Vita Nova - anno III - n. 5 - maggio 1927

. I -interloquisce mai per smentire i ·suoi -paladini. « J •) IJI processo del'la produzione e defila di,stri,buz,ione d.ella rie- .-<:hezza ( « ,beni economici ») non è ,disordinato ed anaroh,ico ; esso è ·governato inflessibilmente da forze -0 leggi narural!i, clhe non conviene <:ontrastare e distmbMe, neJJa loro formidabile e perpetua azione, con freni od ostacoli artiifìoia1 li, come :sono i provvedimenti deHa politica protezionista ». ,(Qp. cit. pagine 7-8). Il regno del protezionismo è adunque il regno dell 'Mibitrio·, del .disordine, dell 'anarmia ,economica: rn~n.tre jJ reg,no delle forze e del'le leggi nall:urali è qiuel:lo deH'ordine. {Comprende p•er caso questo regno <lell 'ordine naturale anche .I' influsso ... dei terremoti, delle epidemie, -~elle guerre, delle· tremende crisi ,economiche e via dicendo ? Questi fatti varre1bbero indulbbiamente a tor.bare la concezione id1 iilliaca). Ma continuia,mo: « 2.} Sa1 lvochè [ahimè, qruesto moclesto · salvochè vale proprio un P1erù !] nelle •socie,tà p1imitive, nelle qualii, per l'insufficienza della sicurezza interna ed ·ester.na, la difesa dell 'aggregato poJitico doveva spesso essere anteposta a qualsiasi consid,erazione di solo .uti1le economico - cond,izione questa che ancora oggi si rinnova al1 meno parzialmente ne'l caso -di guerra, obbligando i Go;vemi a sostituirsi .ai privati cittad,ini più o meno completamente nella funzione di approvvigionamento del ·mercato interno, - la coll!correnza libera dei produttori ·serve ad assicu~are il maggior rend1imento deHe attività economidhe in ogn,i pa,ese, in quanto 1l'uomo, sti,molato ,continuamente dai suoi bisogni e da·II',innato desiderio de'l luc'l'o, ed ogni giorno istruito ed emendato dalla prop11ia e dall'altrui esperienza, è il •miglior giudice dii come adoperare le proprie facoltà di iinte1 lligenza e d,i lavoro, da .solo od associandosi con gli -altri, e di come investire i propri capitali, e 1for,mame deii 111ruovi, risparmia,ndo quella parte dei proprii guadagni, che egli può ,sottrarre, in vista di un ,magg.iorgodi1mento futuro suo o delila 1Suafamiglia, al RASSEGNE. consumo ·.immediato ed imprevidente n. (Op. cit. pag. 8). Tutto andrebbe molto 1bene ,se si potessero ten-ere per ritSolte una volta per sempre a!~cune questioncine non troppo semplici, a dire ,a vero. Perchè di graz,ia, ·solo nelle soci-età pr-imitive la difesa dell 'aggregato politico deve esser-e anteposta ali 'utile ,economico ? Ciò non è tanto più necessario nelle società politicamente molto evolute ? E da altra parte come si può considerare il momento di guerra a·stratto, in sè e per sè, senza metterlo in rapporto con -tutti i f attor1 i storici, politici e ·sociiali, dai quali necessa1iiamente lo stato di guerra scaturisce ? È forse la gu,erra un fatto artificiale, una manifestazione d1 i vo,lontarismo arbitrario, con c.ui g,li antecederu:i e i susseguenti, le cond.izioni generali e specia·li, nazionali e intemazional,i, non a1bbiano nessm rapport:o ? A1Uora, come si pùò giustificare I ',interferenza della politica •sulla economia, in tempo di . . . . guerra, se tSI nega, 1n massl'ma, 1n tempo di pace ? Curiosa è poscia la ,conclusione gene,ra'le d,e,l lavoro, che afferma coraggiosamente delle verità, che di certo nessuno s'è mai sognato di negare. « La conclu,sione, alla qual e cr.ediamo dii essere arrivati in qruesta nostra difesa del Liberismo, può e1 s- ' . sere cosi enunciata : « Le soluzioni del problema d,el commercio inte1 mazionale, eccettua.:. ti alcuni poc1 hi casi in cui le ragioni economich,e•·devono cedere a 1 superioir ragioni ,politiche, chiaramente e rigorosa,mente dimostrate, sono quelle che a:·ssicurano il maggior ,benessere generale, conformèmente al.le leggi naturali, che gov,emano il procseso d.e'lla prùdµzione ,e della distribuzione dei beni economici ». « Più particohmnente, l'interesse generale delle ·singole collettività politiche e nazionaili vuole che cia1souna di esse si appl.iohi di pref erenza a quelle forme di attività e di industria, c1 he le riescono più idonee per cond1izioni naturali d1 i cli- . ma e di wdlo e per le attitudini ing-enite od aoqru1 isite dei suoi componenti, proourandosi col ,mezzo più- economico dello scambio queUe Biblioteca Gi o Bianco 329 / meroi e quelJe derrate per la oui produzione diretta essa è rdat,ivamenll:emeno adatta di altri paesi ». (Qp. cit. pagg. 79~80). ,Quella clhe -si pot,rebbe chiamare la divisione del lavoro fra le varie naz•ioni nel campo de1la produziont. agricola, iindustriale e .minerariia · non è affatto discussa da nessuno, poichè è ormai un dato di /atto innegabile. Mentre appunto è in d-i1Scussione il limite al quale un problema economi,co cessa di essere un problema d,i mera econom,ia per diventare un problema anche e magari sopratutto d1 i politica. Questa ' ' . . pero non e una que,st1one teoretica, ma ,bensì una questione affatto pratica, che si deve il'i,solvere in concreto, caso per caso, senza il pregi,ud:izio <;Li concezioni astratte, c:he impediscono, a chi :le ,segue, di tener d'occhio la realtà molteplice e sempre •mutevole. ·Liberi,sti e protezionisti, che difendono 1 la loro teoria, si ,battono per un' ombra. anto più, quando, come fa ,iJGiretti a pagina 36, arrivano a delle affermazioni di questo genere : << Da tale esame 1"iisultaed appare in ,modo irnoppugina1bileche nesSflln paes-e, grande o piccolo che sia, è oramai in grado di 1basta-re.a se ste,sso e di ·organizzare la propria · vita economica in condizioni da non dovere dii.pendere 1 largamente dagl 1 i altri 1paesi p•e1r i principa!li e più indispensabili e1lementi deM1 e proprie ind,ustri.e e della propria alimenta- . z1one ». Perohè mai ,stampare con tanto sussiego delle v,erità cosi peregrine ? Quantunque si poss,a qui intavola-re la questione d~l più o del meno e noltar,e che alcuni paesi fortunati e indrustr.iosi riescono a rid,urre questa ·di•pendenza ai ,minimi ll:emn 1 i,ni. Il c•he, di•sgrazi-atamente, per 1 1' l1tal,ia . non avviene. È molto interessante iii volume di MARCEL MARION (Editeurs Boivin e C.ie - Paris) - Ce qu'il /aut connaztredes crises financières de notre histoire. L'autore, •me,mbro deli'lstituto, insegnante di ·storia dei faittiieconomici e sociali al Collegio di Francia si muov,e con ,snellez~a e ·siourezza fra le vicissitudini fìnanziM1ie dhe •

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