Vita Nova - anno III - n. 12 - dicembre 1927

, 26 UNIVERSITÀ FASCISTA nazionali l'orientamento verso una atti:v.ità pratica la quale, pur non rinunziando alla cùnquista delle libertà costitùzionali e in· un tempo anche più lon- , tano all'indipendenza, intende realizzare un programma pratico di riforme politiche e sociali. r Ma si dovrà arrivarvi non più per mezzo delle insurrezioni, delle congiure o delle sette ma attraverso ad una propaganda pacifica. Si formerà allora in seno 'alla Giovane Italia un•atmosfera politica che determinerà l'esodo dei dissidenti, -così come dalla carboneria erano usciti i dissidenti per formare la Giovane Italia, allo stesso modo che dalla massoneria erano .usciti i disside~ti per formare la carboneria. E dalla Giovane ltàlia provengo~o in araD parte quei dissidenti che inalberano il programma moderato in opposizione a quello di Mazzini, ed era un programma essenzialmente ~iformista, che · non pretendeva di realizzare tutti gli ideali della · Giovane Italia, che non arrivava neppure a pretendere la costituzione politica, vale a dire ad abbattere il regime assoluto dei principi, ma si contenta di alcune riforme : che vengano limitate o abbattute talune barriere doganali, che .,.engano miglio-· rate le scuole e la procedura giudiziaria, che ven- · gano sviluppate le costruzioni stradali e ferroviarie, che siano meno torpide e meno lente le pubbliche • • • • amm1n1straz1on1. Un programma in apparenza modesto, ma che forse non era tale nella sostanza, perchè tutte queste riforme che sembrano a prima vista sfociare in modificazioni puramente materiali in fondo traevano poi con sè abitudini nuove, bisogni nuovi, éontatti nuovi i quali venivano a minare e modificare quella mentalità che rendeva possibile allora i governi dispotici e che sarebbero apparsi intollerabili quando lo spirito nazionale si fosse evoluto. Si trattava di riforme che erano già state accolte da tempo ih altri paesi e specialmente in Francia e in Inghilterra, ma che per l'Italia retriva e sonnolenta di quei tempi liappresentavano una novità gravida di sviluppi impensati. Ma questi sviluppi non erano ancora intravisti; e il programma appariva sostanzialmente moderato e i legalitari lo avrebbero appoggiato anche perchè in quel tempo si aveva speranza che dai pr.incipi di buona volontà potessero ottenersi le riforme desiderate. D'altra parte i principi avevano tutto l'interesse di avere dei buoni sudditi che fossero contenti di loro e che si mantenessero loro fedeli. Si pensava pertanto che questi principi avrebbero nel loro interesse stesso I concesso le riforme che i moderati avevano formulate·. Il programma ~oderato verso il 1840 venne · oosi diffondendosi in Italia a scapito del programma mazziniano~ che appar.iva sempre più inattuabile sia per quanto riguardava l'unificazione d'Italia, sia per la ripugnanza del popolo ad ogni iniziativa insurrezionale. E questo programma t!ovò il suo massi~o assertore, il suo magnifico banditore, la sua voce più possente e più autorevole in Vincenzo Gioberti .. Vincenzo Gioberti nel 1843 pubblicava a Bruxelles un libro intitolato « Primato morale e civile degli italiani »: in cui col suo stile imaginoso, fantasioso, potente e ripieno di vigore e nerbo filosofico, egli abbracci ..v. a, sviluppava e teorizzava i postulati del programma moderato dimostrando come questi postulati rispondessero al desiderio e alle aspirazioni degli Italiani auspicando quella confederazione dei principi che riproduceva una ~radizione schiettamente italiana, alla quale si potevano ricollegare e l'antica lega Etrusca, e l'antica lega Latina e quelta Lombatda ; mentre era ad essa estraneo .il concetto dell'Italia una. Questa confederazione di principi italiani, base del nuovo assetto politico della nazione avrebbe - potuto e dovuto concedere le r,forme desiderate tanto più facilmente in quanto sarebbe stata determinata a compiere la sua missione, da quel c·at• tolicismo romano che della tradizione italiana costituiva l'elemento più glorioso e che doveva inquadrare, ispirare e potenziare la confederazione stessa. La chiesa era stata infatti fondata da Cristo per realizzare la giustizia nel mondo, ora nessuna cosa più giusta che quella di migliorare le condizioni morali e politiche del popolo. Le· sorti d'Italia venivano in questo modo a coincidere con la missioneateua della Chieia romana. Ora, se un papa di genio. fone ,alito aul trono di S. Pietro e avesse ~ttuato le auspicate riforme politiche e sociali, tutti gli altri principi non avreh• ber.o m~ncato di seguirlo per quella via e allora era possibile realizzare una confederazione presie• duta dal pontefice, ~he avrebbe riscosso il consenso di tutto il mondo e avrebbe necessariamente con• dotto l'Italia a un grado di civiltà e di progre110 per cui avrebbe potuto compiere la sua nuova mi1sione nel mondo. Inoltre, questo rinnovamento del• l'Italia avrebbe portato con sè il rinnovamento stesso della Chiesa. Il Gioberti si rendeva conto che non la Chiesa dei suoi gior.ni, quale essa appariva nella sua vita morale attraverso la condotta dei suoi pre-

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