La Voce - anno I - n. 5 - 14 gennaio 1909

fra esse nominavano Firenze, sarebbero state intera men te rovinate. È però ben strano vedere oggi persone autorevoli e quasi tutti i giornali indicare come ideatori delle ricostruzioni e uomini bene– meriti del paese coloro che hanno copiato e ristampato le indicazioni date da!P Istituto Sismologico Giapponese per la costruzione delle case nei paesi soggetti ai terremoti. Certo il Governo Italiano è bent:merito, tìn d.il 1883, per aver stampato un Regolamento di lai genere, copiato in gran parte sulle norme dei Giapponesi. Certo ha fatto cosa utile lo scri\lente a ri;tamparlo quasi per in– tero nel 1887 1 il Padre Alfoni nel 1905 ag– giungendovi alcune sue idee teoriche, ed ugual– mente Mario Baratta nel 18 7 e molti altri ancora. !I.fa con ciò francamente, nessuno me– rita una ricompensa nazionale. Quel che meriterà una ricompensa nazio– nale sarà il Governo stesso italiano se, ces– sando il vecchio metodo di stampare stupende relazioni tecniche che rimangono poi nel fatto lettera morta e provvedendo con leggi ener– giche sia µer rendere obbligatori gli oppor– tuni metodi di costruzione o sia per provve– dere contro le dilapidazioni possibili delle somme raccolte per riedificare quell~ in– signi Città, invierà al Giappone alcuni in– gegneri fra i più eminenti d'Italia a studiare sul luogo i metodi usati dai Giapponesi e quindi istituirà in ltali:1, il paese, almeno nella sua parte meridionale, più terremosso di qualunque altro dopo il Giappone, un Isti– tuto Sismologico Tecnico che formi inge– gneri speciali, i quali portino nelle costruzioni quella perfetta conoscenza che nasce da pro– fonde cognizioni pratiche, sorrette da con– cetti teorici, ricordando sempre, con Leonardo da Vinci, che la teoria è il generale e che la pratica sono i soldati. Gustavo Uzielli. La Biblioteca Nazionale di Napoli. I. Comincio ad occuparmi, con questa lettera, d'una questione assai gra\•e e complessa, che abbraccia nella ,•aslità dei suoi termini non solo la vita della Aiblioteca Kazionale, ma l'organizzazione di tutti i pubblici istituti di coltura di cui Napoli dispone. Mi limiterò, per ora, ai fatti che riguardano direllamente la nostra maggiore Biblioteca - i quali sono i più gravi 1 - proponendomi di occuparmi anche degli altri che vi si collegano - i quali sono i pili complessi e delicati, perchè toc– cano tutto un ingranaggio rugginoso d' inte– ressi d'ogni sorta, che bisognerà una buona volta conciliare perchè gli istituti napoletani acquistino la possibilità d'un logico ed utile sviluppo futuro. Non occorre ch'io m'indugi a ricordare o a dimostr;,,.re come nel!' Italia meridionale di– fettino le pubbliche Biblioteche e come quelle esistenti non possano in alcun modo rispon– dere alle necessità degli studi e degli stu– diosi: se questi ultimi debbono rivolgersi alla nostra Biblioteca unh•ersilaria per le opere scientifiche (sopra lutto di scienze mediche e matematiche} non possono non far capo alla Biblioteca Nazionale per quanto riguarda col– ·tura filologica e !-lorica nel più lato senso della parola. Questa Biblioteca, dunque, non è soltanto un istituto napoletano, ma dell'in– tero ~lezzogiorno (esclusa la Sicilia, ma solo fino a un certo punto}; e se ciò accresce enor– memente la sua importanza, rende tanto pili gravi le condizioni nelle quali attualmente si trova. Queste condizioni son tali da richiedere non solo l'attenzione di tutti coloro che sono personalmente interessati all'opportuna funzione di quell'istituto, ma di quanti studiosi hanno veramente a cuore la sorte delle pubbliche istituzioni per la coltura dell 1 Italia tutta, e di quanti uomini d 1 intelletto e di fede vedono in una maggiore attività di vita intellettuale un fattore, non trascurabile, di quel risolle· vamento morale di cui il .Mezzogiorno ha bisogno e pel quale noi non abbiamo perduto tutte le speran1.e. Bisogna insistere, dunque; cd è necessario che ancbe gli uomini di Jet- LA VOCE tere e di scienza, i quali non ,,ivono in Na– poli o nelle nostre province, si interessino di questa faccenda ed' altre simili: perchè oramai bisogna smettere di agire solt:rnto con la di– visa Pro domo sua e convincersi che, se dav– vero ,·uol farsi qualcosa per la coltura italiana e per quanto le occorre, è necessario scaval– care quelle odiose barriere regionali che già costituiscono il maggior danno dell:1 presente vita italiana. Per conto mio, insisterò su questo giornale e in altre sedi fin che non si passi dalle chiacchiere ai fatti, dai progetti sepolti alle soluzioni definitive. E vengo ai fatti. Bisogna innanzi tutto no– tare che il danno presente ha già un passato non breve, durante il quale ha potuto ac• crescersi e maturare : e ben lo conosce chi regge la P. l. 1 se non potette fare a meno di interessarsene e di cominciare a fare qualcosa di concreto. Senonchè questo « qualcosa » si limitò alla solita nomina d'una commissione; alla solita lettura del suo rapporto e alla so– lit.1 promessa d'agire. Il ministro Rava decise, anzi, d1 \ 1 oler curare personalmente la qui– stione e di risolverla con qualche sollecitu– di1,e: ma, sventuratamente, la sua opportuna e lodevole premura è naufragata nel fiume dell'oblio. Noi, quindi, gli ricorderemo i fatti con tutta precisione; e poieh è egli mostrò delle buone intenzioni riguardo a questi pro– blemi spingeremo il nostro debole ottimismo fino a sperare in una non tardiva interru– zione della sua dimenticanza. Sappiano ora i lettori che la Biblioteca (posta col Museo Nazionale nell'aulico Palazzo degli Studi) possedeva nel 1818 o/la11lt1111ila volumi e ne ospita oggi circa 911allroce11/omi!t1, mentre dal 1804 in poi non ebbe altro in– cremento spaziale che l'aggiunta di due sole sale. La sua topografia conta, per ciò, dician– nove vani compresi quelli occupati da scaf– fali - non esclusi gli altri che ospitano la Raccolta Lucchesi-Palli, sezione autonoma con un proprio regolamento ed un proprio catalogo. Data l'enorme disproporzione fra il con– tenente e il contenuto, non sarà difficile pen– sare che, aver portato gli scaffali fino all'altezza massima. averli aumentati nel numero fino ad ingombrare con essi le sale di lettura e ad occupare il centro di molte altre sale (con grave pericolo della statica dell'edificio), non poteva bastare a dar posto a tutti i Yolumi. È stato necessario rimpinzare gli armadi - già troppo alti per non esser pericolosi - situ:mdo libri (ovunque il loro formato lo permetteva) in due e finanche tre fila - quasi che fosser destinati a non esser mai cercati, mai letti, ma solo a nutrirsi di poco onore– vole polvere. È stato necessario trascurare in qualche modo gli ammonimenti delP Ufficio del Genio Civile - che declina oramai ogni sua responsabilità - e sfidare con rassegna– zione il pericolo, aumentando i provvisori scaffali centrali fino a che la prudenza (pur necessaria per quanto assottigliata) poteva con· .sentirlo. È stato necessario, in fine, - e qui comincia il danno maggiore - lasciare che un'enorme massa di libri rimanesse conser– vata alla rinfusa, un po' dovunque, e tinanche sul pavimento del Salone centrale - già contenente sessantamila volumi - senza che fosse possibile ordinarla in un qualsiasi modo, senza che fo.;se possibile non sottrarla all'uso degli studiosi. E a che serve, dunque, tenere dei libri, se nessuno può vederli nè leggerli? Ma non basta: le raccolte dei periodici, gli atti accademici, le serie e collezioni non sono ordinate, nè è possibile, per difetto di spazio, tentare anche un provvisorio ordinamento: giacciono anch'essi alla rinfusa; nè ,·'è luogo ove collocare in utile modo i tremila volumi circa che si acquistano e si immettono ogni anno nella Biblioteca. Da vari anni l'attuale Di• rezione, per iniziativa propria e per consiglio di parecchi studiosi, pur continuando ad assi– curarsi la proprietà delle t:dizioni rare apparse nel com merci o, ha tentato ogni mezzo per sviluppare il contingente della Biblioteca a vantaggio della coltura storica e filosofica, lasciand., ali' Universitaria il compito del pro– prio incremento a vantJggio delle discipline scientifiche. Cosi che oggi la Biblioteca Na– zionale possiede tutto quanto è necessario ad una buoua e moderna coltura tilosofìca, e di– spone di opere importantissime e costose di archeologia e storia del!' arte medioevale e moderna, che la povera Biblioteca del Museo non avrebbe potuto acquistare senza dichia– rare immediatamente bancarotta. Continuare in simili sforzi è oramai inutile: lo spazio assolutamente manca; nè è possibile per acqui– stare in quantità meschinissima pubblicazioni nuove, tentare nuovi spostamenti di volumi ed aggravare la confusione e l'incompiutezza del Catalogo. Dello stato in cui questo si trova per forza maggiore, dirò altra volta: nolo soltanto che un suo supplemento, composto dallo sche– dario dei volumi di immissione recente, è posto a dispo~izione del pubblico ; ma registra solo una parie di quel contingente - di quello, cioè, che ha potuto trov,1re un posticino prov– visorio ovunque era un buco da occuPare. Quanto al resto siamo giunti oramai a questo _!?Unto:che quanti sono qui studiosi, non ignari di quel che si opera nel mondo della coltura moderna e desiderosi di seguire da presso il cammino degli studi, sono costretti ad infor– marsi - non dal Catalogo - dei libri che si acquistano, e rivolgersi direttamente alla pazienza e alla cortesia della Direzione, se vogliono avere il piacere di leggerli e cli slu• diari i· subito. D'altronde l'antica minaccia dell ':1ttuale Direttore, di non acquistare nè accettare in dono un solo volume, diventa oggi una necessità. Non v'è spazio per nulla: a meno che non si voglia continuare a so– vrapporre carta stampata sui pavimenti, cioè ad accrescere quei pericoli che la statica del- 1' edificio minaccia, finchè non si sarà co– stretti a sgombrar tulto il lato orientale del Palazzo degli Studi - la parte superiore, occupata dalla Biblioteca, e l'inferiore, ap– partenente al Museo - per accampar ogni cos.1 1 libri e statue, nella pubblica via! Sarebbe ora una vera ingenuità chiedersi se in questa Biblioteca esista una sala riser– vata, quale oggi si richiede in ogni istituto di tal genere, - cioè una ,·era sala di con– sultazioni, ove chi vi è ospitato possa studiar veramente senza perdere e far perdere tempo; se esista una stanza per la lettura delle riviste e magari dei loro sommari i; e se vi sia infine ~o~ stanza destinata esclusivjmcnte alle ri– cerche di catalogo Nulla di tutto ciò. I let– tori ammessi alle sale riservate prendono posto dov'è possibile concederlo al loro bi– sogno; e - quel eh' è peggio - sono co– stretti a riversarsi nella sala destinala allo studio degli importantissimi manoscrilli che I' istituto possiede e ad esigere una continua ubicazione di volumi da consultare, svantag– giosa per tutti: e quanto al Catalogo non me ne occupo per ora - ripeto - giacchè esso, malgrado gli sforzi del direttore i\lartini per aggiustare e rimediare alla meglio gli in– convenienti e,ravissimi del suo inevitabile stato attuale, rappresenta lo specchio fedele di tultt: le miserie della Biblioteca Nazionale, viste in ciascun dettaglio ed in ciascuna delle loro conseguenze. La conclusione di tutte queste cose è una sola: la Biblioteca di Napoli ha bisogno di maggior spazio; e nessun ampliamento po– trà mai effettuarsi nell 1 attuale Palazto degli Studi, occupato in parte dal ~lusco, anch'esso sofferente per insufficienza di locali che pos• sano almeno permettergli di ospitare le parec– chie migliaia di oggetti non esposti in ma– niera conserMliva e non distmtliva. Parlerò in una prossima lettera delle pos· sibili e delle impossibili soluzioni del pro– blema che si impone, e di quanto fu concre– tato e proposto dalla Commissione nominata nel 1 907 dal ministro Rava e composta dal prof. Martini, direttore della Nazionale, dal comm. Gattini, direttore amministrativo del Museo, e da due studiosi napolet.:mi, Bene– detto Croce e Francesco Torraca. A. de Rinaldis. r,.,:r1 prossim() ,mmero: leJJtrt dtl uos/ro rol– lllborntore G. A~1E:-ZDOLA r tiri prnf. Lu1c1 E1'\.\l.'DI su/In proposla di iurnmerarei beni ,•trltsinstici a ft1t't1re di 1Wessiua e' di Reggio. Ndlo stessonumero: G. A,11;NDOLA. L:1lcggcnd:1fr:1nccscana. G. P.,PINI. La coltura fra i contadini. Pn1ssi11wmmte rm nrlicolo di BtXEDJirro CROCI. Bibloteca Gino Bianco 19 Il signorNottirl s'è messo a « guidare • - cosl egli scrive una rivista di combattimento poli– tico-letterario-sociale ; che ha battezzata La G'io– ·va11eIla/hz. Po\·er' uomo, questo signor Notari. Da tanti anni che S<'ri\·e, non è riuscito ancora nè lette– rato nè scrittore , e meno che meno pensatore. Egli è :;em1>rc rimasto l'.1utore di QtJel/e Si– J!!IOre, di 1'ì1/it, dd ,1/izÌtl/e 11e,.o; e d'.tltre piccole a0li.do11id<:llc qanli noi non ci possiamo occupare. come non ci occupiamo di ciò che scrive la signora Carolina ln\'ernizio, la quale, bisogna pur riconosct:rlo, ha sul :,..; otari il pregio dcli' invenLionc e della fecondità. ;\la ianto la produzione del Signore come quella della Signora sfuggono a qual111H1uc disaminn critica, per la loro inconsistenza letteraria; J>erqut:lla assen~a di elementi\ cramcnte poetici, o intuili\ i. che danno la polpa il s,rnl'ue e il moto dell'anima alle opere:, le quali sc11L;1disdegnare le qualitit cli univer– sali, o popolari, mc:ritano il nome di letterarie, e fanno parte del patrimonio spirituale cli un popolo. Il signor :'\'otari sotto il crespo qu:1si ebraico dei capelli. <: una fronte bernoccoluta di bolognese te:-,1.irdo e nmssiccio - il si~nor :'\'o– tari è la negaziont: dello spirito nella su:i.pote1ua ideale, e nella su:l :lzione di miglioramento. Se si po1csse affermare e giudicare l' inH:llet- 1ualit;\ pura ciel signor Xotnri e definire \,1 sua potenzialit:\ artistic~•. bisognerebbe ricolloscere in lui un 011imo - quale non hanno nwi avuto - dircuore di una o di tuth.: le Fmyi,lk regio– nali, che \·olano nel cielo azzurro delle anime inqualificabili. servili e piccoline. A capo di una t:-1leschiera, la ligura del signor :-;utari grandeg– gerebbe. Sotto il suo impulso ~\'Ol.u.zerebbero, quelle care e innocenti farfalle, di <JUa e di là ; non, certo, come questa Cio1•a11e /'11/ia, 11d:1.l– leviare col frullo ddla loro venditt1 le miserie del terremoto, ma S\'Obuerebbero co11più foga che non ora, fino a posarsi sul seno nuclo delle cameriere che non possono prender sonno e sol– leticarlo coi ricordi del caporal maggiore o del sottotene111e di ca\'allcria - ahi troppo 10111 :1.ni . )la considerata nel suo complesso, I' intellcttua– litit elci ~otari muove da stimoli d'ol"dine così secondario e di e-;si risente in tal modo da non esser più una funzione nati\·a del 1>ensiero, ma un assen·imcnlo del pensiero a un istinto di cu– pidigia. Qu:mdo il signor Notari scri\'e di sè stesso - poichè egli scrive di sè stesso con non meno abbondanLa che cli « quelle signore » - quando scrive che l'opera sun si riallacci:-1all.1 tradizione delle opere boccaccesche, gli si può perdonare l'inesattezza critica, considerando che essa ser\'e cosi bene a dipingere la mentali1à t: 1 'animalit:'I dcli' uomo. Il signor Not:ui, che ora guida la Giu1m1e /lalia, ha letto il Boccaccio con gli occhi mede– simi con cui P hanno lt:tto i frnli o lo leggono :m– cora gli stuclenli senza guslo letterario: cercan– dovi le porcherie. I frati e i preli, naturalmente, essendo i cm;lodi della moralità, condannavano in nome di queste porcherie un prosatore che è il pili divinamente poetico di lutti i no..,tri pro– satori - : il :-,ignor Notari, cht: ha ahri fini, in nome di queste porcherie, ricono~ce in lui suo padre o suo fratello o un suo precursore. J\la I' uno e gli ahri ernno completamente fuori della valutazione estetica e poetica dell'opera di messer Giovanni ; soltanto in g-razia allfl quale a\·rebbero 1>otu10capire che cosa è il Daamtt– ro", e quale fu l'animo del Boccaccio scriven– dolo. Chè il Boccaccio, come il I.a Fontaint:, come I' Ario~to, erano poeti, cioè creatori e ani– matori : e sul nuClo non si buttavano con la cu– pidigia bassa del frate, ma lo accareuarnno con la grazia con cui noi accarezzeremmo un'anima: ed ernno ingenui e non scrivevano 1>erfar qu:i.t– trini, ma per l:l.sciar poesia IIUO\'aal mondo. Valevo la pèn:1 dir queste cose a proposito cli un signor N otari ? Eppure noi dobbiamo mettere al loro posto le persone e le i<lce: e detinir le 1enden1.e, e bollare le sconcezze. E do\·evamo farlo a proposito di una ri\·ista che sorge ora con tanta 1>0rnpae tanto scalpore. E mai come in questo caso la ri\·ista è l'uomo. La stessa grossolanit:\ con l,1 c1uale il signor Notari parla e giudica di Uh!, gli serve a darsi aria di pen– satore, e cli critico intel\cuuah::. Cosi come egli legge il Boccaccio, lcgi:e il gran libro del mondo e le pagine della storia contemporanea. Egli non capisce l'arte, e meno che meno il pensiero. Ci sono, nell'età nostra, movimenti 1>rofondie dif– fusi, che si chiamano con nomi ancora incerti, che mirano a fini non ancor:t definiti : ma che non si possono nè studiare nè capire quando si è grosso– lani e materiali, e quando si manca di di ..intèrc:-,~e e di fede. Il signor No1ari, sollo la :;u:lfronte ber– noccoluta e massicci:l, po1eva sì, come ha fntto, dare ospizio a un' idea che va sollo il nome di anticlericalismo: e far di questa lotta una lotta a suo profino; m::tprendendo questo atteggia• mento egli s'è mesi.o dinanzi alle anime in qudla

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