Vita Nova - anno II - n. 9 - settembre 1926

I TRADUTTORI DI VIRGILIO 37 zione, di contribuire anche per questa via a prepararne la cele,brazione, agevolando e propagando I~ intelligenza e conoscenza dell'opera immortaJe. - E le Georgiche posso1110e,ssere intese e gustate come l'Eneide? - E perchè no ?... •Ma su questo la rimando, senz'altro al libro: vegga, se vuole, il discorso, la versione, .le note. Certo CJhe a tradurre, Je Georgiche sono anche più difficili dell'Eneide. Non già che io abbia ~atto fatica, tutt'altro; ma non sempre potei, nè forse potrà nessuno, riuscire fel,icemente. Spero ad ogni modo che molte pagine e il ~utto insieme siano leggibili con piacere, e rendano del testo un'immagine e un'eco che 1non travisi nè sto1 n,i... · - E dei precedenti traduttori che ne pensa ? - È un altro d,iscorso, qui c'è un reo soJo, e son io. Una cosa alla volta. - P'erò Lei si occupò i,n un tempo ormai lontano, della versione dell 'i.mo.lese Ariton,io Nardozzi, lodandola .... - Sicuro: nel « ,Lettere e Arti » di Enrico Pan- .. zacchi. Non rammento l'articolo, ma non mi pento di quelle lodi. Giovine com'ero, e non così addentro neUa poesia virgiliana come, se non altro in forza degl,i anni, dovrei essere ora, scrissi l'articoletto sinceramente, per far· piacere al Carducci, al Panzacchi, al Nardozzi ... e a me. Que:ll 'imolese era cittadino e letterato egregio, buon versegg,iatore, e un cuore nobile e leale, che conta anche più. Il Carducci, lodandolo degnamente, aveva mandato, :piuttosto che un giudizio, un saggio di quelila versione alla « Domenica del fracassa » ; e non si accinse davvero a studiare o a enumerare i traduttori ; ne accennò alcuni. " Scrisse pochi per,iodi, ma di quei so,li~i suoi con l'impronta e l'intuito dell'uomo ·superiore; quello sì, poteva ·e sapeva ,dare esteticamente, giudizi estetici ! Anche in quella paginetta tjuasi tutto è toccato con giustezza. B-enissimo avverte la fama ,immeritata del1 'Arici ; che non superò, aggiungo, quelila del l\tlanara e neppure di quel Leoni che troppi tradusse. E benissimo nota l'inamidato classicismo (il Carducci dice meg.l,io) del meritatamente celebre faentino Dionigi Strocchi, . che non rende la poesia e l'arte virgiliana. · l11 Nardo,zzi, più vario e più ricco, tiene, in somma, dalla maniera dello Strocchi : dietro a compiacenze esteriori e formal,i si distrae dal cercare addentro e dallo stringere da presso i sensi e ,le parole del poeta elegantissimo senza ricercatezza .. Ma son cose - concludeva Giuseppe Albini - di cui bisognerebbe discorrere di proposito, e temo di esserm,i compromesso a doverne discorrere: ma non qui, nè adesso ... III. Antonio- Nardozzi. La vita e l'opera di lui meri-- tano un :più lungo discorso. Perchè il Nardozzi non fu soltanto un letterato egregio, run nobiluomo dall'intelligenza aperta, a tutte ibliotec • le manifest?zioni più alte del pensiero e d~ll 'art:e, _ma un virgiliano per temperamento e consuetudine di vita. Tradusse Virgilio seguendone le massime, provando la gioia intima - sconosciuta a molti dei .moltissimi suoi traduttori - dello studio,so che applica e realizza e pratica i frutti delJo studio ,costante ed appassionato. E da ciò, for•se, ,deriva la sua c_apacità dii penetrazione deillo spirito del grande Mantovano del quale - sia pur fra qualche licenza - ha saputo ritrarre oltre che la folillla anche l'essenza e la significazione deU 'opera. Vivace e studiosissimo, ,ebbe nella sua Romagna ma~stri quali mons. Pellegrino F arini di Russ:i, Dionigi Strocchi (ricordato dal senatore Albini) e I' a1ltro faentino, il letterato Zoli. Questi, in ispecie, gli insp,irò l'amore per la poesia e lo inèitò a scrivere versi, tanto che a diciotto anni pubblicava un vo_lumetto- « T riionfo ,della verità )) - ohe ripubblicato trentacinque anni_ dipoi non disdiceva alla sua fama acquistatasi con la sua arte •matura. Da Ravenna passò a Roma. Studiava legge e, naturalmente, con nessuna vocazione per la professione forense, tanto cihe si ,dedicò alla storia dell'arte ed alla musica .. E dopo ,le arti, le lingue. E per meglio apprenderle, viaggiò per la Francia, la Svizzera, l'Inghilterra. Poi si ritirò nella sua Imola e, _ammogliatosi, fu tutto preso dai classici. ·Mistico per sentimento e liberale politicamente, amava ripetere che in arte come in ·letteratura bisognava cc tornare. ali' antico n : espressione, questa, ,che in terra di Romagna, sacra a tutti g1 li ardimenti, sigrn,ificava sfida. E non si ritraeva davanti ad una discussione politica nella quale trionfava per la profondità del pensiero e .più ancora per la sua argu- . . zia caustica. Nella quiete della sua vil,la trascorreva il tempo fra ,Machiavelili, il Segneri ed il Bartoli; Ogni ta,nto distràevia .però il suo spi11itoper godersi le eleganze ded Gozzi e la no,bi1ltàdella forma del Fo,sco,loo rifugiandosi fra 'Lucrezio, Catullo e O1razio. Ma il suo autore p-refe rito restava ·pur sempre Virg,ilio che riileggeva e meditava, finchè non si decise a tradurre le Georgiche. cc Le inte,se, le sentì, le gustò, le fece sue )), scriveva un suo biografo. Vi si accinse · quasi con trepidazione e dopo dieci anni condusse a ter,mine ·1 'opera sua : meglio, terminò la traduzione, che anche ;dopo non cessava di l,imare, correggere, rifinire. Lo tentò anche Orazio, ma non insistè nel propo .. sito perchè quella esattezza 1sempre misurata e co1 mpassata di concetto e anche da diffi-coltà della metrica - Giosuè Carducci sulla cinquantina, scriveva al genero Giulio Gnaccarini che ila· cominciava a comprendere - gli « rompeva la testa )). T.radusse anche l'Epitalamio di Catullo per le nozze di Pe1leo e Teti; vol,se in italiano brani di prose e poesie inglesi e francesi. Ma ,i:) virgiliano non dimenticava la terra. - E quali delicate cure dedicava al fondo annesso alla sua villa ! Da quasi brullo lo rese fertilissimo e .I' adornò di una belila fontana che zampilla sul colle ; e piantò alberi •

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