Vita Nova - anno II - n. 5 - maggio 1926

• • DOCUMENTI DELLA STORIA DEL FASCISMO 59 le loro passioni e apertamente invocano sulle vicende interne del no- .stro Paese il giudizio altrui, giun- .gendo nel loro forsennato rancore a diffamare tutto il popolo ; ma essi saranno condannati da quanti serbano orgoglio di stirpe e amore di Patria, qualunque sia lo loro fede, e finiranno anche per riscuotere inditf erenza e disprezzo dagli stranieri, perchè una Nazione che rispetti se stessa non può lungamente onorare dei rinnegati. Noi abbiamo pronunziato queste parole con grande amarezza perc.hè in questi stessi anni e in molti Stati la lotta politica assunse i più alti toni di violenza, e non per questo gli uomini dei partiti soccombenti uscirono dai confini per diffamare la propria gente ; ma questo ultimo residuo della nostra passata miseria, di quando non eravamo nè un popolo nè una nazione e per ogni nostra vicenda chiedevamo un in- . . . tervento straniero, c1 contrista, non ci umilia, perchè vi troviamo la misura della strada percorsa e vi riconosciamo la vicinanza della mèta. Sono le ultime ombre prima del mattino, gli ·ultimi ritardatari duxante la marcia, e come uccelli nott1!-fni stridono fuggendo dinanzi al .giorno. Purtroppo molti ignorano ancora che neMa terra di tutti i prodigi un grande Popolo è risorto e, ingannati da antiche superstizioni e da nuove menzogne, non vedono la sua fronte piena di presagi, non sentono i•l suo cuore gonfio di fatti ; ma noi possiamo affermare che, -senza manìe incendiarie nè propositi aggressivi, noi siamo tra le nazioni più armate di volontà e ardenti di giovinezza, e forse siamo i soli che, avendo ancora aperte le piaghe della più aspra guerra, non abbiamo orrore del sacrifìzio perchè ci facemmo del. dolore una religione che ne conduce a soffrire in letizia e a morire in gloria. Taluno irride a nostri pretesi sogni di dominazione e dobbiamo ricordare che solo g.li eterni barbari poterono mettere a ferro e fuoco Biblioteca Gino Bia la terra per tentare la parodia del Sacro Impero dietro un Capo che del Divo Cesare aveva soltanto certa debolezza umana ; ma noi che siamo i legittimi eredi della dignità e del nome di Roma, abbiamo il ~ulto delle nostre memorie. noi sappiamo che la Storia ha dei ricorsi, non delle ripetizioni, e la grandezza, che vogliamo, attinge fuori delle antiche forme ogni sua ragione, a un nuovo spirito della romanità vivificato dal Cristianesimo e incarnato dalla Nazione. Sembrerà strano udire il nome di grandezza pronunziato con tanta fede da una gente che appena ieri raggiunse i suoi termini necessari e ancora oggi lotta per il suo pane ; ma nessuno creda alla megalomania che prende i popoli mediocri che sogliono gridare nel delirio le gesta che non sanno compiere nelila Storia, e sia ben chiaro che noi sappiamo di non avere terra bastante per la nostra semenza e chiédiamo una foce alla nostra piena di sangue e uno spazio al nostro impeto di vita, ma non soffriamo di invidia, non farnetichiamo di usurpazioni e sopratutto abbiamo per antica eredità il senso della misura e l'istinto del diritto. L'unione tra le stirpi latine. Noi siamo una forza ohe non può essere più trascurata e vogliamo procedere in concordia di pensiero e di opere coi popoli più affini al nostro sangue, più prossimi al nostro spirito, che hanno con noi 1 la sacra missione di continuare e rinnovare l'idea civile e la forza umana generate da questo mare che fu. e sarà il grembo del Mondo. Questa necessità dell'unione fra le stirpi latine non ·può essere un vuoto argomento di cortesia nei giorni di cerimonia, - ma un serio oggetto di meditazione in tutte le ore ; deve essere nostra norma costante di pensiero e di volontà per trovarci sempre preparati e pronti a ogni imprevisto della Storia. Non diciamo questo in seguito ai o vani clamori per i nemici troppo presto perdonati e i . vinti trop~ generosamen!e socco~s1 levano ?gg1 contro di noi ; non siamo mossi da nessuna considerazione ;di utillità immediata o di bisogno urgente, perchè la stessa superiorità che ab- . biamo dimostrata restando impassibiili contro tanta incompostezza di atti e di parole dà prova di que!la forza che basta da sola a garantire le nostre frontiere da ogni insidia e da ogni minaccia. Diciamo questo perc!hè siamo convinti che la grande guerra vide un solo vincitore assoluto nel popolo che, avendo distrutta \la flotta tedesca, può vivere ormai tranquillo in mezzo ai suoi mari senza scorgere minacce prossime o remote sul.la sua strada ; ma la nostra vittoria fu relati va perchè subordinata all dovere di una guardia insonne contro un nemico che non ha mai confessato la sua colpa, nè riconosciuta la sua disfatta e, se fu disarmato in mare, cova sempre il suo rancore e mantiene il suo agguato ali e nostre porte. . Nessuno scorga in queste nostre parole un animo propizio a nuove contese. Noi abbiamo troppo combattuto e sofferto per non auspicare a quelli ohe verranno giorni sereni di opere e fecondi di amore, ma noi siamo .anche !le vittime del sogno bugiardo che fu cullato con la nostra giovinezza quando ci fu pro- . ' messa una nuova uman1ta senza odio nè rapina, e appena affacciati alla vita trovammo la guerra. Noi non vogliamo preparare ai nostri figli nuove illusioni e nuovi disinganni e continuiamo nella concezione virile della vita e della storia che traemmo dal nostro sacrifizio, ed essi potranno dire un giorno che Ja nostra disciplina fu dura, . . ma non potranno mai rimproverarci di avere sorpresa la 1 1 oro fede e tradita la loro innocenza. GIUSEPPE SAITT A Direttore responsabile Bologna - Stabilimenti Poligrafici Riuniti •

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