La Voce - anno I - n. 18 - 15 aprile 1909
LA VOCE 71 un progetto, dopo le famose deplorazioni dei professori giovani a Roma doveva esser pre– sentato, non pare, davanti a simili aborti, che la politica abbia suggerito lo stratta– gemma di partorire qualche cosa 1 pur che sia, tanto da far comprendere ai meno in– genui che solo a patto di uno stomaco di strn{;_O si può aspirare a roo franchi mensili di miglioria ? Ecco in succinto i fatti: ART, 7. Ai Prof. ufficiali non po:,souo essere affidati incarichi retribuiti di materie comple– mentari. ART, 23. Tutti i prof. ufficiali che attualmente hanno l'incarico d1 un insegnamento com1>le– meutare lo pob-mmo conservare nelle forme di legge. (Quali? Vattelo a pesca! Le forme di legge stanno nel beniaminismo di tutte le S. Eccell. che si succedono, colle reh!.live Competenze). ART. 8. Nessuno potrà coprire il posto di ordi– nario e di straor,Jinario in più istituti o facoltà Universitarie. (Giustissimo a porre freno ai fame– lici polic:attedratici c:he r.tggiungono somme inspe– n1te mohiplic11.ndo i 27 mensili). AkT. '24· Ai prof. uffici.tli che alla pubblica– zione della presente legge siano pror. ordinarii e ~traordinnrii contemporaneamente in pili istituti o facoltà, 11011 si applica il disposto dt:11'art. $. (E allora)? ART. 16. I professori hanno l'obbligo di risie– dere dove insegnano. ART. 16. Comma 2.0 Possono però essere auto– rizzati a risiedere .... ART. 17. I professori che hanno compiuta l'età d'anni 75 sono collocati a riposo. ART, 17. Comma 2. 0 Possono però essere man– tenuti in posto iu seguito a parere del Cons. Sup. (che farà sottrazione di qualche anno ...). ART. 5. In ogui Università per dascun inse– gmmte 11011 si potrà nominare che un solo prores– sore ordinario o straordinario. ART. 7. Comma 3. Per le Caueclre di materie fondamentali ove a parere del Consiglio Supe– riore l' insegnamento abbia per due facoltà indi– rizzo diverso si potrlt. instituire un incarico che polrlt affidarsi al titolare ... ecc. Ed ecco cosi col semplice pretesto del- 1' indirizzo diverso creati due insegnanti in barba all'art. 51... Ma non è qui tutto. Quale incarico è mai durato o potrà mai durare a vita? Come potrà poi essere cosi impedita la nobile carriera di C11cù che pur fuggendo dai concorsi, specie dove ci sono esami, ha pur raggiunto l'invidiato seggio di vice•sotto segretario fra le fronde dei loggiati intito– lati ai Mistrà, Cairà e Mustafà? L'ùuliri{'{O Jiverso non è già un buon pretesto per strac– ciare l'art. 51 ed analoghe disposizioni di legge Casati che vogliono appunto unico l'in· segnante per ogni materia? Siamo in piena .democrazia ed un po' di proletariato intellet- 1uale non nuoce. Ma le contraddizioni non sono finite: gli arbitrii ed i capricciosi propositi che si ser– vono sotto gli infiniti possono e non possono. Contraddizione pure quella dell'art. 34 ri– -spetto alla legge Nasiana 28 Maggio 1903, art. 4- Prescrive cioè la legge Nasiana che i maggiori proventi delle tasse Universitarie aumentate di '/: 1 e più, sieno derogati: 1° ad aumenti di dotazioni per i laboratorii 2° a migliorie economiche pel personale inser– viente. A ciascuna Università dovrebbe essere restituita la metà dei proventi stessi. L'altra metà spetta a Minerva Centrale per erogazioni -di simpatia. Intanto l'art. 34 stralcia una quarta parte dei proventi a beneficio del Tesoro, toglie cioè agli effetti 1. 0 e 2. 0 della legge Nasiana ciò che 5 anni sono parve indispen– sabile e necessario. Si lavora insomma a fa e guasta mai sempre a Minen•a! Brevi tratti che mostrano già in cosa con– sista questa strombazzata velleità riformativa -di una Pallade burocratica che ha perduto e l'ulivo e lo slancio alato di Pegaso. Se Mi• nerva è impotente davanti al fatto di una Università che non esiste e non esisterà per 20 anni almeno [Messina] se Minerva ha per– duto ogni freccia ed ogni simbolo lontano di moto e volontà, a che mai questo sene– scentt: spettacolo di velleità e di spettri ri– formatori? Un professore di Università. Ahhonalevi alla Voce. Sen{a arretrali fino al 19,0 L. 3,40. Ali' Estrema. I radicali alla Camera. - Dei 45 deputati radicali allorchè nell.J. seduta ciel 31 mArzo si do,•è ,•otMe la fi<luciRo la sfiducia in Giovanni Giolitti furono assenti ben 23: diciamo venti/re. E l'on. Ettore Sacchi, nella dichiarazione di voto, che rece a no– me <lei gruppo si guardò bene dal dire che il suo voto indicav.1 sfiducia in Giovanni Gioliui: si con– tentò di dichiArare che egli 11011 poteva es1>rimere nel governo una fiducia a priori. Pare una po– &lurde. Dopo otto anni <li quAsi i11 interrotto gover– no giolitti-1110, uua metà dei radicali sp.1risce, non volendo voi.tre la sfiducia e 11011 osando votare la fiducia a posteriori. E l'Altra met.'l aspetta :1ncora n giudicMe Giovanni Giolitti e perciò è d~lentt. di non poter votare la fiducia a pdori. E pensare che secondo il V,mgelo bloccardo e massonico proprio il gruppo radicale dovrebbe essere il nu– cleo cli quel grande mini::;tero riformatore che lan– cerà I' lt::11iasulla via delle audacie democratiche ! G. S. 0ocumeoil elettorali merldlooall e radicali. - Nel 1903, morto Giovanni Bovio, corse alla conquista del Collegio di Minervino Murge il grande e fie– ro erede di Felice Ca\•allo1ti, cioè a dire Carlo Ro– mussi. Quando sono al potere i ministri conser– vatori, l'Italia meridion.tle serve di reuclo eletto– rale ai faccendieri conservatori che non trovano un collegio nel nord. Quando governa la demo– crazia, l'Italia meridionale è giusto che serva di serra calda per i candidati tisici della democrazia. E nel 1903, noi avevamo in lwlia un governo de– mocratico: cioè Giovanni Giolilli, invece di fa– vorire i deputati e candidati conservatori, favo– riva i deputati e candidati d'Estrema Sinistra. Dunque nel 1903, consule il democratico Giovan– ni Giolitti, Carlo Romussi non essendo riescito fino allora a succedere nel Collegio di Corteolona a Ftlice Cavallotti, pensò di succedere a Giovanni Uovio nel Collegio di ~linervino Murge. E i metodi democratici con cui la sua candidatura fu sostenuta, possono essere desunti dal seguente documento umano. Ad apprezzare degnamente il quale biso– gna sapere che il destinatario della lettera era il dt"putato radicale Spagnoletti, costretto alcuni anni dopo .t ritirarsi a vita privata per abuso di titolo, ma che allorn era segretario del gruppo parlamen- 1.ire radicale; e lo scrivente F. De Venuto, sindaco di Ruvo, era .... repubblicano, proprio repubblicano e di quei buoni. Ed ~eco il do– cumento, il quale servirà fra le altre co,;e a spie• gare agl'ingenui perchè i deputati d'Estrema Si- 11istra in genere e i radicali in ispecie non daran– no mai battAglia sinceramente ed energicamente contro le violenze elet.tor.'\li del governo giolittia- 110: quelle violenze potranno servire domani, non appena costituitoi:i il grande ministero democra– tico•massonico, anche ai candidati d'Estrema Si- nistra. G. S. Onorevole Amico, La ca11didulura Romussi è J[ia pia11/ala e con certezza di rhtsciln, se il 1lli11isfrosi 1Jlelleali'o• pe,-a cou energia e sen::a scruµoli. I.a lolla sarlt aspra e difficile, giaccllè bisogna afloulauare, o meglio sfatare la questione regionale. Il Prefello Ct1racciolo e stato mollo abile e mi lta coadinvato mollo be11e,specialme11/e11ellavoro di eliminazione. Però lo vedo 1111 po' scrupoloso circa i mezzi da me proposti pl'I co11seg1duuulo del fine ~·o,mme. Sarebbe oppol'luuo, urgentissimo lo scioglimen– to cieli'Amministrnzionc Comu11ale di C;111osa !.... b,foude,·ebbe addirillura par,ra, la vifto,-ia sareb– be più che assicu,.ala. Ouorrean&ora DF.NAK0,giacclii noi siamo esa1'• riti ed esausti. Fatta Ila aperto il pol'lafoJ[lio e questo mi preoccupa, giacchi! l'o,-o arriva oppor– lrwa,,,e11fe fo tempo, cioè quando i nostri conla– dùzi sono affamati per mn11cauzadi lavoro. Ouo,.,.o"o delegati energici e fedeli. Oe&or,-e rùmova,·e e subito il brigadiere dei carabitlie,-i di R1wo, e !aule e laute cose che il Pre/ello da solo pub accordare. F. DE VENUTO. l' lndennlti dell'on. F. S. i·iillll.- L'ou. F . .S. Nitti si è squagliato nella votar.ione dt:I 3 L marzo ed ha votato per il mantenimento del dazio sul grano nella seduta del 3 aprile. L' on. F. S. Nitti è contrario alla indennit:\ ai deputati. r.·?a gode ddle seguenti indennità: 1.a indennità come pro– ressort: ordinario ali' Università di Napoli (fo no• minato da Nunzio Nasi per l'art. 6g); 2.11, inden– nità come libero docente nella stessa università; 3.• indennità come incaricato nella stessa univer– sità (una volta era incaricato clandestinamente an– che .tlla Scuola Superiore d'Agricoltura " Portici); 4.• indennità come membro del Consiglio Supe• riore ; 5.• indennità C'ome membro della Giunta del Consiglio Superiore; 6.• indennità: tutti gl'in- Bibloteca Gino Bianco certi che riesce a mettere insieme come avvocato– deputato. L' on. F. S. Nitti ru testimone a difesa nel processo di Nunzio Nasi, che non solo lo no– minò sen7.a.concorso pror~ore ali' Università di Napoli, ma anche lo mise nel Consiglio Su1>eriore e se ne servì come di braccio destro. L'on. F. S. Nitti sarà certamente ministro nel 1>rossimo futuro grande ministero massonico-democratico. G. S. Caratteri. Il Quldlibetarlo. - li Quidlibetario è un uomo terribile, fenomenale - un mostro: è l'uomo li– bero per eccellenza. Vive in mezzo alla societ:\ come un'aquila in un pollaio. Si veste a modo suo : porta delle ghette ai piedi. un anello do– rato e osceno al dito, un panciotto di tutti i colori e un vetro nell'occhio. Il suo occhio è •rntoritMio e la sua faccia imperiosa. Vive di ra– pina. Se tu lo vedi nella .Hrada lo riconoscerai alla prima: cammina con pASS0di conquista, urta le sìgnore, rovescia i bambini, pesta la coda al cani. Guarda il tapino e l' infermo con pupilla truce: - alla sardign,t ! Niente può arrestarlo. E un pagano e dai grandi appetiti•· Adora Nerone fra gli antichi e Brunati fra i moderni. Tuttavia non credere che per arrivare ad esser quel che è, .tbbia fatlo dei grandi sforzi : gli è bastato legger tre libri: I' Ulli&o di Stirner, lo Zarathustra di Nietszche e I' Ame payem,e di Brewster - forse ha letto anche qualche pa– gina di D' Anmmzio. Ma questo è tutto. Tali ~etture sono state per lui come un'illuminazione: ha acciulta10 a cors.'\ il significato di molte pa• raie: la e santità della carne .., il e delirio orgia– stico > il e furore dionisiaco >. Ora vive con tutta la foga di una natura tiwrina. Passa le notti fra le quinte o nei lupa1rnri, campa alle spalle del prossimo, mangiR a due palmenti, fuma, beve vino, caflè e liquori - e non rende i quattrini a chi glieli ha prestati. Quando un amico l'invita a pranzo, pesta i piedi alla signora di sotto la tavola, tocca il - vestito alla serva che sparecchia, s'ubriaca; e - per Oionysos !, siamo o non siamo al di là del bene e del male? - piscia per le scale, uscendo. È un uomo formidabile, come v'ho detto - l'eroe dei nostri giorni. A. S. LA FAMIGLIA DEL "CORRIERE,, Non c'è solo il Corriere della Se,·a, ma la Do- 11,enicadel Con·iere, il Co,·rierc dei piccoli il Romanzo mensile. La lettura: proprio come di– ceste una famiglia. Di quelle buone famiglie bor– ghesi, di babbo, mamma e molti figliuoli, nelle quali è uso, il cli di festa, uscire a fare la passeg• giatina insieme. Se con la memoria ci .'\rrivate, pri– ma che il primo figliuolo nascesse, erano soli bab– bo e mamma, mamma si chiamava Domenica, e babbo era dimolto più avanli cogli anni. Ma co– me accade ai mariti vecchi che mettono su mo– glie giovane, tutti gli amici e frequentatori di lui divennero subito amici e frequentatori di lei. E faceva non so quale piacere alla buona gente an– d.tre a casa non pili di uomo scapolo, ma proprio di persona seria, bene impiantata, che nella sua camera da letto si sapeva avere invece di una, due berrette da notte, due pedane e due como– dini, e diceva ogni tanto, interrompendo la con– versazione politica con gli amici, diceva: - N'è vero, Domenica? Vedete? lo dice anche Dome– nica. Guardate Domenica! Che bella danni na, eh, Domenica? tostava due soldi. Se la godevano gli amici del marito in casa, se la godevano molti altri fuori che non conoscevano il marito nemmeno di vista. O tutt'al più, di lui parlavano come d'un pezzo grosso di Milano, uno di quelli che tengono a postoquella canaglia.di socialisti; e sanno anche dare una mano di aiuto al cardinale, se mai met• tendo il piede per queste strad.'\cce d'oggi senza religione gli si sfibbi o addirittura gli dia un crepo la scarpetta di vernice. -Lasci.'\mo star lui, dicevano le donne: mala Do– menica, non la conoscllle? Quella è una donna 11011 solo di garbo, ma alla mano, buona, brava, servi– zievole, siamo amiche, amicissime, ci vediamo ogni set~imana, e anche più spesso. lo vado da lei, lei ritorM da me; abbiamo un monte di cose da dirci; lei mi porta a vedere tante belle cartoline illuslrate, tante fotografie dal vero, anche quelle del terre– moto; quelle degli scioperi, quando la cavalleria sdrucciolò nel mercato sull' ins.tlata che le donne avevano stesa per terra; e poi, e poi, mi (a ve– dere l'albo delle poesie. Due o tre giovinotti le mandano dei versi. Che versi! Ha mai sentito lei nominare il poeta Achille Leto ? Queste parole passavano di bocca in bocca in certe case di certa gente di poco conto; al terzo pii:i.no ,ma più specialmente al quarto, al quinto, al sesto, e giù nelle portinerie. P~rò anche il si• gnore del si;:condo piano, quello che ha una fab– brica di liquori, o anche il signor b,mchiere, e persino quel e-erto libiaio famoso che vende le carte geografiche per tutte le pareti scolastiche d'Italia, anche quelli alla mezza del sabato rientra– vano in casa con la Domenica in mano. La leg• gevauo essi, poi la r.1cevano leggere alla lor mo– glie, pai ue facevano un dono alla suocera perchè stesse ferma e zittfl, e la suocera la raccomandava ai bambini : Guardate le figure; ma non straccia• tela veh ! E molte volle i ragazzi ri::;pettavano la volontà della nonna, la quale prendeva poi la pic– cola rivista, l'apriva, ne toglieva per precauzione il teoue filo di acciaio che cuce i logli, la stracciava in due parti uguali, in quattro, iu otto, fin che l'esperienza le diceva basta. Col pacchettino in mano la nonna usciva dal tinello ... La Domenica è la più grande, la più universale, la pili utile rivista di informazione e di coltura che fino ad oggi sia mai riuscita ad assimilare e a far propria, Ja grande e gloriosa borghesia italiana. Un'a rivista che si stampa in quattrocentomila copie ed è letta da due o tre milioni di italiani, e si commenta e si gusta e non se ne può fare a meno; vi_pare un fatto di poco conto in un paese tardo, lento, dis– sociato, ignavo e am1lfa1Jeta come è sempre stato l'Italia? È 1111 fatto di grandissima importanza Non si tratta mica del manifesto del Futurismo ché un povero diavolo di ricco manda a rega– lare in pacchi raccomandati a tutti quelli che non sanno che farsene. La Domenica è un giornale che entra nelle case perchè gli inquilini le aprono essi stessi la porta. Si ra comperare. Rende. Essa non butta via i suoi soldi per dar fama a chi la sostiene. come una donnina allegra potrebbe scia– lare in pazzie i soldi guadagnati da sua mamma, al bordello. Se badate, è fatta di niente: ma il uiente di che è piena è come l'ossigeno che dà forma e consistenza a un sacco di tela, e che riec– cita la vita Uè' polmoni atoni d'un moribondo. La rivistR per la moltitudine 11011 può non essere ratta di nulla. Deve essere tanto minuscola esile, sottile quanto la moltitudine è larga, grossa e mas– siccia. E deve essere fatta non col cervello, non con l"arte, non col pensiero, qualità singolari e dominatrici ma con la macchina. Del resto, in questo campo noi italiani non avevamo da inveo• tare nulla. Bastava copiassimo gli esempi d"I gior– nalismo inglese ed americano. Antonio Albertioi che è uno degli homines navi più barbarici, ma anche più intelligenti che siano oggi nel campo della cultura italiana, il vero capomastro del gran giornalismo quotidiano, I' organizzatore tacito, cauto e poderoso, l'uomo che osserva, medita, prt– para e poi scopre e rivela, non ha inventato nulla: ha Applicato. li vecchio giornalismo aveva niente– meno che l'appendice letteraria, di onesta e glo– riosa memoria. Ma imi:1ginate voi il Corriere, con tutta la sua potenza, d;:ir corpo e anima a un nuovo glorioso Fm,ji,lla o una C,-o,,acabiza,,fina 1 Basta facciate quest:t supposizione, assurda, per avere un'idea di quanta sia, in fondo, scarsa l'onnipotenza di questo organo magno del giorna lismo italiano. Se dovesse mantenere un Fa11/11lla persolo un anno, il Corrie,·e rim:::rrebbe esso stesso spolmonato e sventrato. Poichè il Corrie,·e non ha che scl'lrsità di ingegno agile e poderoso; e da un po' di tempo son molte più le volte che sulle sue colonne gli scrittori esausti tirano il fiato, che non quelle nelle quali allarghino in chi legge il respiro. Se v' Accorgete, il Coniert: si sta colo– rendo ora e ringalluzzendo un poco per opera de' suoi migliori corrispondenti dall'estero, ma la forza, il calore, il colore, le idee e l'arte eh<!:gli vengono di patria, sono proprio poca cosa. Dun.que l'Albertiui, che è uomo savio, non fece il Fa11fulla, rece la Domeuica. Però, c'è un però. E questo però si chiama la Letl1'ra. L'idea tecnica, diciamo così, della Let• tura, anche questa è inglese, francese, americana, come volete. Ormai tutto il mondo che viaggia sulle ferrovie, sui piroscafi, che legge una mezzo– retta la sera prima di addormentarsi, di qualunque paese sia legge in una data maniera, date riviste, di un dato formato. L' Albertini, che è cosmopo– lita (lo addito al vilipendio dt"igiovini nazionalisti, carrocciari o tricolori ma pur trop1>0 tutti arcadi e brulli scrittori a un modo), ha dato agli it.1liani la prima loro rivista moderna, e la chia– mò lelltlt'a e non autologia. Voi potete anche non leggere un'antologia; e torcere il naso di· nan.zi a una Nuova Autologùt che per contrasto vi fa sospettare di un'altra vecchfo antologia. Ma non potete non leggere la Lel/10-a. E poi bisogna aggiungere che è tutt' altro che ratta male. Uenchè condott" pedisseguamente sul• l'esempio di riviste forestiere, la Lefhll'a è inne– gabilmente entrata oggimai nel commercio nostro librario, e occupa una parte che per essere pur
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