La Voce - anno I - n. 15 - 25 marzo 1909

suO valore, de' suoi piì1 noti promotori e rap– prescnt:1nti. Spigliato e.I elegante, la lettura n'è piace,·ole ed istruui,•a. Faremo qualche os– servazione sul suo contenuto essenziale. . • • Abbiamo delto che il Sabatier nel volume si restringe a far la storia viva attuale del modernismo i e se gli ;ivviene di entrar in merito e di aver a d:irne un giudizio critico, egli suole adagiarsi in espressioni di incondi– ùonata ammirazione. Orbene, il modernismo realmente lo merita? A noi pne di no. Ben s' ir.tende, che noi qui non ci occu– piamo delle persone, nè delle loro buone in– tenzioni, che ammiriamo anche noi contro le storpiature e le denigrazioni, che del loro pensiero e delle persone osa fare l'enciclic:1. Noi vogliamo esclusivamente pesare il valore sociale del modernismo; di quel movimento di pensiero, cioè, disposto ad accettare per intero i resultati della scienld e della filosofia conlemporanea, e deciso a trasfonderli nel cattolicismo entro i limiti e nel senso di una riforma della Chiesa. 1 modernisti, cioè, cre– dono e sostengono che~ possibile conservare, come f.ttlo storico, il cattolicismo, pure ade• g-ualnmente riformandolo a norma del pen– siero attuale. Noi siamo, Ìn\'ece, persuasi, che se un'adegu:1ta riforma del cattolicismo non si ~ potuta avere nel secolo XVI, quando era possibile, nei limiti allora \•oluti, tanto meno potr~ verificarsi oggi, che la scienza e la fi– losofia colpiscono in radice la costih1zione storico•dogmatica della Chiesa cattolica. Noi non crediamo, per necessilà di cose, che av– verrà def catlolicismc storico, fuor dalla crisi presente, una riforma, ma bensl una trasfor– mazione che riesca a creare dalle rovine della ·Chiesa un nuovo ente sociale purchessia, con altro nome e con altri caratteri. · Secondo noi, i modernisti giuocano d' il– lusione sui termini d'un equi\•oco, allorchè dicono da un lato di voler accettare tutto il pensiero moderno, dall'altro, di voler conser– vare, riformalo, il cattolicismo. Per noi que– sta accettazione pura e semplice e questa pura e semplice riforma, M>nodue cose che a vi– cenda si escludono, due termini che fanno a cozzi, e che stanno insieme uniti, nelle buone intenzioni dei modernisti, solo in grazia di un equivoco. Ce ne d:\ la riprova il Sabatier, che onestamente riferisce quale sia il pensiero modernista. Egli osserva, a un certo punto, che taluni son propensi a plragonare la situazione di Pio X con quella di Luigi X\'J. « Con Pio X la \'ecchia nozione di autorità, fondala so– pra una ri\'elazione divina inverificabile e af– fatto meccanica, que!-ta nozione rovina per sempre, come ro-dnò con Luigi XVI la no– zione del diritto di"ino dei re. La crisi che attraversa la Chiesa C in lutto analùga. Tra i sudJiti della Santa SeJc, come fr.1 i suoi nemici, vi sono molti a figurarsi, che il di– sastro di Pio X sarà .... la fine d'ogni reli– gione, e il regno d'ogni feroce anarchia ma• er ialista .... La crisi presente non ucciderà la Chiesa, ma la trasformcr:'I. Il cattolico di do– mani non sarà più un suJJito, ma un ciua– dino. (pag. 51-;2) •· Per determinare l'idea modernista, espressa in queste parole un per vaghe e imprecise, occorre leggere oltre qualche p:1gina: e Ab– biamo paiienza. Ciò che il governo della Chiesa oggi non comprende, domani lo com– prenderà; Pio X, il cardinale ~lerrv del Val Monsignor Benigni ..• non sono eterni (p.90) / Poi, dopo ner accennata la diversa no– zione che i modernisti hanno anche del prin– cipio d' autori!~) prosegue ; « La ste,;;sa e\'o– luzione compiesi nella notione di Chiesa. Credere a quel che crede la Chies.1, per un modernista, vuol dire, 5i, ripetere gli antichi trtdo ... ma, più ancora e sopratutto. è vi \·ere la vita della Chiesa (p. 93 . Il cauolico mo– dernista non distrugge nulla, e a nulla ri • nunzia; egli accetla ogni cos11 1 e ogni cosa \'Ìvifica. Quel che oggi è il centro del culto, la messa, non diventa per lui un rito da mu· seo ;.•.• J_,. messa resta ciò che ~, o più tosto ess.:t prende un significato e una vita nU0\'a. > (p. 99). Proprio li sta l' equi\•oco del modernista, LA VOCE Che egli accetti gli antichi credo e la messa qual' e, internamente poi limitandosi a dar loro un significato nuovo per mettersi in pace col pensiero moderno. Il \·ero, iiwece, si è, che la mess.1 1 i sacramenti, i riti senta i quali non i;i può sussistere un cattol icismo storico, hanno un valore sociale indipendente dal de– siderio intimo di chi li esercita o li subisce, e determinato esclusivamente dai dogmi, onde i riti sono l'espressione simbolica e pratica. Ora, i dogmi cattolici possono dirsi di due sptcie: gli uni fisici o storici, relati\,i a un dato fatto, e gli altri metafisici, rispondenti a un dato concetto. Il ardo contiene tutti, e non sa distinguere che gli uni abbiano meno valore degli altri. ~la, nel caso, per noi è un rompicapo il dovere spiegare, come diamine faccia il mo– dernista II negare per convinzione scientifica, secondo è dovere, l'entità di quei fatti dog– matici, dalla conceiione verginale in poi, che per fede egli accetta così come sempre, obiet– ti \'amente \eri, la Chiesa propose e impose di crederli. E quanto ai dogmi melafisici, la questione, in fondo in fondo, non C mica dh·ersa. Le delinizioni dogmatiche rappresentano concetti, e i concetti sono quelli che sono, fissi e sta• bili nel senso una volta dato alle parole che li esprimono e li formulano. Il cattolii.:o tra• dizionale, per il quale la \'eri1à è adequazionl! di un concetto a una cosa, come dice San Tommaso, accetta e subisce dall'esterno tutti quei concetti formulati in definizioni dogma– tiche, come entità obieuivamente \"ere e as· solute e immutabili i e cosi formasi il credo che rende possibile una società di coscienze religiose, in quanto tali, in una sola fede, cioè in una data Chiesa. Ma il modernista, se ha capito le \'ere esigenze della filosofia moderna, nt)n può dare a quei concetti, espressi nelle definizioni dogmatiche, il diritto di rappresentare l'assqlu1a verità; nè li subisce, ma anzi ad ogni istante li sostituisce con una sempre nuova correnlii-di concetti, i quali più che rappresentare la vcrit~ in sè, la inter– pretano e, per così dire, continuamente se la creano. In questo sublime lavoro, ogni co· scienza è libera, ogni coscienza i: autonoma. E perciò, se al di sopra Ji un fond:tmento simile si può combinare una formula media di programma presente, tra la infrenabile corsa del pass.1to nel futuro, su cui costituire una socielà d' uomini consenzienti; questa potrà benst dirsi un partito politico, nel senso clas– sico della parola, ma non propriamente un corpo religioso, una Chiesa. Insomma, se noi \'ogliamo accettare, fin dove ci porta il pen– siero moderno, bisogna per\'enire a superare fin la stessa ugion d'essere del dogma, che è il principio causale Ji tutte le Chiese. I modernisti dicono di accettare pacifica– menle tutti i riti della Chitsa cattolica. Per convenienze prntiche o politiche, lo conce– diamo; che li accettino per \'Cra fede reli– giosa, non lo possiamo ammettere, se non in forza di un fenomeno d' illu'lione di cui si mantengono villime. Quei riti p<>'l:rno tutti sul fondamento dei dogmi, cioè di quei dati concetti subiti dall'esterno; rimossi i fonda– men1i1 può rimanere in piedi solidamente l'e– dilicio? È ris:1pu10, invece, quanto i moder– nisti hanno voglia di 3frondaic e semplificare i riti callolici, se per\'c11gono :-,<l afferrare il potere nella Chiesa. Sarebbe interessante lo stare a vedere, dove essi si fermerebbero. I ca11olici tradizionali sono logici, accet– tando i 1iti cosi come accellano il ,redo. Per loro i riti hanno, non meno dei dogmi, un \·alore imperati\·o e assoluto; sono immuta– bili e rimarranno tali storicnmente 1 sino alla fine del mondo, che nelle chiese cristiane è un dovere tradizionale di credere discreta– mente vicina. i\la i modernisti .. Finalmente, ci pare che l'equi\'oco moder– nista ri~ulti lampante d 11paragone già accen· nato d,11 Sabatier, e da h11 in ~stanza accet• tato, come una possibile realt.1 1 fra Pio X e Luigi XVI. Ebbene, con Luigi, certo, non ro– \'inò lrt Francia, ma bensì la rnonarchi:i. Se Pio X dovesse subire - morendo, però, tran– quill:,mente sul sue letto - la medesima sorte, non rovinerebbe il mondo, ma il p::ipato. E Jinito il parato, che o~gi si identilica col cJttolicismo, che rimarrebbe mai della Chiesa? Il Sabaticr dice che subirebbe una trnsforma– zione; cioè, dico, il cattolicis1110 si trasmute– rebbe in una nuova e diversa entità religiosa. Perchè tra la Chiesa e l'anarchia materialista c'è pure largo posto per una lerza cosa, cioè per una nuova religione, in cui si trasfor– merebbe il cattolicismo, supernndo se stesso, come avviene fatalmente nella storia. Trasfor· mazione, dunque, o riforma? I modernisti bisogna che scelgano. Salvatore Minocchi. LETTERETRIESTINE 1V. la ,·ita dello spirito. Finalnu:nle ! Penetrare attenti nelle cosucce è come afloncfare in uno spineto: 1nmzecchi:rno. l\la ern dovere di coscienza contro alla consueta retorica teloscopical", e di chiarezza: per 11011 in– lilare il!'i il viottolo d'un'idea balorda e brnnco• lare n salvamento e incespicare e gill. Anche e-osi però, dopo essermi assiepati gli occhi di folli per non sdilinc1uere nti vasti orizzonti, io mi sento sperduto dRvauti alla vita spirituale triestin11. Vi figurate voi un bambinello che abbiR n d·sposizione della s1m smaniosa irrequietezza una sala male illuminRta e riena di ostacoli? Al solito a comprendere In coltnrn presente di una cillà ci si mette 1111 po' pii, in su, nellR collinetta dcli' astrazione; si arrestn con I' onni• potenza del pensiero il movimento ininterrotto dei (enomenl staccant.lo le due o tre cause dai wago11s dletti; s• in(orcano gli occhiali della tesi e si sbigoncia. A Trieste io non so fare altrettanto. Ammet– terei d'esser ignornnte e starei zillo se altri lo avtssf' roiuto fare. Ma io conosco solo siurli suf– ficienti !rn quelln manifestazione dello spirito che è più appariscente allo sgu;:irdo e pili focile allo studio: la letteratura e i leth:rali. Niente però che tratti il complesso. Lo ttnto io? Ma no: io ne do i miei appunti. Chi sa meglio di me lo rncchiudA in esposizione sintetia. Dunque ci sinmo gi~ intesi : vita dello spirito gener11le, non solo letterario e scienlifico. Chi s' Appiccica alle gonnelle della lelleratura non vede e non lod:i altre donne che lei, E poich~ ci !li:1mo 1111 1>0'tutti :ippiccicati in llnliA, nnche se la storia dei nostri comuni o delle citlà :mseaticl1e d convince dtll' importanza della cullurn econo• mi~a, noi 11011 i-appiamo S('ulirla nella storia d'ogni alira cit1à, e la lrnS<"111is11no. O l' espo• niAmo male: rome io ora, di Trieste, pen.;hè non pos~o lrascurarla. Trieste ha una vera trndizione commerciale che logicAmenle dovrebbe aver prodotto nel presente 111m coltura commerciaJe. Lavoro di lunghi se• coli in nttrito con molte avversil/\: ricerchiamone l'acuimenlo intellellivo. Ecco: in tutto si pi:ò scorgere l:1 rivelazione del stn~o prntico. A un dato bisogno un pronto genio inventivo che crea il neceMario mez:zo; il buon naso ficcato a di– '-lin~uere nei più mescofati guaz:ubugli I' utile dal dannoso; la scelta dei lacci anche pili esili in upp;:irenza per impadronirsi dt:11'esito; il contro– hilnnciare in molti guadagni prevedibili il dis;\– stro imprevedibile ; d.tto di cono 11110 sb;:irra– mento cl' una via non : fllosciMsi sul suolo ma rivoltisi cercare una nuova, ~gomhrn, e volerla e farla migliore del\' altra. Espongo, come ognun vede quelle virtl1 che sono nel s:rngue d'ogni ~ero commerci~nle: nel sangue di Trieste, dunque. Bene : se 1111 ingtguo forte di ritlnttore sa trv– si>0rtarle in altri campi, n'esc-e 1:>er esempio salda arte e scienu. Ner"Videl senso prn1ico sono delle energie che nella sola prntica 11011 possono esau- 1 irsi: bello un improvviso sboccio di spiritualità virginale ue\l' orto grasso, !lotto il buon sole t Sogno: guardo nel futuro. E devo guardare nel presente: che nrm s I estrarre dal commercio col– tura commerciale. l'erchè il grnuclc traffico che obbliga l,a mente n concepimenti più "Vastie più generali ~ giovanissimo a Trii:=ste.Anche - 111:l forse <1ue.-.tn è causa conseguente - perchè Trieste è povern cli qm::Iquid astrattivo che i;eueraliua nel pensiero ciò chi!' i sensi nei vnri allimi per– cepisco110. Solo per eccezione indh 1 iduale cerca nel libro la comprensione :11n1>ia del commercio come at- 1ivi11\11ni:111a. Non sa crearsi l' i11seg1rnmen10 della legge; ha un' es1>erienza di tatto. Fabbrira il suo edificio: ma r.,re volte "Visovrnp1>0ne il fregio inutile per coron ulo di bellezz.1. I·~ 11011 comi• gnoli su, verso l'alto, verso l'immutabile: è nu– volaglia! e hwece sotto qualunque tctlo ben con– nesso 11011 piove. Sicchè : nella <1uotazloue dti posti 11110 rhe ahbia solloposta la sua ndolesceuzn :llla ~cuoia com111ercialeval meno citi\' nitro che l'abbia nl tirociuio pratico; molti e in molta at– tività i m11estri muratori e pochi e in poca gli archiu:tti i scar..a frequeut:uione della scuola su• 1>eriore di commercio. Bibloteca Gino Bianco 59 Ora, è vero, c'è un aumento E ora nnche è sorto un museo commerciale. Frn la gioventì1 che si vuol dedicare al traffico s'infiltra il desiderio dell' uni\'ersità Bocconi o delle germaniche. Un mio ex-compagno cli scuola che è commercio-, mane ~pera molto in qu,ste promesse. lo - sia detto però in 1>arentesi d'incompetenza. - anche . E ancht, ma in molto minor grndo, perrhè Tdeste non ne ha lo spirito, nella fornrn:r.ione d'una coltura induslrinle. Su queste due basi SO· lide porremo la nostra collura. La quale orn non è molta e sopratutto incert11. Ce, to che d;,. quando conoS(;o quella del regno più da vicino la nostra non mi pare troppo di• sprezzabile: quasi per lo stesso motivo che non in\•eisco t,rnto contro la 1>0lh:iaustriaca da quando seppi l'i1alian11. Sempre J>erò è come uno stecco piantalo in terreno non suo: foglia, accenna:, fiori111ra,ma se111a"Vitalitàctrta. L'innerva crnue un dis!tidio terr\bile cli forze avverse: lo !ipirito che con fede di neofita s'agita e freme verso il dominio, e la 1URteriali1àdel p:"tssatoche preme soffocandolo. E l'Austria stritolatrice di os~a. Ci ris\•egliammo: aperta la finestra un soffio d'nria p!ù pura che delle stie dei bastimenti e dei ma• g-azzini ci inondò l';rnima. G1111rdammo:d'intorno a noi uno strano lavorio di vita, senza frullo Rp• parenle, 11ccesod'entusiasmo bello anche ai nostri occhi. Che cotesta fatica di pensiero, con il crearne la ,wcf'ssit!\ nelle nnime e la possibili!.\ per mez1.o delle opere, fosse l'addestramento dc:1111 vitn libera? E si comprese che sarebbe staia folli11presuntuosa affidarsi con tranquilla ii?n::tvia all'onnipotenza della prosperilà commerciale quando da per tutto essa aveva bisogno di quel rispetto dciii allri e della co !lcienza.di ~ che solo l'attività spirituale verso qualcht cosa di superiore poteva darle. Do– menico ROS'-t"lli (mi secca nomioarlo sempre, ma insommn è il no1ttrocittadino migliore), i soci ciel e G:1binetto cli l\liuerva, da lui fondato, gli scrit• tori cldla /:'avi/In, e anchf', sicuro! il conte tedesco Stadion, a-overnatore cli Trieste d;:il '41 a.I '47, furono i primi convinti di quesla concezione. Poi "Vi:tvia. ttsa si r;:iflonò nel consenso dei giovani. Perch~ questo ~ bello a Trieste: il i,;angue !li m:. gliora; il fixlio, e nell'opera nazionAle e nell'in– tellettuale, supera il p.,d,e. L' ::turora della gene• ra1.ioneè più infocata del suo tramonto. S'Ascende. Ma vogli.1010d'un salto troppo subito far troppi grndini. Sem~a l'nllenamento dt: :llenltet.ze minori ci trovammo dnv.tnti il cordino alto: "Vog'iamo fare il ~alto perchè gli altri lo possono. Ragaz– zola che si mette il cappellone e gli sti"Valetti coturni rli mamà pe.r esser lunga come mamà, Triestf'. Tro\'Ò pronta l'ultima forma del ~colare lavorio d' llnlia ; vi diede qualche sc;i.m1>0lodi stoffa e se ne ve1ti. Era la s11a scienz11,la sua lette~ ratura che dovevano avvalorare il sentimento della sua ili1lia11i11\. Dis1111ita dal\' ltali:t? l\la per il libro non ci sono confini. E s'andò su di un bel po'. Anche per mezzo delle co11(1::renzeche divulg11- rono tra noi la coltura che sola può nutrirci. Ac– cennai 1111' opera dd socialisti in <1utstoriguarcto: la più bella prova che il nostro stomaco i!: confar• mato it11licamenle, anche se certi Grau,·IJier– lri11ke,· ci1rnciano il contrario. Però le conferenze, "Vincolo 11 d'unione, non possono farci vi"Verenel movimento spirituRle italiano. Anche se s1>esse, 50110 atlimi; insegnano, ma l'insegnamento loro 11011 è 1111 ova energh, di pensiero, lii c.!ii;cussione. Qualche ,·ulta - sarà magari sogno - le confe– renze che li piro11c;ifoo il treno di Venezia ci 1 ,ortano mi 1>aio110 srntolette piene cli farfalle: le idee che il lep:tlouologo chiappò nei bei prnti it11- liaul. Rinchiuse dentro si sw-oucauo e s'illangui– discono. !\fa lasciatt libere a Trieste: e O bc:lle! o belle! ,. E qucs10 senso nflcltuoso di curiosi1h verso il quasi 11 uovo l'abbiamo pure per il lil.lro rtgni– colo, anche se niente di nuovo ci i11i-eg11i. Tdcste di sè non si fida: le edizioni 1ritsli11e le ilauno come un'impressione di rigalleria produciale; anche st i giornali e i clienti - qualche Yolta Ja slera di un sol concetto li racchiude - s11011ano a gloria le campane. Un li!>rostamrato H Trieste è almeno un rifiuto editoriale del regno. Non è ,,ero: la nostra collezione dei classici it<1liani (falla dalla tipografi,, del Lloyd) è migliore di molle altre d'ollre Juc.lri; e una decina di lil.lrì lritstini stampati n Trieste vnlg·ono molto di piil di molti triestini editi in Italia. Ma il prejtiudizio di disi– stima è un fatto riassuntivo. Nou c'è un ambiente colto che imponga la fiducia agli n11nusa1oridi copertine. M,mcano le teste a formnrlo. J partiti s' aggrnppano anche a chi li sballotttrà J)Oi a cn~ saccio .senza visione sicura. ~lorto Felice \'enezian, che ntRlgrado certi suoi errori era veramente una gran test:1 1 ì liberali piansero come la loro morte. 11partito socialista 11011 conosce gli intellettuali: bene! Ma fuor tlell'azione economica brnuckn le cost. La collura 1>0\iticanostra è bnml ,inei.ca. C'è, si c;1pisce 1 l"ambiente scolastico. Ma 1111111c11 l' uni,•ersità per allarg:ulo alla vita. E i profi::Ssori o t'uccidono con 1>iomboscientifico o ti ro,•i1111110

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