GIUSEPPE SAITTA ,/ STORIA DELLA POLITICA XI. / LA POLITICA ROMANA NELL'ETA' IMPERIALE E I GIURISTI L'età imperiale che succede all•età repubblicana segna una svolta decisiva nella storia della poli~ica, perchè in essa il diritto di cittadinanza è esteso a tutti ugualmente. Ora questa universalizzazione del diritto di cittadinanza esprime la patria comune o la pratica ideale che distrugge le patrie particolari. Così alla concezione nazionalistica succede quella cosmopolitica la quale segna appunto una nuova orientazione nella vita politica della romanità. Giacchè la patria comune o universale pur· nella sua astrattezza rappresenta un progresso naturale sul concetto nazionalistico, che è particolarismo. Ma codesta patria comune si potenzia in un ~omune padrone eh~ è rappresentato I dall'imperatore; il quale è adorato come un Dio. Questa adorazione che si tributa all'imperatore, considerata superficialmente, è strana ed assurda, anzi ripugna alla nostra coscienza moderna, ma pure ha una significazione speculati va assai notevole, cioè profondamente umana. Perchè per essa la religione si modifica radicalmente e da trascendente che era diventa immanente. In altri termini, l'adorazione dell'imperatore si traduce nella celebrazione della · dignitào dell'inknità dell'uomo. Senza dire da essa si realizza altreaì ·come unificazione del potere politico e del potere religioso. Il che conduce a Bib iot e ino Biànco quella forma politica che è stata chiamata Cesara;. papismo, che può· sembrare una cosa mostruosa .1 - e tale è difatti - ma nell'epoca in cui sorse ebbe la sua ragione storica. Se anche i più grandi scrittori che sorsero nell'età dell'Impero sentirono il bisogno di glorificare l'Imperatore come l'anima stessa della romanità, bisogna convenire che un tal fatto racchiude una idealità su cui non è lecito sorvolare. . · Seneca diceva che l'imperatore è il legame ideale che tiene unito lo stato e rappresenta l'Io spirito vitale della moltitudine, e ·per ciò è qualcosa di divino. Nè è senza significato che gli stessi scrittori cristiani, di cui parleremo in seguito, guarderanno all'Impero come a cosa ideale anzi come ad una preparazione al Cristianesimo. Dante Alighieri, p. es. amava ravvjsare nell'Impero una grande idealità-che seduce e soggioga non solo l'imagina• zione, ma anche la ragione: l'Impero, insomma, rappresentava l'universalità e come tale era l'incarnazione della pax romana. Di qui deriva la nota esaltazione che Dante nel suo Purgatorio fa dell'Impero, la cui vita malgrado la profonda corruzione che l'attraversava, conteneva germi fecondi, che saranno sviluppati dal Cristianesimo. È risaputo che l'universalismo voluto attuare
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