Vita Nova - anno III - n. 3 - marzo 1927

PROF. GIUSEPPE SAITTA -- STORIA DELLAPOLITICA· \ ~ III. PLATONE Dopo Socratè, la politi.ca greca assume con Platone tutta la sua caratteristica originale che la contraddistingue dalle concezioni politiche di altri popoli. Ma · per intendere la politica di Platone bisogna che ci rifacciamo dalla ·profonda metafisica · e dalla morale di lui, le quali sono intimamente connesse con quella. Non è il caso di entrare nei dettagli della 6losc6a platonica, ma qui non si r- uò non ri~evare ciò che costituisce il punto centrale di essa, vale. ,a dire l'idea come r oggetto indipendente, immutabile, permanente. Con l'idea cc sì concepita ,gli costruisce la sua dialettica, l 1 quale pervade non solo la sua metafisica, ma anche la sua psicologia e la sua morale. Difatti Platone distingue neH 'anima da un lato una parte inferiore che è costituita dalla sensazione e dal desiderio, e dall •altro una parte superiore che è costituita dalla ragione, beachè fr.1 l'una e l'altra ci sia un termine medio, che è ra ppresentato dal coraggio, il principio, come egli stf sso dice, della collera n·obile e_ degli atti generosi. Questo dualismo psicologico corrisponde al suo ' dualismo metafisico tra l'idea e la materia. E vero che egli fece sforzi titanici per ridurre la realtà ad un unico principio, ma l'accento immortale della sua anima è essenzialmente dualistico ; accento che ha la sua risonanza, come è naturale, in tutta la politica di lui. L•unità vera s~ugge anèhe a Platone; come eca Gino Bianco in generale a tutta la filosofia greca, la quale come si sa, a1na va adagiarsi sul principio di proporzione, di armonin, di euritmia che non può darci quell'unità creatrice, originaria, che fa tutto perchè è tutto. Il che si può osservare limpidamente nel concetto stesso che Platone ebbe della virtù ; la quale è il bene. Ma quale bene? Nel suo dialogo il Menone, Platone riprende la questione a cui aveva accenato a Ila fine del suo Protagora : la virtù de-. riva dall'insegnamento dall'eserc.izio o dall'abitudine? La conclusione di questo dialogo è che la virtù consiste nell'opinione vera. · Ma più determinatamente questo problema s' a~1ccia in quell'altro dialogo intitolato: Eutifrone, dove Platone identificé\ la virtù con il concetto di santo. Donde il cele b-e quesito : il santo s• ama dagli lddiì perchè è santo o è santo perchè s'ama? La soluzione di esso è noto: non ciò che è caro agli lddii è santo, nè è santo ciò che è caro agli ' lqdii, ma il santo si ama, perchè è santo. Dal che è facile rilevare che il bene bisogna pensarlo nella sua pe1fett1 immutabilità come l'antecedente necessario dell'a~ente, cioè dal soggetto, sia Dio o uomo. Di ~ui deriva la concezione che _noi medesimi naturalme~te non possiamo accettare che consiste nel porre una mescolanza fra il mobile, il divenire, l'indeterminato da un lato, e il permanente, l'immutabile,l'intelligibile dall'altro. Giacchè che valore può avere la vita del soggetto come processo, divenire, se essa dev'es'sereregolata da

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