Vita Nova - anno III - n. 9 - settembre 1927

I • 582 MANLIO BARILLI .alcuna occasione di punzecchiare le sue connazionali! Quando scrisse il Man/redo si sperò che l'animo suo, disperdendo a poco a poco le nubi da cui fino ad allora era stato avvolto, si sarebbe mostrato in una maestà meno fosca. In detto poema, infatti, non è più la cieca fatalità che precipita l'Eroe nella sciagura e nel delitto, ma l'abuso dei preziosi doni della sua intelligenza, il traviamento delle sue passioni e ] 'orgoglio che perdè gli angeli. E Byron, finalmente, riconosce dei doveri assegnati ali 'uomo, dei limiti, alle passioni, che gli è proibito di varcare; ma altre manifestazioni paion contrastare coi suoi nuovi atteggiamenti spirituali : poichè ogni vera felicità gli è stata per sempre preclusa dalla cattiveria del mondo, difficilmente egli ritroverà l'equilibrio sereno ,di vita, di pensiero e d'azione, sommamente necessario al suo animo agitato, al suo attivissimo intelletto. Tuttavia, anche in Italia, egli si fece subito apprezzare non solo per l'elevatezza del suo ingegno magnifico, sì anche per la bontà e la generosità che sempre eran state sue caratteristiche precipue: ajutò, a Venezia, un gondoliere la cui casa era andata distrutta dalle fiamme, dotò riccamente una povera fanciulla innamorata e fece una notevole sovvenzione a una giovinetta di nobile, ma decaduta famiglia, che avea qualche disposizione letteraria. Regalava i suoi libri agli amici e si comprenderà come il dono non fosse indifferente, pensando che ognun de' suoi versi era ·pagato fino a due ghinee ! Diede alle starr1pe / due Foscari, Il Beppo e i ·primi canti del Don Giovanni, che servi da nuovo testo agli implacabili calunniatori della sua vita: e, ancora una volta, le denigrazioni furono infondate. Dice, egli, in una stanza del poema, compian- ·gendo la perdita delle proprie illusioni : « Tutto è finito - i dì dell'amore son passati - i vezzi delle delle donne più non m'attraggono, quelli d'una sposa non m'alletteranno più, meno ancora quei d'una ·vedova! Convien mutar vita! Non più speranze, non più ambizioni ». Servano i versi qui riportati come esempio delle ... jmmoralità contenute nell'opera incriminata! *** Certo Byron in Italia trovò, specie negli ultimi .anni passati vi, qualche conforto, e per l'amore della Guiccioli, e per la generale considerazione, alle sue ferite tuttavia doloranti. Però, ripeto, mai potè il suo spirito allontanarsi, definitivamente, da colei ch'era stata sua sposa, e neppure un istante, dalla figlioletta: egli serba sempre nel cuore, per Ada, una viva paterna tenerezza e si duole perchè sa che il suo nome non è mai pronunciato dinanzi a lei, che la sua immagine, come cosa profana, le è perennemente celata da tendine verdi e ch'essa, fino alla maggiore età, dovrà ignorar d'avere un padre. iblioteca Gino Bianco E qual padre, pensa il lettore delle Memorie, · restando attonito e come incredulo davanti a tanta malvagità d'uomini e di fati! In una lettera al Murray, il poeta trova strano che,. mentre uomini d'America, ossia non troppa amanti. di tutto quel eh 'è inglese, lo onorano e lo venerano, sua suocera, per testamento, disponga che per molti_ anni sua nipote Ada non veda I' immagine paterna! « Se volessi, egli scrive, potrei riprender meco mia figlia, coli 'aiuto dei tribunali, ma preferisco esser io stesso infelice, anzichè render tale Annabella. Intanto debbo accontentarmi di tener nel portafoglio una ciocca dei capelli della mia creatura! ». · Terminate le Memorie, Byron le invia alla moglie, proponendole di esaminarle ·e di rettificare le eventuali inesattezze. Milady risponde, freddamente, con un rifiuto e con una minaccia oscura e il poeta ribatte severo, cita Shakespeare, Dante e chiude: « Tu sai· benissimo eh lè perfettamente vero quanto ho narrato e rifiuti, nondimeno, di sanzionar la verità: ma io t 'assicuro che le Memorie vedranno egualmente la luce!». Inutile dire come tutto ciò contribuisca a sempre più esacerbare il nobile animo di George, così dura- , mente provato dall'avversa fortuna. Gli muore la figlioletta Allegra e allora, speditane la salma in Inghilterra, essendogli divenuta impossibile la vita anche in Italia ove il suo spirito anelante di libertà soffre per i ceppi che avvincono tuttavia saldamente la nostra Patria, decide di partire per la Grecia che sta scuotendo il giogo ottomano. Scrive, prima, una lettera definitiva d'addio alla moglie, per ringraziarla d'avergli inviato una ciocca dei capelli d'Ada e per ricordarle, in tono calmo e misurato le comuni· vicende. « Fui violento talora, dice, ma non mai malvagio, perchè tale non è la mia natura». Termina chiedendo perdono e, a sua volta, perdonando a colei eh 'è madre di sua figlia e che mai più dovrà rivedere. E il 13 luglio 1823, da Livorno, salpa per l' Ellade che lo chiama coi suoi fremiti guèrrieri e colle voci possenti della passata grandezza. *** Bisognoso com'era di tenerezze, di conforto, di quiete, gli toccò invece in sorte, incompreso e calunniato, d'andar solo a ramingar pel mondo . Credè e sperò di trovare, nelle gioie della famiglia, riposo e serenità pel suo spirito, ma s'ebbe offese, delusioni, malvagità senza nome. Amò la sua sposa e costei, fredda e gretta, lo abbandonò irridendo al suo amore e rifiutando di perdonargli qualche piccolo torto, frutto del suo temperamento esuberante d'artista; amò sua figlia ed essa gli fu tolta, ~on solo, ma, ripeto, si giunse perfino a nasconderle 1I nome grande del suo genitore. Confidò, per molto tempo, in una riconciliazione e ogni speranza fu vana. Alfìne, stanco della vita, deluso dagli uon1ini e ..

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