Vita Nova - anno III - n. 9 - settembre 1927

GEORGE BYRON E IL SUO MATRIMONIO INFELICE ' I 577 sata dalla natura che gli aveva dato sì bellezza, energia, forza e genialità, ma che, ·pu~troppo, l'aveva -creato un poco claudicante. Straziato nel cuore atrocemente calp~stato, volle cercare pace e oblio nell'arte: diede alle stampe un primo volume di versi su cui gli uomini e i critici si ·gettarono famelici, distruggendo, beffando, abbattendo implacabili. Una satira contro i cc grandi nomi » riveriti e stimati, degli scrittori allora in auge, non valse che ad accrescergli il numero dei nemici. Sperò, infine, di trovar requie entrando nella vita politica . •e dedicandosi ad un'alta opera sociale a favore del ·suo Paese, ma anche qui fu deluso. Poichè il conte di Carslile s'era rifiutato, bench 'ei ne avesse diritto per titolo ereditario, d'introdurlo alla Camera dei Pari, Byron fu costretto ad entrarvi mediante uno stratagemma. Accoltovi freddamente, vi pose il piede poche volte e in tre sole occasioni prese la parola. Finalmente, nel luglio del 1809, stanco, ingannato, conscio ormai della terribile sorte commessagli dal fato, abbandonò l'Inghilterra, esiliato volontario. S'imbarcò a Falmuth e sbarcò a Lisbona, viag- ·giando, poi, Portogallo, Spagna (durante le guerre napoleoniche), Albania, Grecia e Impero Ottomano. Durante il viaggio, una misteriosa Ines, non meglio identificata, abbellì il suo esilio e gli inspirò un canto di malinconiche ricordanze. Dopo mesi e mesi di continui vagabondaggi pel Mediterraneo, spinto dalla nostalgia per la Patria e richiamatovi ·dai creditori che minacciavano di sequestragli fin la casa della ·sua prima adolescenza, ritornò in Inghilterra ove nuovi giorni tristi gli si apprestavano. Inutile parlare della freddezza verso di lui dimostrata dalla Camera dei Pari: in fondo, egli giunse ad infischiarsene. Quel che lo tormentava era la gelosia rinnovata per Miss Chaworth, già madre d'un bimbo .coli un altro uomo, l'amore insoddisfatto, lo scetticismo sulla vita e sugli uomini, il martirio della sua arte in analisi continua, in continua ricerca, in tentativi insaziabili - quasi sempre fortunati, ma faticosi ~ terribili - d' incessante ascesa. Diede, così, alle stampe, i primi due canti del Giovine Aroldo, ammiratissimi, ove la fiera fisionomia del protagonista,. spesso, s' ilarizza ai suoni volut- - tuosi delle chitarre, uniti ai canti seducenti delle bellissime figlie d' lberia, eh' egli pone assai al di sopra delle donne nordiche. E ancora, successivamente, il Giaurro, la Sposa d'Abido, il Corsaro e Lara. Un'attività intensa, febbrile, tutto lo teneva mirabilmente, in un periodo che fu seguito da dolorosis-- simi giorni, ma che può, non pertanto, considerarsi come uno dei meno infelici della sua vita: dotato di tutti i vantaggi della fortuna e della nascita, ver - sato nelle antichità e nelle scienze moderne, messo, a 24 anni, al posto dei primi poeti della Gran Bre-- tagna, cinto da un incanto sconosciuto che aveva per sorgente i suoi viaggi lontani e il tetro colore della sua poesia, Lord Byron attirava tutti gli sguardi e si Bibliotec Gino Bianco vedeva ricercato da tutte le case. La sua bella _capigliatura nera e ricciuta, i suoi occhi ardenti ed espressivi, le movenze eleganti della sua testa, la prominenza della sua fronte intelligente e tutti, in u~a parola, i lineamenti del suo volto, fatti per mostrare il · sentimento e la passione, avrebbero off~rto allo zurighese Jean Gaspard Lavater, famoso per la sua fisiognomonia o arte di giudicare i caratteri dai tratti del viso, un soggetto b~n degno dei suoi studi. Tuttavia, a chi non intimamente lo conosceva, recava stupore il vederlo partecipare a trattenimenti e feste della società: in realtà, e gli amici più fidi lo comprendevano, egli frequentava il mondo disprez~ zandolo e sentendo che la sua sfera era ben al di sopra della frivola folla in mezzo alla quale si reputava esiliato. Intorno a tal'epoca s'iniziò la relazione - di vero e proprio amore - colla sorellastra Augusta Maria, che durò dal 1813 al '14. E che di vero amore, ripeto, si trattasse, ci fan fede T omaso Moore (l 'Anacreoiite irlandese, grande amico di Byron, cui il poeta affidò le sue Memorie) nella sua ·op·era bibliografica intorno a George, e Lord Lovelace che ci· ha lasciato documenti e lettere di notevole importanza. Augusta Maria Leigh, bellissima e intelligentissima, fu certo quella che più d'ogni altra donna amò Byron con tutto il suo cuore, con tutto il suo spirito, come colei che sola seppe comprenderlo nella sua insofferente e tormentosa esistenza. Scrisse egli, a lei, nel 1816, dopo le sciagurate vicende matrimoniali : « Dal naufragio dei perduti miei beni molto ancor mi rimane; imparai che colei eh' io dilessi meritava in ·effetto d'esser la cosa più cara· al mio cuore. Nel deserto zampilla ancora una fonte: in questa immensa desolazione un albero sorge tuttora e nella solitudine canta ancora un uccello che mi parla di te». *** Aspro e strano era, sovente, il suo carattere roman- . zesco: speravano, i suoi amici, che s'addolcirebbe a poco a poco tra i casti piaceri dell'amore coniugale. Ma quel l'animo ardente e agitato era fatto per la calma della felicità domestica? Sì, poichè ne aveva, ·in fondo, bisogno, e a patto che gli fosse dàto d' imbattersi in una creatura d'eccezione come la sorel- ·lastra. Ma altrimenti aveva disposto il fato per lui. Si recò, un giorno, in casa di Lady ... e vi conobbe colei che avrebbe dovuto divenir sua moglie: Miss Annabella Millbank. Egli stesso narrò, più tardi, che, quello, era stato un giorno fatale:« Salendo le scale di casa ... , inciampai e dissi a Moore che mi seguiva : Cattivo segno· ». Invece di tener co·nto del presagio continuò l'ascesa ··fìnchè, entrando nella sala, scorse una giovane, di costume semplice più delle altre donne, seduta sola su d'un divano. Credette fosse una damina di compagnia e ne chiese a Moore che gli rispose esser colei una ricca ereditiera o, come dicesi in Inghilterra, •

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