Vita Nova - anno III - n. 9 - settembre 1927

GIACINTO RICCI SIGNORINI 591 Qui è espressa l'essenza del suo dolore : I' analisi eccessiva, l'acuto rodimento di sentirsi impotente a risolvere i problemi della vita e g,li enig•mi ciel ,mondo, e di gettare un limpido sguardo nell'avvenire, quando oscuro troppo è il presente, e vile. « Ho sempre desiderato, e sempre in vano, di lenire qualche dolore ». ,Ancora il fosco e tacito dramma della incomprensione : ed egli cede, vittima di questo, e delI 'insopportabile dolore. La gloria, l'amore, che vale~· Intero tu pur morirai : Tramonta il tuo grande ideale : Oh! possa svegliarti giammai! . A questo a-ggiun,gi un male sottile che, oltre a debilitarlo fisicamente, lo rendev,a {è una delle più tristi pro.prietà della tubercolosi) estremamente senlibile nell 'anim,a. Quale tempesta si scatenò nel suo pet_to, I' ultjmo giorno di sua vita, quando, in cospetto della natura che sorgeva al,l'apogeo della sua esu·beranza, dalla bocca gli uscì, ultimo e più . doloroso lamento, un singhiozzo di sangue ? Non fu però un vinto, chè i po.steri lo hanno bene -riconosciuto, e la sua opera è immortale, ma uno sfiduciato : uno di quegli uomini che, non avendo forti battaglie da combattere, nè virili ideali da I sostenere, si sentì inutile e solo : colpa di un periodo della nostra vita nazionale cui si potrebbero applicare i versi di De Musset per la Francia : Il n' est què trop facile, à qui fait regarder, De comprendre pourquoi tout est malade en France ; Le mal des gens d' ésprit, c' est leur indifference, Celui des gens de coeur, leur inutilité. Non diede dunque un-a classica battaglia a l'ignavia e alla cocl-ardia letterarie e politiche del suo tempo, come il suo gran maestro, il Carducci, ma ,più tosto ne subì tutto il disgusto, e ne bevve tuttà l 'amar a nausea. Non ebbe ,fiducia : e nei ~arissimi luoghi in cui la sua anima sem.~a improvvisa illuminarsi ad una lieta visione dell 'arvvenire della Patria, si sente più ] 'entusiasmo poetico che la virile sicurezza del domani. _Eg-liche concepiva il poeta come il cantor · ~Ile g.lorie passate e dei destini della propria patria e lo pensava « espressione artistica di un momento ~orico dello spirito di un popolo », (si legga la s_ua ~ellissima « Difesa della Poesia ») rappresentò dolorosamente la sua parte, in un momento in cui ~are nell'avvenire era troppo al di sopra delle forze dell'uomo, e ogili ottimismo riceveva troppe, Biblioteca Gino anca e troppo frequenti smentite per non dar luogo allo scoraggiamento. Tuttavia si ostina amara-mente a sperare: E ai fati, ai voli de l'umano ingegno, Alla sua forza che ora giace informe, Noi, disperati di più alto segno, Segnam le norme. (Epinikia) ' Spera, per l'avvenire della sua patria, ma nella sua gloria non spera : ,,. P erchè ti sbatti in così gran tremore, Misero cuor, che hai ? · Passa la gloria, o mio povero cuore,· Passa la gloria, e non ti guarda mai. ·Letterariamente oscillò fra un classicismo formale, cui lo portàvano gli studii, senza giunger per altro alle paganissime visioni del Carducci; ed un romanticismo a fondo pessimistico, in molto simil~ a quello del Leopardi, cui lo trascinav,a la tristezza ,della sua vita, l'abbandono e I' i1 solamento ai quali si sentiv~ condannato e un temperamento proclive ai ,lunghi tormenti .interiori ed alle melanconie esasperanti. La morte del fratello gli ispira i dolentissimi can,ti di « Thanatos », dove, in versi belli più per l'empito di fra.terno dolore ed umano, che pe-r cura di forma, es·prime tutte le ,ansie, le disperazioni, il rinascere subito delle spera,nze in fro·nte ad un' a·gonia ; il naufragare di ogni sentimento al pallido cospetto della Morte. E dopo, nel gelo della solitudine, si sen,te scisso in due persone : meccanicamente la prima ivive il comu,n vivere fra gli uomini, ma L' altra non ode nessun lieto invito, Non vede alcuno se gli venga accanto, Quasi sentisse nel suo cuor ferito Passare il fiume de l'umano pianto. Ma la morte della ,madre è il più str.ariante dei molti dolori che sofferse ed io non so se ci sia .nella sua opera un verso che valga lo stile concitato, vorrei dire, dolorosam-ente tacitiano, della lettera di dedica del volume delle « Elegie di Romagna » alla madre morta, lettera che reca la data « la pri,ma notte dell'anno 1893 ». A Lei si rivolge con una tenerezza così acco..- rata, in una comu,nione di amore così vivace, che non sapresti dire, alla fine, se è la madre che riviva nel suo pensiero e nella fantasia, o lui che, già morto, •e fatto spirito puro, comunichi coll'anima di Quella.

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