottobre 1909
OCE Esce ogni giovedì in Firenze, via dei Robbia, 42 -~ Diretta da GIUSEPPE PREZZOLINJ ,:I, Abbonamento per il Regno, Trento, Trieste, Canton Ticino, L. 5,00. Un numero ceni. IO. Anno I JI. N.• 45 JI. 21 Ottobre 1909. ' SO~I :,OI :\~I(): Alfrtdo Orianl, ,I[, pr. - Anlonio Bellr■mtlll, 1",111.10 C1CUI! - Lcllcrt dal Trentino: \·11::io11n/w1w r,m/1: ,,, Ft IWl'.';.\,uo I' ,:-- 1 , 1 - Sanana, ETTORI •"lnoscrlttl del Musco mlchclaox;iotcsco.LA Voci;: - Polemiche i;u l.horno Per ,\tarctllo Taddci. .\t.UJl)OLI Per Francesco Ftrrtr, ~- p,·. - ALFREDO ORIANI. - Dal :-.:o al S\ q11a.si_fa11wso primt1, quasi ,limmlirntiJ ,lopo; 1),a /11111/~ne,!~'- ~pprt{;_illt, dai migliori n1m1• q11as1 dn, pm s, dC1vrrbl11.•. la sua vita fu Ira• grdfrt: orgoglio t gra11tlr,;p 1i' ha11 rombalhtlcJ stnz.a mai p<lttsst1111rJlt1 1rio11(artdi q11tllo, sm;,,t1 mlii 11rrmlrJSra qt1rllt1 ,li schiaaiarr. l'altra, r11mpng1111 e m,•rrsaritt. Xo11 mai tanto pimo di sè da 11011 se11lirr r 11mt111ilà, uau mai rtJSi go11Jio 1• saturo t!'11ma11ifri da polerp1·rd1•r di t'isla s1•strssti: fu il s,•grelo 11011 s,,ltanlo dr/la sua vila, ma dtll'art,· sua. A11rht nel rraJs11 disdegno riti pubblin,, rh,~pur leggt libri piti dif/irili e ammira libri rbestima pi,i im- 111,,rtaTi, r' ,~ in Jimdo q11nlrb1• f()Sa di 11011 ir– rni:i(lm't'fJlr " m 1•t1 tm11to rC111to : r' è. In rn– gfom tli 111elro11Jli1t1.1 i1 1imo 1 ptr rni l'op1•ra sua mm e mai 1111 rnpolat'cJro inromrnslato t rat1imo di rbi ltggt passa dalla simpa,;a nl– /1a111ipa1ia, da 1111 wlusiasmo frenetiroa mw {rtddrz..z..a disptra11tl'. Og,e.i è· morto, e sarlt lttto. Gran parti• di quelli tbl' urtJ, liucim,o; t. quei po<l11 rbt im,eggiq,io a lui, di fronte a lui 111i1111sroli t inrnpnci di ammirarlo ro11 il dovuto risp,11,1 a/"1 i/erità; rbe gli prodi– gmw gli ncge1tivi di lode.mille volte nvomi- 1111i alla jmt di baurbtlli 1.1J!r.rti p;or il sur– usso q11attrim1io ddle pùi frtidt mrognt della 1101/ra ltlttratura njfnrrstirn ; 'l'ulli du furono da lui dtji11itii p1<lo-.:..:hi del Icone; servi~ rmmo, se 11011 altro, a S1.lt.gli11re il pubblico.Il buono e il gra,ulerbr è in lui sot•1•rcbier111mo il maurbrvolr e il jilliz..io. La sua morie' s11rrijir11 I,, ~·rs,ma, i"i lmàt1 J',1p,•r11 pi,i purn. Slilt d't111lit,•si, rtmfom1dtiam.1, ti spra;,,,idi luu e rt>ul1Jrno fumoso di /enel,rr.Spirit11 con– ft'llososptsso, ma t"On gnmdhisitti, imparmtato ro11 Halz..ac 1ui rl1111a11;,,i, ccm Ft, rnri nella st~ritl: p~,r nw~tr,mdcJsoll", lt, ptn•nJIÌ della i 1 1/a 1talt,111a nspdh1 " 1111e/lt, parigi,w e fo tlebol,·iutelaiatum del /Jc'rtolini. fuéust1) pùi spessom·ipartirolari rbt nei ximli;J d' iwim1t. Cai'(ll/1•r1•srt► 1 ma della f(IV1tllerù,di ""'{'\.a e di spada, 11011 di 1111tllt1 di tonuo 1' ,li corte'. lnjiue 1111 rt1rt1/11'rc' 1 nnrbt lll'~lisquilibri, t tmn 1•0/0111ti 1 anrhe uc//,-11Jt111ra,l,1•. L'a111111im111nw parb1\ 11011rirr11 1 1111//•post la 1.•ila sc1greg11ta d'una mwpavw. ml/a quafr ri– posava la sua.;udiptmln,z.,11 1 a/111 fari/e e rirrn rsislm'\_arb,· gli wtrrb/,e prncurato nella rn– pit11/tla iwulita al mi,11110 della sua pemw. Questa fàr'\.a di rnrallen gli i:1•11ne dalle fl111vi11:zJ011i sui• <111asi rt'ligiose, ,111:;;J, utl sens,J 11011 f11r111ali' ,!ti/a parola, addirillura n•ligiose, clu avrvn tratte dalla Jifoso/ìaidenlistifll, btn– rbi l'at1i11Kc'SSt ml ,ma tli'l1, 11011 pùi fnsrbt s,u f1111 ti: quella forz.a ,li rnrattererbespauri gli tsle.li 1 1 1'1111/i dopo di lui, t rbt 11011 porso,, rnpir,•, a1m1rrl1i lo 11t1mi11i110 e h, besttmmi110, i gitirnalisti pri11c1f!i, 1·oltnirri11i, i ro11dtt1· satfJridl'I vuot,,,gh r>:rtgirollrgbirb1•lo prt.– rrdettern I' 1'11rn1111pag11ttrl1110, srrttiri, sadiri, riniri ftll11t' so110 e s11ra11110 i 1rt1rabilmenlc' i11- ra11r1•/labi/111mtt ell'rn,1111m/1' t!ù,/,alirnm1•111,·. g. pr. Antonio Beltr amelli. Dieci volumi pieni d' impe10 1 di fuoco, di passione, in 0110 o nove anni, testimoniano senz.a dubbio una rara gagliardia di scrittore. Eppure, lette poche pagine a c: 1.so 1 in qua• lunque di questi volumi, \'Ìen fa1to di chie– dersi: Mi trovo ic• veramenle davanti ad un gr:rnde poeta? o non piuttosto al più originale e persuaso fumiste da un peuo a questa parte cresciuto sul bel suolo i1aliano? Perchè v' ha, direi quasi, del marinetli'sme, sia pure in buon:1 fede, in fondo al carallere del Bel– tramelli. .\ voler tirare un senso possibile da mohe proposizioni che, con l'aria più seria del mondo, egli sparge a piene mani nelle sue pagine, non si riesce che ad un senso ri– dicolo (1). Egli, certo, non arri\'a a descrivere i giaguari che fanno alle braccia colle torpedi– niere o a ~ompiacersi dei misteri dell'anime nafrabon~e dei carburatori o a dipingere il pel:1me nero a crocette bianche della Morte. Il grande poeta che è in lui, se nei peggiori momenti rimane estenuato e sozzato per una lutulenta diarrea di parole, tut1av1a sopra\•vh·e e gli dà un'oscura coscienza del limile. Ballulo il capo in quf"sto limite, tornato iu senno, egli rifa come raumiliato il cammino verso le cose rappresentabili e comprensibili; e, forse, la rna propo,;:izione pili gro1tesca è piedistallo alla sua immagine p1l1 prodigiosa. Ma manca il lui/o nelle sue pagine. E chi non porta, come per es. Goffredo Bellonci, non so se una indagatrice caramel'a o un ab– buiante paraocchi da perme1tergli di sorpren dere o sognare in quell'opera una IÌlosotia che la fonderebbe anta e l'organizzerebbe (in o~ni maniera fuor dell'ane), deve contentarsi di goderla come una \·icenda d1 trapassi dal puerile al s11blime 1 dal deforme al magnitìco; trapassi non ingenui, ma spalleggiati da un'e• sperienza letteraria che si sente presente e sug- 1 l'n e-,cml)ÌQ, d,tl libro ll'tt;1t1, pochi ~iorni addit:trc,. Si parla d<:I c-,mto <Id ranocchio nrn– schio, c.:on tutt,1 'tt!riet:1 • ... pane ri~orgere in un MIOllO simile ,, <111~110 c.:ht: pro<lm:c una tt:la \iolentcn1t.·ntè -,1r.1c-dat.1. Au-;·c 1/ xndo d'un ruor ll'om 11 o. /.,, fOltbul111t· 11/im111/11 I~ t ,rtu rr(Ji– rlu ... " gerente, quanto pili \'UOI dissimularsi sollo una vellei1à. di b:irb:uie. Perchè io comprendo la solida barbarie di Kipling 1 1I 4uale ci tra~fonde immedfot:amente nelle cose, e slarga l1an1111a in una tale novità di esperienze, per cosi dire, discoste dall' u– mana, da s.1perci far vivere lin la vita del giovine vitello marino, bèato in una spiag– gia .issolar:i, e quella Jel ..:"\'O rosso e quella della sedula mangusa. Noi \'edemmo il suo \'ec– chio procuratore, in serenità sugli scoscendi– menti dcli' I limalai:t, addiri11ura con gli occhi di quelle ,;cimmie amorevoli che :ll1da\•ano a visitarlo e si accucciavano 1111ornoal suo fuoco, nelle \'enlose no11i invernali. E le soflìci spire marmorizz:1tc del suo vecchio sapiente pitone, furon pii, volle nostra singolare poltrona. Chi si sente offeso da esperienze sitfatte non legga Kipling. ~la una barbarie è dav,·ero barbarie solo a patto di una così sconcer– tante novit:l sensiriva. Ora la barbarie d'un Behramelli manca di questa quali1à prima. Do,·e l'espressione del Beltramelli ~ feconda, è in un impeto tulio soggettivo, \'ertiginosa– mente lirico. E a que"rn fierezza lirica appun10 contrasta 4uel rifar capo continuamente a una visione p:irado,;sale delle cose e degli an-e– nimen11, rn/11/i i,wece affermare epicamente, anzi, pili che epicarm~nte, in seria oggettività. I.e sue riguie non vivono che dentro la loro anima, ma hanno una tenace r:mrn di gnar• darvi immediatamente dentro e si traducono nei simboli pili freuolo~i. I.a loro ingenuità è frnmrnista :al volere di obbie11ivarsi. La quale intima discontinui!~ è cagione ultima di quanto troviamo di sconnesso nel linguag– gio e nell'arte di An1onio Behramelli. Kon gli bastano, :1 volte, le p:trole pii1 precise, i dialettismi, gli :1sintattismi pH1 privilegiali, ch'egli ~a fr:1t1anto innes1are nella lingua no– stra con mano cosi delicata da non 5fìorar da essi nulla della llorida freschezza ch'essi respirano, e procede con le più presuntuose :tstr-azioni. Si richiama ai padri, alla religione della madre terra, e in fondo al suo tempe· rnmen10 è il più anarchico egoismo. Gli è certo giornto eo;sersi sentito scrittore Bibloteca Gino Bianco 1nuna regioni: che il dHe,;;-.oJdl.a no.::ra ulrima granJe poesia non ebhe rropr., prcSto satu– rato, avvilendo nella consuetucFnt:' letteraria 1.JU~ I che pole\•a e"servi di fon.e vergini ; e s·cir.. 1dJ·Jh~.;en1a, so~tanzialmenle, un trapasso spirituale che tull:i Italia ha gi:t percorso, lo rappresenta con in fondo alla sua frenesia il senso oscuro e inafferrato di questa coscienza che si è fo1ta 1 cli questa maturità conseguita, di questo addio che è sl:llo cla10 ai rniti uso Terr,1 ;·.:rgint e (,ànlo not·o: e ciò dà un sapore nuovo :1lla sua arte, lln sapore tormen– tato e profondo, e sotto lo sgargiante e lo scintillanlè delle descrizioni naturali) muliebri, erebiche ed eroiche, 1 i leva ombre tanto piì1 trisri quanto piì1 indeterminate, che il poeta sospetta, ma quasi sembra rirrarsi da rischia• rare. Egli sente contraddet10 il suo mondo, nell'atto stesso che potrebbe fiorire in felicità nella bionda benedizione del sole. ~la quella che è contraddizione storica d'una ci\'ih:l che repugna al cofltatto non pii1 prolirico di un contenuto che altra volta l'ha fecondata, egli non sa intenderla che mitiu:indola rozr:ameote, facendone pesar l'antipatia su personaggi di con\'enzione, drammatizzandola vit1orughiana– men1e, Bene e Male egli i.ente esser le forze av\'erse domir:atrici dell'esistenza. I.' uomo è provato dal ,\la le. e si fa buono. Se, felice, espande in miracoli di giocondità la sua pie• nezz:1 vitale, il Male l'arresta a mezzo cammino. Appunto a far giustizia, o a travagliare la ;ioiosa inconsistenza delle sue più felici crea· iure egli scaglia, ho detto ,,iuorughianamente, contro i suoi aJolescenti e le sue vergini, av– \'ersari e carnefici, serii e caricaturali ; perso• naggi che altra ragione non hanno se non d'essere i fulcri sui quali 1 pur cigolando. girerà ..:iuellaimplicita contraddizione; sempre ch'egli non \'oglia, com'è pi\l di soliro nelle no\!elle, dove gli è concessa una pii.1lirica libertà che nel roma'lzo, e come di gran lunga io preferisco, mozzare addiriuura la rapprecentazione, quando la te"nsione ne diventa insostenibile, senza for- 1una1amen1c curarsi di giustitìcar c1uesta morte troppo neccs~aria. E vedete poi a conferma di tJUesta plu– ralità del suo foco interiore, come I suoi sog– ge1ti gli si offrono continuamente in un aspetto plurimo, che il piì1 delle \'Olle, senza scelta, egli rappresenla nella llO\'ella e a rlanco ad essa in quelle tilnslrocche in corsivo 1:into dissennate e tanto signilìcati,•e. Antonio Bel– tramelli (in corsi\'o). temperamento parados– salmente lirico, non si conlenta di quel che An1onio Beltramelli (in rolondo), ,·olutamente epico, ha dello o dirà ; e interviene a spiegare, a sottolineare con frasi ad enigma le sue re• lazioni autobio~ratiche a q11ell' in,·enzione 1 a fi,.sare la latitndrne e la longitudine di quel- 1' io;oladi sogno nell'oceano del proprio spirito, il posto di quella fantasia nella propria storia interiore. Sotto veli poetici, balenano i creduti mo1i,·i prntici, quelli che egli si illude cono– scere come allivi moventi delle proprie forze creatrki. fai essi esalla \'erbos:1mente e scon– nessamente. 1.nsua arie parla a se medesima, ma, per quanto f.iccia, non può dirsi a sè stessa. E si laa come la degenerar.ione mistica di una immeni-a salute, di una ner,·osa gagliar– dia. Si sorp1cnde l'odioso alleggiamento cri• tico della forrn che palpeggia sè medesima, e fa guizzare il bicipite e scattare i garretti, come il lo11atore nel camerino a\'Jnli il pugi– lato. e Tuo figlio (lui, Beltra111ell1Jpiange ora come non ha pianto mai, 1 1 indomabile sel– vaggio .... » e Nell:1 mia rude giodnezza fui un solitario, ma sen,a cipiglio o 1111endimenti anacoretici .... • C110 a caso. La do\'i1ia para– liua ogni crucrio di ~celta. Si puo ri1racc1arè la genesi del suo inquieto e stazionario dissiJio. Ci fu un momento - eg11 narra - 11el quale il suo spirito si senti placato nell:a natuni. E quando poi il dolore lo :.bbra:,cò, c.gl: s= r:-o,•ò :. far~ ,Jel dolore un arricchimento preciso ed altivo della pro– pria coscienza e della propria conoscenza, fra11anto, se•1za gli riu~cisse fatto. E non gli restò che il ritorno a quel primitivo abban– dono, ma con la incaucellabile memoria di una crisi abbozzata non risoluta. L' A11/i'cama– dre lo riaccolse, lo riannullò in sè, dopo il suo erron 1 che non aveva saputo trasformarlo. «; Da quella nolle si compi la trasformazione del mio spirito .... > e Trovai I' umihà, mi sentii fi– glio. • Ma il dolore non disciolto nella lim– pidità della coscienza, si velato, obliato, in un nostalgico piegarsi in quella che ho chia– malo epicil.'t, non piit tanto di fallo quanto di d,siduio, si ,·endica, inquinandola, turban– done di grida incomposte il ritmo d'oro, affu– micandola, venandone tetramente !':tria di tur– chese.: Eppure bisogna ricercare il Behramelli proprio in questo alternarsi di lampi e di sereno, dal momento che non sappiamo ciò ch'egli fosse prima, nella sua vera epicità, nella sua vera barbarie. Una vita singolare agita le sue creature. Come i pini della sua silvestre solitudine ra– vennate accolgono i ritlessi delle pili tremule dolcezze del\ 1 alba, i pH1 estenuati languori vesperali, e un'ora dopo la raffica li dibatte, sveglia nel loro follo il colubro che dormiva e ora fugge saettando, esse, forti, solitarie, sel– vagge, sussultano di un amore e d'ua odio che non han riposo i e un istante dopo che la loro efferata salvatichezza ci ha percossi nel cuore come un pugno di ferro, il loro \'olto ad un nulla s'intenerisce e si rasserena. E, dall'ombra, la selva sboccia in una c1eatura soave, una fanciulla bianca pili che neve, con una corona d'erba e lo zendado \·ermiglio come sangue, di quel colore di sangue sul quale l'Alighieri fanciullo sognò dormentè l'amor suo. Perchè soltanto il sensuale misticismo che intratte– ne\'-' la 111en1epuerile di Oanle nel!' immagi• nazione della donna involta in un drappo sanguigno, la quale del suo cuor si pascea, è qualcosa che può dar l'idea dcli' adora– zione della quale questa creatura dalla carne splendente. dai capelli biondo oro, trion– ferà sugli amadori selvaggi che, or è un istante, riempivano la foresta dell'orrore della loro pugna micidiale. Ed ecco: il i-ole luccica fra le fronde, le nuvole d'argento sembrano fra il ,·erde cupo grandi fiori palpitanti, e gli strappi di cielo, riposate corolle turchine. La ~lorte è passata senza ferire. Gli occhi rasserenati si rialzano verso la bellezta, E, sulle bocche tremanti, i fiori pili dolci delle parole onde mai cuore italiano abbia salutato il suo amore, sbocciano con una soavità che vi dà il sin– gulto. E voi sentite che forse nessuno dei prossimi o dei meno lontani scri11ori noslri mai giunse a siffatta dolcezza, E dove il d'An– nunzio, rilasci:1ta l'artificiale tensione del suo spirito, riapre alla verde freschezza dell'erba, al luccicare della salsedine 1 allo splendore del corpo amato, nudo sopra una spiaggia fulva. i suoi occhi di fonciullo, e do\'e :11 Pascoli con pii1 felicità si armonizza la visione di un viso puedle in un tlorido lembo di campo, do,·e meglio per lui canta I' angoscia d'una morte puerile sull'immoto gigantesco stupore delle stelle, voi sentite che abbiamo dolcezza ma non inebbriante come questa. ~ la dolcezza di quelle cose inespresse che dormono nel cuore di tutti, pronte a sussultare e balzare quando un nulla le ris\'egli, senza urgerle tanto che debban salire al labbro a cercar parola. La
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