Vita Nova - anno III - n. 10 - ottobre 1927

BOLOGNA 7 soffrire, dovesse ad ogni ora cercare una solu- , zione, abbandonandosi ad uno dei termini del dissidio che non poteva comporre, o alla materia o allo spirito, al puro egoismo, al puro sogno, alla realtà o all 'utcpia, fino a che il dissidio si attutisse per un meno di vitalità e di fede. E nel1' esasperazione di questo dissidio si capisce perfettamente Dante, la più potente anima che sia vissuta sulla terra e che accoglie, personifica e rappresenta la coscienza italiana in quel mattino del suo risveglio e della sua storia nazionale, con tutta la sua tremenda volontà di vivere e tutto l'ardore della sua fede, col più intenso sentimento de Ila realtà, e colla più alata capacità di sogni. Dante non poteva avvertire l'origine di questa contraddizione in cui dolorava la vita italiana. L'origine non poteva derivare dall'idea che era la sua verità, la verità palpitante nel suo canto di poeta. L'origine doveva essere nel pervertimento di coloro che non sapevano obbedire e di coloro che non sapevano comandare, nella ribellione empia dei sudditi, nel tradimento dei papi e imperatori venuti meno al loro compito santo e nella cattiva volontà umana, nella follia dell'umanità traviata dalla passione che nega l'evidenza della verità e del ·bene, il fon·e dell'invettiva che. Dante lancia contro popoli, contro papi e contro imperatori : ecco la ragione della missione che egli in nome della poesia si assume per salvare l'umanità, a cui è mancato il compito delle potestà poste da Dio per la salvazione umana. Dante insomma risolve la contraddizione fra il valore teorico dell'idea e il carattere utopistico della sua attuazione politica colla poesia della sua missione restauratrice. Poichè le potestà investite da Dio hanno perduto la verità e la potenza che sce~de da Dio, è necessario che un eroe salga di mondo in mondo fino a Dio, riconquisti al mondo la parola della verità, ridoni alle potestà sacre la consapevolezza del loro Ufficio e la forza spirituale per compierlo, instauri insomma l'ordine santo per cui Enea discese agli Inferi e Paolo ascese al Cielo, per cui fu fondato l'impero e Cristo fu fatto Romano. La missione fortunatamente si compiva colla descrizione della esperienza mistica dei mondi per cui egli saliva attratto dalla grazia alla conquista della verità divina. Egli non risolse la contraddizione che travagliava la co~cienza e la vita della nazione italiana, non attinse alla mistica esperienza del so- , prannaturale la forza per attuare l'utopia, e assiiblio ca Gino· I 1anco curare al mondo la pace del sacro romano Impero, ma creò la più grande opera di. poesia che risplenda nel mondo. * * * A prima vista può sembrare che questa contraddizione fra le aspirazioni supreme dello spirito e le esigenze degl'interessi pratici si vada rapidamente componendo nel processo storico del Rinascimento, e che quindi si risolva anche la ~ontraddizione fra le formali esteriorità di uno Stato, che non riesce a portare la sua moralità astratta entro la realtà della vita, e gl'infiniti tentativi di Stati che non riescono a consacrare le loro arganizzazioni politiche nella verità di un'idea morale. Invece nè l'una nè l'altra contraddizione ·viene composta nel Rinascimento : la differenza consiste solo in questo, che la contraddi~ioi:ie è sentita meno .violentemente. Si può aggiungere, anche, che i termini opposti ·assumono nel Rinascimento carattere molto diverso. Sappiamo che nel Rinascimento la trascendente realtà supernaturale del medio evo tende ad abbassarsi sulla terra, a diventare immanente nella natura e anche a dissiparsi nella materialità delle sue ,forme : venendo avanti nel processo storico del Rinascimento la fede perde d'intensità e di omogeneità ; la religion~ si rompe nella varietà della speculazione filosofica, l'attività del pensiero limita il suo compito ali' opera formale della coltura. In un certo senso, si può dire che la coltura è la r..eligione del Rinascimento. Per attingere la sua mèta suprema e compiere il suo intimo voto, il pensiero non ha bisogno di posare nella unica verità universale, prin- I cipio e termine di ogni vita e d'ogni anelito, ha bisogno soltanto di sentire il valore dell'atto con cui esso si crea una sua interpretazione scientifica o una sua immagine estetica della universale verità divina. Ma anche la coltura del Rinascimento, come la concezione religiosa del momento dantesco da_ cui si è sviluppata, si mantiene in un'opera di astratta universalità estranea alla vita ed ali' organizzazione politica dei suoi interessi. La coltura del Rinascimento ha rinunciato al sogno di prescrivere le forme dell'organizzazione politica secondo la nonna di una sua moralità astratta, ma ha però abbandonata la vita a se stessa senza la meta nemmeno di un utopismo dai caratteri essenziali del Rinascimento e proprio per la mancanza di qualsiasi

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