Vita Nova - anno III - n. 5 - maggio 1927

\ . I .118 ~~============!:====~ . . . . quella che chiamavano consorteria, sopra tutto i Lombardi e i Toscani, che influivano moltissimo con l'atteggiamento dei loro. deputati alla Camera. Questa mentalità antitetica produceva delle riper- - cussioni molto grandi in tutto quantp il Regno, allora allora costituito. · Il Governo 'del .Minghetti desiderava effettivamente di trasferire la capitale. Ricorderanno che fin dal 1860 il Guerrazzi, in un suo·discorso mo\to aspro che tenne per combattere la cessione di Nizza e Savoia, aveva detto che il popolo di ~orino non era preparato a questo grande sacrificio e ché,. ad· ogni modo, con la cessione di Nizza, era impossibile che la capitale del nuovo Regno potesse rimanere a Torino, a pochi passi dal nuovo confine. Nel 1862 Ub~ldino -Peruzzi aveva dichiarato che da Torino non era possibile governare l'Italia, estesa fino alla Sicilia. 1 Il Minghetti, d'accordo. col ·ministro degli esteri, Visconti-Venosta e col ministro Peruzzi trovò ottima cosa abbinare lo sgombero dei Francesi ·da Roma, a cui si attribuiva un'importanza straordinaria, col trasferimento della capitale, il quale in questa coincidenza, veniva reso più facile, perchè si poteva dichiarare a. Vittorio Emanuele che si . trasferiva la capitale per ottenere lo sgombero desiderato. Dunque su queste due basi furono impostate le trattative. A· Vittorio Emanuele non fu rivelata la condizione, che poneva l'Imperatore per lo sgombero di Roma, o per lo meno, vi fu accennato molto . generjcamente ; m~ quando le trattative furono giunte a buon punto, fu ,indispensabile parlargliene. \ Il~Minghetti richiamò il Re dalle cacce al-· -pine per l'inevitabile abboccamento, che si svols~ • • assai tragico. . Vittorìo Emanuele Il eòbe uno scoppio d'ira, 1 • ·e per cagione dell'abbinamento del trasporto della capitale con lo sgombero dei Francesi da Roma, finì col cedere, sebbene tentasse invano, per ·mezzo ael Menabrea, inviato da lui a Parigi, , di scongiurar~ il trasferim~nto della capitale da Torino. Vinti tutti gli ostacoli, l'accordo fu firmato il 15 settembre 1864; ed è noto col nome di convenzione qi settembre. . L'accordo fu ·molto semplice : il Governo italiano s'impegnava di non attaccare, nè di permettere fosse da altri attaccato lo Stato pontificio; l'Imperatore dichiarava di ritirare le truppe da Roma. Ma· c'era un protocollo segreto, nel quale • ( - si conveniva che rimperatore non avrebbe· eseguito . lo sgombero, se non sei m~si dopo che fosse dal parlamento italiano votata la legge del trasferimento della capitale in altra città e sanzionata dal Re .. Il •giornale l'Opinione di' Torino . pubblicò la notizia della convenzione ; ma in un modo molto monco : esso si limitò a dire che i fran.cesi avrebbero · sgombrato Roma ; e mise in luce l'importanza nazionale dell'evento ; esso non accennò affatto al trasferimento della capitale. Con tutto ciò non rimase nascosto· l'ahbÌnamento delle due questioni; e vi furono molte maniféstazioni · di gioia nelle nuove province, e specialmente a Milano, per il trasferimento da Torino della capitale, benchè non· fosse ancora · deciso dove sarebbe stata portata, la capitale. Tali notizie esasperarono gli animi 1 dei Piemontesi ·e sopratutto dei Torinesi, che non intendevano di perdere il diritto, che la loro città fosse la capitale del nuovo Regno, se non di fronte a Roma. Così nei giorni · 2 l' e 22 Settembre vi ·furono violentissime dimostrazioni che richiesero ·repressioni sanguinose ! Infatti vi . furono 5 1 morti e 178 feriti ; e si temevano altri gravi fatti. Il Ministero sull•assicurazione dei due ministri militari, quello della guerra e quello della marina, · aveva dato corso alle grandi manovre, cosicchè Torino era sprovvista di Milizia. Di fronte alla speciale situazione non volle esasperare la lotta regionale e il Minghetti pregò il Re di l_icenziarli:· il ministero fu congedato. La proposta era venuta dal Minghetti ; ciò gli torna molto a onore. Il Minghetti nel chiedere al Re il licenziamento del ministero aveva avuto doppia ragione, di non avere l'aria di dimettersi di fronte al movimento popolare, e in pari tempo I di scindere completamente la r esponsabilità di Vittorio Emanuele da quella del . suo ministero, anche perchè effettivamente Vittorio Emanuele· ci entrava assai poco in questa faccenda ; anzi si può dire ~·he era stato quasi ingannato. Il Re dette l'incarico di formare il nuovo ministero ad Alfonso Lamarmora, vecchio piemontese, e molto quotato nell'ambiente parlamentare e· politico. Egli dispregiava la popolarità, e quando credeva di ·dover compiere un dovere non si ri1 • ' traeva d1 fronte a nessun ostacolo ; di modo che era più adatto a fare da ·marti~ica che da propulsore ~elio Stato. Costituì un ministero, in gran parte, piemontese; nominò Giovanni Lanza, ministro degli. interni, e Quintino Sella, ministro delle

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