Vita Nova - anno II - n. 5 - maggio 1926

I REVISIONI: PANZINI È curiosò come il Panzini sia tuttora vivo, letterariamente, più del ·D'Annunzio. ·La voce del novellatore romagnolo trova ancora dei toni che nello spirito nostro suscistano risonanze immediate, laddove gran parte ddl 'epopea de'l suo maggior fratello daHa P escara è oggigiorno letterariamente àfona per noi. Ho detto e ripetuto,.« letterariamente » ; chè certo se, come pare essere negli auspici e come è nei voti, l'Italia dovesse oggi riprendere con fermezza eguale a ogni rischio una delle più grandi vie deilla sua storia più grande, D'Annunzio uomo e so·ldato sorgerebbe ancora una volta, con 1l~sua giovinezza inesausta, tra il .baleno detlle prime avanguardie, anima incandescente inspiratrice di mir~bili fatti ; e ,Panzini si limiterebbe a commentare da Roma, con quel suo tono ·ormai inevitabile di amorosa e delusa tristezza. · Ma forse anche perchè l'epopea è cosa che oggi davvero si fa o si vuol fare; ed una ne abbiamo tutti vista e vissuta di recente c•he superava in ampiezza tutte le favole poetiche e storiche tratte dal passato o dalla fantasia, pare ozioso e stonato I' atteggiament9 di chi si fermi ad ascoltare ii canto epico moderno, e se ne compiaccia. O che i poeti più non sappiano cantare :le gesta eroidhe quali si compiono al tempo loro, o piuttosto che gli eroi, quelli da vero, non abbiano pazienza o stile per atteggiarsi a:l peana dei vati, l 'epopea certo vive una grama vita in una grama atmosfera. Nel caso particolare, se nel Pascoli, a esempio, il poeta sopravvive e sopravanza di troppo all'uomo {all'ingrosso, e per intendersi, i Poemi Convivia'li alla << Cavaldina Storna » e aiM' « Aquiione n), nel D'Annunzio l'uomo sembra sopravanzare un gr~n tratto al poeta. E il P'anzini, fin .là ·dove giunge, sta fra le due. . C'interessa appunto vedere fin dove giunge. Ossia in qua:l modo· i,l particolare di quest'uomo sia anche e tuttora i.I particolare nostro, e dove e come 1 1 'universale di rlui sia .... universale. *** Il sorriso che appare bonario e umile, più di quanto non sia; ,la grazia di certi am'letismi e moderate disperazioni, che si consolano poi aUa vista di un cielo stellato o di una stretta caviglia femminj,le; i molti buoni autori dhe s·'indovinano presenti presso i1 l tavolo di lavoro, e una quaile classicheggiante untuosità, con parecchie moine e « fidhi n come diciamo in Toscana, che controbilanciano alcuni fuggitivi scarti del temperamento; un ·fi,los<>lficscoetticismo, talora quasi cinismo, onde si condiscono frequenti inchini a distanza verso Madre Chiesa e suoi dogmi; - tutto questo, e a1 ltro, ha conci,liato al Panzini ·la buonà. pazienza di Dio e Biblioteca ino Bia del medio borghese, del bi1lancio del rosso e del tricolore, riuscendo persino a carpire in non so quale occasione una ripassata tra i•lburbero e iii complimentoso da parte di Giovanni Papini. Forse tutto il meglio che è a dirsi di questo scrittore · l'ha già detto, con chiarezza, con serenità, ma pure con intenzione e animo di amico, Renato Serra nelle « Lettere )>. Riandate al libro e trovate la pagina. Là è ,fissato un P. buono, e alcuni suoi limiti in ciò che è buono. Se pure con qualche parzia,lità, e certo con l'affetto del romagnolo ohe pania di un altro romagnolo. I·l che non toglie valore al giudizio, ma gli dà un calore che noi constatiamo senza del tutto parteciparlo. C'è stata una massoneria romagnola nelle lettere italiane recenti, che il Boine denunciava a gran voce. E aveva una qualche ragione ; da1lvecchio ceppo d~lla Dotta, scendendo per li rami giù dal 1 Carducci e da un gruppetto di suoi contemporanei e più o men giovani amici, si è formata e permane, per dirla con cautela, una « atmosfera » letteraria romagno'la, la quale ha tenuto un posto, e forse talora troppo presto, nella. repubblica parnassiana. Furono Severino F errari, Pascoli, Serra, Panzini ; sono altri diversissimi per epoca e tipo e valore, ma che dal:la comune « couche >) romagnola hanno pur tratto qua·lche punto in comune: Oriani, Beltramelli, ·Marino Moretti, è voglio citarne anche uno men noto ma degnissimo di essere egualmente noto, Paolo Monel,li, che ha stile anima e temperamento di buon petroniano e di romagnolo. Costoro si irradiano vicendevolmente, e ohi dà men luce e ohi piil: chi ne dà meno, si capisce, trae maggiore rifllesso da chi ne dà più. Ma già i romagnoli, d,ailtempo forse che l'Italia era divisa in Romagna e Lombardia, sono stati sempre i romagnoli, e Bologna per una lunghissima serie di notai d' avvocati e di ,letterati si è costituita e mantenuta una sua tradizione di italianità, di cui già il Carducci osservò clhe dovevano far di cappello anche le genti di qua d'Appennino. ,Noi cominciamo a far di ca•ppelio ad A·lfredo Panzini per ciò che di quel 1 la tradizione rimane degnamente vivo in !lui. *** C',è intanto da riconoscergli questa valorosa onesta fecondità nel raccontare, ne•ll'inventare, nel raccontare ancora .... Oramai son coHane di romanzi e novelle, reste ,lunghe dove ogni maglia porta i1 l suo frutto • appeso, ag,li, cippoJle, qualche fico secco e molte susine c:laudie succose. Bisogna guardarsi dal prediligere i ,li.bri autolbiogra·fici, le note in taccuino, i Reisebilder : « La :lanterna di Diogene », il « Viaggio di un povero 1 letterato », « Il diavolo nella ·libreria » e simili. L' e~ .

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