La Voce - anno I - n. 25 - 3 giugno 1909
LA VOCE Il trionfo della'Cena, La Voce trascura la nostra vita letteraria; e fa bene. A chi un giorno la guarderà con occhio non velato dalle nostre piccole pas– sioni, essa apparirà materiata di molte va– nità e di molte ignoranze, con qualche sforzo ingenuamente titanico di nani, dietro l'e– sempio dì inconsiderata dispersione di ener– gia, che danno i nostri maggiori e peggiori maestri : più occhi che bocca. Questo nella parte più pura: altrove clientela e specula– zione, abilità e trissottinismo. E poi se n'occupa assai la stampa quoti– diana ; la letteratura si fa nei caffè e nelle redazioni, e rigurgita sulle quinte colonne o nelle terze pagine: uno de' guai, questo, di quel volgersi de' laureati in lettere al gior– nali!-mo, che il Croce a ragione deplora. Tutti li leggono, j giornali; e la tabe letteraria si diffonde epidemicamente e va alla spina dor– sale, già non salda abbastanza, della coscienza italiana. Un popolo sano farebbe volentieri a meno de' critici e de' versificatori, dei forni– tori regolari di ironie {una al giorno o tre alla settimana, secondo il contratto) come dei coscienziosi spandil~grime per i poeti che la morte innalza sulla soglia della loro cono– scenza. Ma se un fenomeno letterario assume l'im– portanza di un sintomo generale, è giusto che ne parli anche la Voce. E tale è quello che ci offre il trionfo della " Cena delle Beffe". Sem Bene11i è un ingegno acre e sottile, tormentato e volontario: quello che i suoi biografi indiscreti ci han detto della sua vita, gli fa onore : non somiglia a tutti gli altri. Tignola, Lorenzino, Giannetto, partoriti dopo molti aborti teatrali, con fede e costanza, sono figure che gli appartengono intieramente, psicologie singolari meditate ,•eramente da una coscienza d'eccezione; e forse i primi due \"algono anche più del loro minor fra– tello, più fortunato. E tutto questo è giusto nconoscere. Ma ecco, per due o tre persone vive sorte sul cimitero del moderno teatro italiano, ecco che la critica non conosce pii:1 limiti ; e vi si parla di « una dalle più pure e gloriose concezioni dell'arte nostra • j vi si glorifica il Benelli come colui che ha liberato le no– stre leuere dal servaggio straniero, crean– do una nuova arie toscana figliuola della più pura tradizione; ed altri vi dice che una tradizione non c'era e ch'egli ha creato ex– novo il poema drammatico i ed altri, con una invidiabile dottrina poetica e metrica, vi spiega quali operazioni abbia fatto il Benelli subire al nostro endecasillabo, per farsene uno slrummlo maraviglioso e nuo,·o. Se non si sapesse che le cose stanno al– trimenti, si penserebbe che tutto ciò è stato organizzato da qualche perfido e subdolo ne· mico del Benelli : costoro ci hanno costretto, ascoltando la Cma, a ripensare ai grandi esemplari tragici; e tutto il tempo che quella \"erbosuccia Lisabetta parlava al creduto folle, io mi senti\"a mormorare all'orecchio le po~ vere le scolorite le poche parole di Ofelia, nè vi so dire quanto ne soffrisse il mio go• dimenlo altuale. Ho sentito e risentilo la C"e11n; e la grande arte non c"è: v'è assai pili d'atteggfamenti che d'anime, come in molta della" nostra novellistica del 500, donde ci ,•iene i e se anche negli atteggiamenti ci fosse giuoco d'anime, troppo Giannetlo ci parla della sua anima, percht! tutla l'azione non sembri a noi un gioco nel gioco, una finzione nella finzione. Lorenzino dalla /vloscltera, e questo Giannetto, sono creature singolari e nuove, ma troppo più per quel che dicono che per quel che fanno: sembra che l'autore non riesca a incarnare nell' aiione drammatica se non una parte della sua meditata psi· cologia, e non abbia poi il coraggio di rinunciare alla parte non realizzata, anzi la lasci pendere come una frangia nei discorsi delle sue persone. Perciò s'è esaltato il Benelli, non solo per quanto il dramma dice, ma anche per quanto dice di voler dire. Che diremo dell'c1r/c toscana? ·Rinndve– remo al naiionalismo artistico la critica mi– rabile dello Spaventa al nazionalismo filo– sofico? Non giova. Solo diremo che avendo così unanimamente i suoi critici riconosciuto che la sua era arte toscana, il Be□elli do– vrebbe chiedersi se questo è per aver egli troppo poco aggiunto di vita nuova e sua a un tipo spirituale già noto: difetto di vera originalità. Coloro poi che nella Cena, hanno scoperto il genere letterario o il nuovo endecasillabo, li manderemo alla scuola di qualche retore insigne, se piì.1 ve n'è, dove faran buona figura; e al secondo si daranno a leggere le commedie dell'Ariosto. .i\'la 1 fatta la debita parte ali' ignoranza, io credo che anche tutta l'altra parte del trionfo sia in buona fede: ed eccone due motivi, a mio parere. Primo: liberazione dalla tirannia cl' annunzi,rna - infaui la Cena ha oscurato del suo splendore la Fedra, che s'è data in questi giorni j e i critici, fatta eccezione del buon vecchio Sileno della Na{'One, han reso perfetta immagine, pili che mai questa volta, di quella che d'Annunzio direbbe, una rivolta di schiavi. Secondo, e più forte: cia– scuno, pur riconoscendo i meriti singolari della Cena, deve aver pensato che in fondo è un'opera al cui livello, con un po' di lavoro, si può arrivare, ed ha pregustato i suoi prossimi trionri. Miraggio strano, ma spiegabile: una Fe,lra, pur co' suoi enormi errori, ma della razza d 1 un uomo indiscuti– bilmente di genio, nessuno di loro darà mai alla luce. Dovrei conchiudere? Non si fa una dia– gnosi da un sintomo solo. Basta per oggi aver descritto questo. Raffaello Piccoli. GIORNALISMO D'ARCHIVIO Non seguo quasi più, da parecchio tempo, i gior– m,li clericali. Essi non hanno più interesse. per me, dal giorno che bo rinunziato :i. leggere ollre nelle loro colonne il g"iucliziosull ';utiv11àmia e de' miei amici. A dire il vero la condanna del nostro pensiero e del nostro lavoro ~ oramai cosi assoluta, definitiva, universale, dl\ parte di tutti Kli aventi autorità (autorità, intendiamoci, di in– segne e di grado) che i pMticolari di questa con– danna non ci dicono pill nulla; e il mondo di idee e di sentimenti che si riflette in quei gior– nali lo conosciamo cosi bene che, non avendo più nulla da fare in mezzo ad esso, continuan:: ad .av– vicinarlo non è nè pratico nè prudente. Ma, quando si parla di giornali clericali, conviene far subito 1111a distinzione importante. Ci sono quelli i quali non hanno or,unai con la vita e col pen– si~ro moderno altro rapporto da quello che hanno con essi la gerarchia ecclesiastica e il vecchio clero in genere; e sono, fra i quotidiani, l'Unità Cat– tolica. di Firenze, l'llalia Reale, di Torino, e pa– recchi ahri i quali, salvo qut:I che si riferisce alla Chiesa ed alla gernrchia, hanno carnttere pura– mente locale: come la Difesa, di Venezia, il //e– , ico. di Vicenza, Vero,ut fedele, di Verona, il Di– ri/lo Callolico, di J\Iodena, l'&o,·r di Lucca, ecc. C'è poi un allro gr11ppo di giornali i qu.1\ihauno, per motivi che vedremo, la preoccupazione cli es– sere ortoclos.-;i,nrn. sono poi portavoce di altri in– teressi di varia naturn: economici, ;unministrativi, eleuornli e via dicendo. Questi 11011 sono, come gli altri, h:tti solo dal cltro e da pochi cudosi del pCUi!golezzo locale; o :almeno, del clero, li legge auche quella parte, giova11e e volonterosa, che in quesli ultimi due anni si è messa :udita– mente in mezzo ad iniziali ve ecouomiche e sociali di varia 11aturn,e divid~ qt:indi con gruJlpi pili o meno numerosi cli laici le preoccupazioni d' in– dole 11011 pur.unente ecclesiastica. Quei primi giornali, che fanno o rappresentano la destra del clericalismo, sarebbero 1>er il pubblico colto italiano, che li ignora completamente, i pili strani e mirabili documenti umani; la coscienza prettarne11te ecclesiastica, tenace nella insidia e n~lla diftsa di lulli i suoi elementi coslitutivi, è t'Spressa. in essi con ricchez:rn ed eloquenza di det– tagli tali eia far 1alorn, di quelle modeste pagine cli g"iornali, vere opere d'arte. Questi giornali vivouo delle benedizioni - non d1 quelle sole che garantiscono le grazie spirituali - del papa e dei vescovi, e non hanno h~ttori che fra questi, nel vecchio clero bronloloue e pessi– mista, scisso oranrni inticr.rn1e11tedalla vita, e al– cuni pochi ciel giovane clero ai quali o per mi- Bibloteca Gino Bianco 1rncce o per ambizione, è necessar!o parer vecchi– Essi non hanno quindi alcun ritegno e possono permettersi, nell'ostenti1zione del loro pensiero, I a massima sincerità. Nel loro concetto, il giornale, .se può, in seconda e in terz;"Jpagina, f.tr qualche conces.i;ione alla ruriositll « mals;"Jna », riport:rndo lettere di corri~pondenli dei borghi vicini, o della capitale, e 1111 paio cli colonne di telegrnmmi della Stefani. deve essere l'apologetica quotidiana del catlo\icismo, auteutico, ortodosso, pa1>ale.Papa.le SOJ)rallutto; poichè. or:i.nmi,clell'autenlici1à del cal– t olicismo, in questa. spaventosa \•uotag~ine cli vita. interiore e cli cri1eri divenuti personali. non c'è pili altra misurn e norma. cli cattolicismo che pensare col papa: e 11011 gi~ solo col papa delle encicliche, de' concilii e de' 1>iù solenni atti del su– preme, reggimento ecclesiastico; ma col f)OVero papa empirico che ha le passioni le clebolezze e le iirnoranze 1mrnne; e quindi anche con i camerieri çui J1aht11I am·es ponlifiris, e con quelli che pos– sono comm1que ostentMe un biglietto clella se– g-ret,.riri p;irticol::.re o qm1t1ro frasi raccolte in una urlienza, e con lulli quegli altri i quali ce11se11!to– rifcrire il pensino ufficiale del papa, e con gli a• clulatori. bE"neficia.tiin nspettaliva. del canonicato, i quali nclul,1110 il papri e tro\•erebbero volentieri che vi è pili 51>11110 in una sua scMpn che in tutto il Collegio cli Francia. La; concezione delfa Chiesri, in questi giornali, è quale poteva essere in Bonifacio VIII o in Pio V o in De J\laistre; essi vogliono ancora il potere temporale. lo St::.to docile alla Chiesa e sollecito cli accett:tre e farne osservare il diritto interno, le liberi.\ C<>!-tituzionali aholite o ridotte, il pen– siero dei ~iovani ve,stito sui modelli che conser– vano ancora i p.p. ~esuiti, la vita ecclesiastica re– golata dalla passività cieca e totale clei laici di- 1rnnzi al clero e di ogni categoria di sacerdoti di- 11 anzi al loro superiore; perchè ogni pensiero e ogni volontà. si assommino nel papa., ed ogni atto non sia. che ripetizione meCCl\nicades.;radante dnl vertice, e OJ?nispirito di iniziativa e di critica. non venga definitivamente bandito, come cosa e sa.ta– nica•· Così negli scritti polemii:i ed apologetici di questi giornali, non v'è mai possibile trovare un lflmJ>O di novit~. se non quando essi riferiscono brani e frasi staccate di modernisti, nrngari allineate in sillabo, per prnfligarne Rii errori ; le vecchie no– zioni, le vecchie imagini, i novissimi luoid1i co– muni cli questo grande cimitero cli pensiero che è la teologia. uffici:ale.E, se il pensiero moderno è h.tndi10, quesro mondo di !orme defunte che so– stituiscono il pensiero negli ortodossi viene so– vente portato a rielo. Se vi capiterà di leggere qna.lcuno di questi giornali sul principio clella qua– resima, voi troverete certamente dei brani di let– tere pastorali di vescovi italiani nei quali una prosa sciatta e consuetudinaria. che iRnora una qunlsiasi pulsazione di pensiero vivo e di commozione sin– cera, è prese111ata come autorevolissimn, sapien– tissima.,dottissima, op1)ortunissim;:i; specie se ess11, sulle tracce della Pascendi o di qualche libercolo cli gesuiti, intende smasclU!rat"e o schiaccia,-e. lo errore moden1istico. A questn caches,;ia mentale !-=i a.ccom1>agnaun triste fermento di passioni, clicollera e cli oclio. Io non so se, nei quindici anni nei quali ho Ictio ogni giorno parecchi giornali clericali, mi è mai ca.pilato cli leggervi un pagfoa sol.a nella quale vi– brasse calda e siucera una commozione di bontà e di benevolenza um:tnn; attesto in coscienzn che non oserei aflermarlo. J\tll in\"ece, se voi prendete a caso un numero qualunque di questi giornnli, e ve lo leggete pazientemen1e, voi ,,i sentile stretto 1'ome cl::. un'impressione pt'nosa di ombrn e cli gelo; ·e dovrc:tc dire fra voi e voi: come sanno odiare questi cattolici, questi « papali • ! L'odio, l'irritazione sorda, lo spirito di inquisizione ge– los,1, di denunzia, di <liffomazione, il dispetto con– tro tutto quello che vive e si agi1a giowrnilmente al sole sono oramai il 10110 fondamentale cli que• !-le anime; e bisogna confessare che esse 11011 fanno nulla per nascondersi ; quando alla mocler– nilà, alla sincerità, 31J:1 libertà alncre e gioiosa, alla simpalia largn e cordiale per i dolori e per le aspi– rnzioni umane si è clato il nome di e diavolo •• bisogna bene fare il contnirio per salvar \"anima e guadagnare le benedizioni celesti e le lodi dei pastori. J\ta temo di parere esagerato: e, !)Oichènè vor– rei suggerire ai lettori un abbouameulo cli sag~io all"Uuita Callollca, per esempio, uè, se ù~ssi il suggtrim~nto, sarei ascoltato, smetto. Chi vuole, verifichi. l\ln un vizio i11terno minaccia oramai questo mondo giornalistico. Al massimo di !linctrità sta per succedere, via via che i vecchi se ne vanno e i preti giovinetti occupano il llosto, il massimo di insinceri1à. Tartufo, anche, \·a scomp,irenc!o e l'ipocrisia degli eredi è più uer\'osn, meno abile, • meno prndentt. E, con processo inesorabile, il cle• ric~lismo italiano gitta alla rh,a questi poveri vec– chi sconsolati che sognavano aucorn l'egcmouia / J03 papale e la soppressione spirituale del mondo moderno e interessi varii - ù' indole economica e politica - trascinano i credenli nelle lotte per la vita. Al giornaletto a1>ologetico vn sostituc-n• dosi il giornale di sci pngine, dietro al q1rnle ci sono delle aziende industriali di c:i.ratisti e magari qualche groSS";-i banca e qualche ministro. La Chiesa è rinforzata dalla societ~ in acconrnudita, l'arci– vescovo clall' uomo cl'aflari. Tutti Rii storici, quelli che portano negli studi interessi retrospettivi, deb– bono vigilare 1>erchè nelle biblioteche del regno non manchino le collezioni dei giornali clericali cli destra ; fra dieci anni esse saranno preziose. ROMOI.O Z..IURRI. L'educazione morale degli studenti universitari. Oramai tutti, compreso perfino il ~linistro della Pubblica Istruzione, sono d'l\ccordo nel ricono– scere quanto sia difettoso l'ordino mento dei nostr studi universitari e 11011 mancano eccellenti pro– poste di riforme. Un altro lato della questione universitaria, in– vece, per lo meno altrettanto importnnte, è stato troppo trascurato: quello clell'ed11cazio11emorale degli s/ude,,ti mdversilari. J\li sarebbe ben facile dimostrare che anche se esistesse e si potf >sseattua.re un ordinamento ideale, perfetto, degli studi universitari, questi sludi da· rebbero sempre risultati molto imperfetti finchè l'educazione morale degli studenti restasse co:d vergognosam+:nte bassa. quale è ora. Che il livello morale fra gli sludenti sia. ben basso non ha pur– troppo bisogno di conferma.; basta pens~re alle disgrnziate vicende clell:i Corda F,·alres e, si può dire, di ogni a.lira iniziativa studentesca. l\ta., si noti bene, ciò non vuol certo dire che i giovani italiani siano realmente privi di ogni nobiltà di sentire e di agire; vuol dire invece che essi, riu– niti nelle Università, si flbbassano al livello dei peggiori, come .avviene nelle folle, e non si sen• 10110 elevati dai migliori, come avviene fra coloro che sono aflratellati eia un comune ideale. Ciò si– gnifica insomma che le Università, le quali do• vrebbero essere i fari delta cultura nazionale, corrompono il carattere dei giovani invece <li e– ducarlo. Questo stato di cose è tristissimo e costituisce uno dei pili gravi ostacoli al progresso di una na– zione, non solo, come è evidente, perchè coloro che escono dalle Università vanno a costituire le cosidette « classi dirigenti •• ma anche pcrchè la educa::ioue morale è w, Ùldispensabile ,·eçmsito professionale.. Ciò mi sembra "sia stato troppo dimenticato e perciò voglio insistervi iu modo speciale. Tutto l'insegnamento universitario è basato at– tm,lmente sull'errore che per fare 1111 buon avvo– cato, un grande ingegnere, un vero medico, basti fornire ad un giovane tnlte le conoscenze tecniche neces,;arie (e molte altre superflue I); se il giovnne ha abbastanza memoria per ricordarle e abbastnn– za intelligeuza per metterle in pratica, :.i crede di :l.ver costruito un perfetto professionista e lo si spedisce col roglio di via della la.urea (senza nean• che scriver di fuori: /mg-ile) alle officine e :i.Ile condotte. Sono poi i poveri clienti o i disgraziati operai che pagano (quasi sempre inconsciamente) le spese della mancanza cli educazione morale clei profes– sionisti. Se 1111 avvocato fa pP.rdere 1111a causa per 11011 essersi curato di studiarla convenientemenle; se un medico non ha il coraggio di assumere una responsabili là per salv:1re una \ 1 i1a o di anro111are un disagio per alle\'inre nn dolore; se un ingegnere nel costrnire una fabbrica trascura ogui provvc• climenlo atto a diminuire i danni che il lavoro pro– duce alla salute degli operni - llllto ciò non cli- 1>code solll\nto dalla imperfezione della natura 11111,ma, ma anche, e in gran 1>arte,dal fatto che quell'avvocato, quel medico, quell'ingegnere non avevano mai udito durante i lunghi mmi cli studio una. voce che li ammonisse se\·eramente sulle re– sponsilbilità che si sarebbero ass111:te,sui sacri im; pegni che nvrebbero presi verso la sOcie1à,acqui– stando il diritto di esercitare la loro professione. e Mn è possibile organizzare l'educazione ma. mie nelle Università? Non è <1ues1auna bo!llauto– pia? Credete forse che si possa cambiare la na• tura unrnna con le chiacchiere? > Queste e :l.ltrc simili domande f;naamo subito gli scettici. Ri,;pou<loche conosco bene gli studenti univer• sitari e mi sono persuaso che solo per mm mino– rnnz I sarebbe inutile uua ben diretta educazione mornl~. Da un la10 le 1>ochenature elevale, le qn:11i hanno una coscienza morale si rnnin;:i.tae squisita che non abbisognano di incitamenti esterni ; da1• l'allro le coscienze primitive, deformi o ribelli, refrattarie nel ogni buona infl11enza. La grande maggioranz.a iu\·ece potrebbe venir molto dcv,1ta da una somma di sapienti infiuenze
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