.I 106 . I - I. • ) . Il i •• , 1 1 V i ffir V 9 ·e ., 11 UNIVERSITÀ FASCISTA s : z ·• r ; :o s zs 71 an • scussio~f ci pregiudicano nell'opinione dell'estero. Il conte di Cavour è certamente un uomo generoso ; la seduta di oggi nella sua prima parte deve essere dimenticata ; è una disgrazia ~he sia succeduta, ma vuole essere cancellata dalla nostra mente. Ecco quello che volevo dire. » Il Cavour rimase in silenzio ~ anche molto calmo in apparenza perchè, come disse una donna che lo conosceva bene, egli aveva un vulcan·o nell'animo sotto u~'apparenza di freddezza, e se avesse risposto per respingere le accuse di Garibaldi avrebbe adoprato ,parole ben aspre. Così la seduta passò : ma il Cialdini colf una lettera a Garibaldi riaprì I la questione. Vittorio Emanuele chiamò Garibaldi e il Cavour alla sua presenza ; essi si dissero parole deferenti l'un l'altro; ma, quando il Cavour gli tese la mano, Garibaldi non gliela strinse, (teneva le mani dietro la schiena) sebbene non gli serbasse rancore : tanto è vero che corsero tra loro lettere cortesi e sopratutto una importantissima di Garibaldi del . 18 maggio. Se togliamo alcuni aclia a reprimere gli scatti dell'animo suo, influirono certo sulle sue condizioni di salute tanto che s'ammalò. Il 31 maggio, sfebbrato, chialllò tutti i ministri in camera sua e l~yorò con essi, dettò al segretario, scrisse ; ma alla sera la. febbre gli era tornata. Nei lucidi intervalli, e durante -il delirio i . parenti sentivano che il suo pensiero vagava sempre attorno ai più grandi problemi italiani : quelli finanzi.ari, quelli di legislazione, quelli territoriali anche remoti, vedeva le lacune da colmarsi ; tutto quello che occorreva lo vedeva, lo sentiva. Del resto convinto cattolico, -per quanto cattolico liberale, volle morire da buon cristiano. S'era già assicurato il frate Giacomo da Poirino che doveva assisterlo e a lui ripet è : Libera chiesa in· libero Stato. Ciò dicendo morì. Il 6 Giugno 1861 si spengeva questa gran luce, quest'energia meravi- · gliosa ; e oggi di lui possiamo dire anche · di più in quanto la sua fama è assodata e non soltanto in Italia, ma anche all'estero, dov'era da molti giudicato assai male. A Parigi troppi lo ritenevano come il Mefi- cenni a persone, la lettera in• sostanza affermava che nei grandi momenti della vita di un popolo, stofele di Napoleone !Il. Abbiamo_ oggi un'opera l'unico Governo adatto ·non .poteva essere se non, di Paolo Matter che non è anc~r finita di publa ·dittatura. Se il Mazzini a Roma nel 1849 non blicare, in cui il Cavour è posto disopra al Biaveva corrisposto in tutto n'era stato causa i~ fatto smarck, perchè il Bismark disponeva di uno Stato che egli non aveva avuto il coraggio d'assumere il potente, il Cavour di un piccolo Stato. La grantitolo di dittatore e aveva piegato dinanzi a me- dezza del Cavour si può misurare appunto· dal schine, individuali suscettività. « Sia Vittorio~ Ema- ·nuele il braccio dell'Italia, e Lei il senno, signor Conte, e fòrmino qu~ll'lntero potente che solo manca oggi alla Penisola » • . Ecco le garanzie che ci faranno gettare •ciecamente nelle braccia della Dittatura » • Questa lettera giunse al Cavour pochi giorni innanzi che ammalasse ! Si è detto e ripetuto che la scena famosa avvenuta co·n Garìbaldi fu la causa determinante della sua malattia. L'enorme lavoro sostenuto nel dirigere il Governo, che dal 1860 non lo lasciava un momento in riposo, perchè tut- , to · poggiava sopra di lui, il guale in fondo era il vero dittatore, e gli sforzi, fatti per a~ore élell'ltaib' ioteca Gino Bia e risultato ottenuto, che parve miracolo, la resurrezione politica di un popolo che s'era abituato a servire lo straniero da tre secoli ; e questo ha ottenuto in mezzo a difficoltà gravissime sia interne che esterne, sfruttando le coincidenze deJla grande politica europea e a ppoggiandosf sulle piccole minoranze fattive .. Ora il Cavour aveva realizzato quello che era l'ideale del Mazzini. Il Mazzini è stato un grande apostolo che ha lavorato 40 anni per arrivare all'unità italiana, non risparmiando i più grandi sacrifici ; ma egli visse sempre nel mondo dell'uto: pia ; tant'è vero che capì la necessità storica della monarchia ; non vide che essa, spinta dalla lo-
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