Vita Nova - anno III - n. 9 - settembre 1927

BOLOGNA 7 chiedere (disse· Frate Egidio: Beato è veramente colui che ama e non chiede d'essere amato) : nulla forse vi, è di più bello al di là della vita. Questo compresero forse anche quei dottori dello studio ,di Bologna, che si scelsero la loro sepoltura nella chiesa dei frati Minori, quei g:ureconsulti dai nomi famosi, Accursio, Odofredo, Marsilio da Padova, che faticos~mente per tanti anni avevan cer- . .,,cato il giusto rapporto tra il singolo e la societ;, e, giunti alla fine della loro vita onusti di scienza e di dottrina, sentivano forse come in verità non vi fosse altra via che quella dell'uomo il quale aveva cantando accolto la sua dolce sorella Morte. Ma vi è uno· dei morti che trovaron la lor , pace eterna nella chiesa di San Francesco, che io non posso non rievocare stasera, poichè nessuno come lui incarna questo concetto Francescano e cavalleresco del sacrificio : Fernando Stegnado, Podestà di Bologna, che alla battaglia di San Ruf6110, in cui la libertà del Comune trionfò contro l'oppressione viscontea, decise con la sua morte la vittoria dei bolognesi. Gli eventi spezzarono il suo sepolcro e distrussero la pittura che la bellissima· Francesca da Polenta aveva a rimpianto gentile dell'eroe ucciso fatto eseguire nella chiesa, ma rimane nei vecchi registri 1 del convento di San F r~ncesco una nota di pagamento che il frate sagrista scrisse il giorno in . cui lo scalpelli~o finì di murare la lapide su quel sepolcro: « 1361, nooembris 21 - Habuit magister Regucius pro complemento lapidis que est supra corpus domini , Stegnadi qui fuit Potestas comunis Bononie et f uit interfectus in prelio Sanrafelli pr,o amore omnium Bononensium. » Nulla può valere di più presso il Santo che rinnegò ogni egoismo per offrire tutta la sua anima e il suo corpo ali' amore dei suoi fratelli, del sangue di questo vostro antico Magistrato, il quale volle morire - come scrisse, col cuore stretto dalla commozione, quell'ignoto frate - per amore di tutti i cittadini di Bologna. Adesso noi siamo in grado di comprendere anche meglio il contributo d'entusiasmo e di fede che il Governo e il partito fascista hanno dato a questo centenario francescano. Giova avanti tutto ricordare come il fascismo, sorto dallo sforzo eroico che il popolo italiano compì durante la guerra, ritrova sè stesso nella figura del s~ldato d'Italia. Orbene chi fu più vicino a F ran- • • I e cesco d'Assisi del fante .nostro, votato al sacrificio supremo in Povertà, in Umiltà, in Obbedienza? Chi accolse nel suo cuore con maggior ardore la poesia di cui il francescanesimo trabocca? Apro il diario di un giovinetto• umbro, Enzo V alentini soldato del 51 ° fanteria, volontario di guerra, caduto a d ciotto a·nni nell'ottobre del 1915 sulla cima di Col di L ,ina : « Quassù si respira nelle pause dei cannoneggiamenti un•aria satura di misticismo francescano : ia nessun lur g l come quassù sora acqua è pura, t.t humele et casta : quas~ù sora luna e le stelle, non che clarite, sono fulgide di bagliori adamantini, sJra matre terra quassù, carica di nevi e coperta d'erba e di fiori, si leva verso il cielo in forma di bellezza nelle cui linee divine è il segno certo del Pensiero Eterno : e il) qual luogo, se non quassù sora nostra morte corporale risplende di splendore inistinguibile sul cielo ·dell'Anima? » Così sulle alte montagne dai. ·ghiacciai eterni, nei cupi boschi d'abt te, il cui silenzio è rotto solo dallo scrosciar dei torrenti, il cantico di San Francesco d'Assisi incoronava di misticismo il valore di quei nostri fanti che sotto il grigioverde portavano la camicia rossa garibaldina. ... Un giorno, sulla cima dell'Alpe di Colbricon un soldato del contado di Assisi venne ferito a• morte ; sentendo fuggirsi la vita, quel soldato, che aveva la sua casa nella campagna di Santa Maria degli Angeli, •il luogo ove San Francesco morì· nudo sulla terra nuda, ripensava le sorelle e la mamma vecchia che sarebbe rimasta solà e senza sostegno. Egli volle allora, poco prima che la morte lo prendesse, invi~re l'ultimo saluto alle persone care e di suo ptJgno scrisse che era lieto di dare la sua ,:ita per la saivezza d'Italia. Tali parole del soldato morente che consacravano il sacrificio supremo del corpo per la bellezza immortale di un•idea, parvero meravigliose e alla memoria di lui fu decretata un'alta ri~ompensa al valore. Al momento della sepoltura si trovò però che quel soldato portava con sè, cuciti nell'orlatura della giubba insanguinata, tre fili della tonaca di San Fran-- cesco, la reliquia del sacco antico e logoro:del Santo. Cosi avveniva che anche agli uomini semplici, durante le marce, i bivacchi, le ore di vedetta, parla va lo spirito del Poverello che nel luogo di SaQta Maria degli Angeli si era gettato sulle spine per fuggir la tentazione del demonio che lo consigliava a risparmiare il corpo, E gli uomini sem-

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