Vita Nova - anno III - n. 3 - marzo 1927

. . E 76 ' ,.. M BOLOGNA . ... 93 nel Canadà, in Australia, nel Sud Africa non entrano più. Gli americani vogliono dell'aria, del largo, gli inglesi preferiscono che vi siano in Australia soltanto 8 milioni di abitanti : 8 milioni, diciamo, per un'area grande tre quarti dell'Europa, eppure i Cinesi e i Giapponesi non ce li vogliono. Questo rappresenta un grande qu~sito per l'avvenire. Voi mi direte : a noi altri italiani che cosa importa ~ Noi non siamo come l'Inghilterra, gli Stati Uniti, il Giappone, la Francia, il Belgio che hanno affari sviluppatissimi con la Cina, e poi siamo cosi lontani da lei e come regno d'Italia siamo nati adesso e quindi questa per noi è una relazione che non ha • tanta importanza. Ma mi ricordo, e ricordo a voi, un episodio che non è piacevole rammentare e eh~ appartiene ai tempi nei quali l'Italia era non soltanto piccina ma si faceva più piccina di quello che era. Nel 1899 l'Italia tentò anch'essa di mettersi insieme con i c~ni grossi per acciuffare il suo boccone cinese e fece il tentativo di penetrazione in un punto della costa cinese, nella baia di San-mon. I giornali nostri pubblicarono la notizia che il governo italiano preparava uno sbarco nel punto prescelto che era strategico e dava adito alla penetrazione in provincie molto ricche, aggiungendo che il governo cinese avrebbe lasciato fare. Invece il governo cinese non era persuaso di lasciare i porti aperti e il facile sbarco a questi nuovi venuti ; e I~ cose si trascinarono in lungo per la guerra dei così detti Boxer. Nel 1902 l'Italia ~tornò alla carica con gli altr~ stati europei, fornita di 6 navi da guerra e quindi non le mancava il modo di imporre la propria volontà. Il governatore cinese rispose con ~na lettera mòlto insolente come ..... con lettera uguale rispondeva alla Germania che aveva sbarcato le sue truppe nel Sciantung. La Germania lasciò che il governatore scrivesse quello che voleva e mantenne le sue truppe in quella terra, mentre l'Italia, perchè la Cina non consentiva lo sbarco delle truppe, abbandonò l'impresa e potete pensare con che disdoro uacì da questaavventura I La spedizione.poteva e11ere ~al c~ncepita,mal ideata Bibliot ca Gino • 1anc avrebbe potuto apportare delle brighe e nuove complicazioni guerresche alle quali l'Italia non era preparata, ma fu un esempio tipico delle velleità di un debole che vorrebbe fare grandi cose ma non è in · condizione di farie, che è privo della forza morale per attuarle, che non sa concepire il programma di un'intrapresa coloniale da portarsi a buon fine e si spaventa immediatamente al primo passo fatto e si ritira mentre sarebbe stato meglio piuttusto non • • com1nc1are. Questa .è una delle pagine meno ricordate della nostra ingloriosa passata politica in un momento nel quale tutti in Cina cercavano di prendere e l'Italia non seppe o · non potè far nulla. Ricordo certe carte geografiche di fabbrica tedesca che circolavano allora, dove nella Cina erano segnati i territori occupati dall~ potenze europee: nel Sciantug era scritto: « possesso tedesco »; a San-mon « desiderato dagli italiani ». Possesso e desiderio, forza e impotenza I Ma ·oggi siamo di fronte a una posizione ben diversa, siamo di fronte a grandi quesiti politici i quali sembrano assumere proporzioni più ampie di quelle che siano state al principio del secolo nei riguardi della politica nazionale. Essa diventa sempre più u~a politica mondiale e quelle che sono le competizioni che si annunziano in avvenire rappresentano qualche cosa di più grande ancora delle precedenti. Nella guerra mondiale la . questione si è ristretta nella Europa e intorno ali' Atlantico, nel futuro sarà centro delle· competizioni · il Pacifico di fronte al problema enorme della sistemazione dei popoli orientali, così come tutti i problemi della sistemazione futura dell'Africa che finora per noi non hanno contato quasi nulla, riguardo alle colonie da spartirsi fra le potenze europee che compariranno alla ribalta per dire la loro parola. Siamo di fronte a un quadro politico mondiale dove i problemi si fanno sempre più grandi e nel quale per taluna delle vecchie potenze incomincia forse la parabola discendente, ma le potenze nuove, quelle nate ieri avranno la loro parola da dire. Anche l'Italia che si è fatta adesso entrerà in questo arringo ; oggi in orient~ essa non rappresenta che _j

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