Vita Nova - anno III - n. 7 - luglio 1927

, GIUSEPPE SAITT A STORIA DELLA-POLITICA XIII. I DALL'EBRAISMOAL CRISTIANESIMO. ., Si è visto che l'Ebraismo, malgrado l'angustia del suo ideale politico che consisteva in un nazionalismo fisso e rigido, professava principii molto elevati come l'amore per i poveri, il dovere dell'elemosina, la proibizione del prestito ad usura ecc. Così nell'Ebraismo si precisa il concetto della _fraternità e della carità che poi nel Cristianesimo troverà uno shocco meraviglioso e uno spiegamento più profondo ed un accento veramente umano. Ma ciò che non può non fermare la nostra attenzione da un punto di vista rigorosamente politico è il fatto che nell'Ebraismo non c'è l'i1 stituto obbrobrioso della schiavitù. Pure malgrado il concetto della fraternità e e della carità, la moralità ebraica presenta grandi ombre che si proiettano sinistramente sulla politica, come per es. il concetto d'un Dio vendicatore. E però la vendetta materiale forma uno dei capisaldi della moralità ebraica, la quale in ciò si dimostra inferiore a quella dell'antichità classica, che almeno s'era approssimata al concetto dell'autonomia spirituale. . Come eteronomica era la morale, così parimenti eteronomica era la ·sua politica, la quale si può definire come una perfetta teocrazia. Se non che, la teocrazia ebraica differisce dalle altre teocrazie che sorsero in Oriente. Dio per gli ebrei è il solo sovrano, ma il loro governo non è propriamente sacerdotale come pre110 le altre nazioni orientali, perchè per essi il Biblioteca Gino ■ 1an o sacerdozio còstituisce una tribù speciale che è quelJ a di 14evi ed ha una funzione essenzialmente spirituale. V ero è che il governo non poteva sottrarsi alla religione, ma i~ divieto fatto ai sacerdoti di partecipare al potere po~iticoconferisce alla teocrazia ebraica una propria spiccata fisonomia. Il governo pare fosse da principio· soltanto patriarcale, poi divenne monarchico, ma in ogni tempo conservò la sua caratteristica teocratica. Giacchè sebbene formalmente i sacerdoti non avessero un vero e propriq potere politico, tuttavia essi sparsi per tutte le tribù ne costituivano il saldo cemento. Del resto il fatto di venire considerati come gl'intermediari fra Dio e l'uomo, anzi come i diretti interpreti della parola di Dio, la quale spesso si rivelava per loro mezzo, non poteva non avere la sua decisiva e immediata influenza non solo sul potere giudiziario, ma anche sul potere legislativo .e perfino sull'elezione dei Re. Difatti specialmente i profeti ebbero presso il popolo ebraico un grande potere religioso e politico. Per es. il profeta Samuele depose Saul quando questi si era reso indegno del potere· di monarca. La voce dei profeti era ascoltata non solo dai Re ; ma anche dal popolo, perchè essi erano gli accusatori autorevoli e spietati di tutte le loro manchevol~zze o morali o politiche, ma essi erano sopra tutto i portatori d'una concezione della vita religiosa più vera e più profonda. Per studiare l'evoluzione sto~ rica dell'anima ebraica bisogna quindi rifarsi dal

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